Titolo dell’opera: Storia di Meleagro
Autore: Baldassarre Peruzzi
Datazione: 1511-12
Collocazione: Roma, Villa Farnesina, Sala del Fregio
Committenza: Agostino Chigi
Tipologia: dipinto murale
Tecnica: affresco
Soggetto principale: la caccia al cinghiale calidonio
Soggetto secondario:
Personaggi: Meleagro, Atalanta, cinghiale calidonio, compagni di caccia
Attributi: arco e frecce (Atalanta)
Contesto: paesaggio boschivo
Precedenti:
Derivazioni:
Immagini:
Bibliografia: Saxl F., The Villa Farnesina, in Lectures, Londres 1957, I, p. 193; D’Ancona P., The Farnesina Frescoes at Rome”, ed. del Milione, 1959, p. 92; Mercalli M.- Pagliai D., Baldassarre Peruzzi, sala del fregio, in I luoghi di Raffaello a Roma, catalogo mostra, Roma, gennaio-marzo 1984, Multigrafica Editrice, Roma 1983, pp. 32-38; Gerlini Elsa, La Villa de la farnésine à Rome, Nouvelle série, itinéraires des muséès, galeries et monuments d’Italie, n. 2, istituto poligrafico e zecca dello stato, Roma 1990, p. 55; Cappelletti F., L’uso delle Metamorfosi di Ovidio nella decorazione ad affresco della prima metà del Cinquecento. Il caso della Farnesina, in Die Rezeption del Metamorphosen des Ovid a cura di W. Horn, 1995, pp. 126-128; Frommel C. L., La Farnesina a Roma, vol I, comitato nazionale per la celebrazione del IV centenario della fondazione dell’Accademia Nazionale dei Lincei, Mirabilia Italiae, XII Franco Cosimo Panini, Modena 2003, pp. 70-79, 175-177; Cieri Via C., L’arte delle metamorfosi. Decorazioni mitologiche nel Cinquecento, Lithos, Roma 2003, pp. 298-301.
Annotazioni redazionali: La scena fa parte del fregio che si trova nella piccola sala al pianterreno della Villa Farnesina a Roma. La datazione dell’opera non è del tutto certa in quanto alcuni l’hanno posta nel 1511, successivamente quindi al soffitto della Sala della Galatea, mentre altri l’anticipano al 1509-10, ritenendo che sia la prima impresa pittorica del Peruzzi nella villa di Agostino Chigi. Questo troverebbe riscontro nel carattere stilistico della composizione, ancora prettamente quattrocentesco, come si manifesta nella bidimensionalità e nel susseguirsi delle diverse scene. Ciò rivela probabilmente un momento iniziale dell’attività romana del Peruzzi, non ancora influenzata dal classicismo di Raffaello. Tutto il ciclo è stato studiato sul piano iconografico da F. Saxl (1957), che ha individuato una successione di temi di amore e di morte, e più recentemente dal Coffin, che propone una lettura in chiave di contrasto tra ragione e passione. Il fregio è alto 30 cm ca. e fa parte di una trabeazione tripartita tra un architrave ed un cornicione e ricorda l’origine del fregio nei templi antichi. La Storia di Meleagro è quella centrale della parete occidentale. La narrazione prende in esame aspetti positivi e negativi del percorso della natura umana, partendo dalla passiva soggezione ai voleri divini, Europa e Danae, per giungere, attraverso l’impossibilità da parte dell’uomo di entrare in contatto con la vera essenza del divino, Semele ed Atteone, fino alla dolorosa conquista della sua individualità, Marsia, Meleagro ed Orfeo. In tutto ciò Ercole, il personaggio principale del fregio, rappresentato nella parete settentrionale, rappresenta l’uomo che è riuscito a superare anche la morte. Secondo l’interpretazione di Saxl la narrazione pittorica ha inizio con l’episodio del Ratto di Europa e quindi accentua lo sviluppo della realizzazione della volontà umana. Secondo Frommel ha inizio dalle fatiche di Ercole, poste sopra la porta della camera di Agostino Chigi. In tal modo ogni ospite erudito poteva veder riconosciuta un’allusione all’esemplare virtù del padrone di casa. Dopo di ciò lo svolgimento seguiva la proposta precedente. Nella realizzazione della parete di Ercole tutti sono concordi nell’affermare che questa è stata eseguita per ultima. Questa contraddizione si potrebbe risolvere se Peruzzi avesse stabilito il programma completa prima dell’esecuzione ed avesse deciso di lasciare la parete di Ercole come ultima. L’episodio di Meleagro raggiunge il culmine drammatico con la caccia al cinghiale. In essa l’eroe libera gli umani dalle minacce della natura, analogamente ad Ercole, il quale cattura Cerbero. Questo episodio è seguito da altri relativi alle vicende dell’eroe (Cfr.schede opera 21, 22 e 23). In questa scena Peruzzi indirizza le energie da sinistra verso destra, in direzione del cinghiale. Intorno alla fiera si accaniscono coraggiosamente Meleagro, gli zii ed un altro cacciatore Anceo, con gli sguardi attenti e la muscolatura dei loro corpi vibrante. Il momento raffigurato è quello dell’attimo precedente lo scoccare della freccia da parte di Atalanta, che appare sul lato sinistro della scena, molto aggraziata nell’abito raffinato e mosso dallo slancio del corpo. Il suo sguardo è rivolto verso la fiera e le braccia sono agilmente tese nello sforzo. Fulcro dell’attenzione di tutti i personaggi è l’animale irsuto e scuro, con la bocca digrignata e tutto il corpo teso contro Meleagro che sta puntando la lancia contro il suo muso. Completano la scena alcuni cani, che cercano di assalire la fiera, e fra questi uno giace a terra morto. Un altro di essi, posto in primo piano, accentua con il chiarore del suo corpo, il colore cupo dell’animale. Tutta la scena, come del resto il fregio nella sua totalità, è ambientata nel bosco. Nella decorazione del soffitto della sala di Alessandro e Rossane, al primo piano, è raffigurata una scena analoga della Caccia al cinghiale calidonio, realizzata dalla bottega di Peruzzi intorno al 1519, insieme ad altre scene mitologiche. In essa vengono messe in risalto le due figure di Meleagro ed Atalanta, che da soli affrontano la fiera pericolosa, mentre gli altri, in particolare uno zio, fugge lontano. L’azione quindi ha un andamento rivolto verso il centro da parte dei due eroi, mentre ha un andamento di fuga verso l’esterno da parte degli altri.
Giulia Masone