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BOCCACCIO, Genealogia deorum gentilium

Testo tratto da: Boccaccio,  Tutte le opere, vol. VII, a cura di  Branca V., Mondadori, Milano 1998, pp. 923-925

Meleagro fu figlio di Eneo, re di Calidonia e di Altea. Dice Ovidio che, alla sua nascita, Altea, già liberata dal travaglio del parto, vide le tre Parche che filavano attorno al fuoco e dopo aver dato alle fiamme un tizzone, dicevano: “O tu, ora nato, la tua vita durerà quanto questo tizzone”. Altea quando ebbe udito ciò, e le Parche si allontanarono, alzandosi, sottrasse il tizzone al fuoco ed ebbe cura di non farlo bruciare. Questo Meleagro fu un giovane molto famoso al suo tempo. Come attesta lo stesso Ovidio, accadde che il padre Eneo, avendo fatto un ottimo raccolto, ne fece sacrificio a tutti gli dei, tralasciando solo Diana: o per sdegno, o per dimenticanza. La dea allora, turbata con lui, mandò in calidonia un cinghiale feroce, che tutto distruggeva. Per ucciderlo vennero alla chiamata di Meleagro, tutti i giovani famisi dalle città vicine; e anche venne chiamata, la vergine Atalanta figlia di Ceneo e, secondo altri, del re Iasio, bellissima giovane, esperta di caccia. Meleagro subito se ne innemorò. Cominciata poi la caccia, mentre tutti irrompevano contro il cinghiale, Atalanta prima di tutti gli altri lo colpi col givellotto. Dopo che il cinghiale fu preso ed ucciso, Meleagro, capo della caccia, o spinto da amore, o perhé ciò era richiesto dagli usi, mandò ad Atalanta, che per prima lo aveva ferito, la testa del cinghiale. Lattanzio aggiunge anche che le mandò la pelle, ritenuta il principale onere per i cacciatori. Ciò mal sopportano Plexippo e Toxeo, o, come dice Lattanzio, Agenore, fratelli di Altea; e tolsero ad Atalanta o tentarono  di togliere la testa del cinghiale offertale. Meleagro, infuriato per questo torto, irruppe su di loro e li uccise. Poi, mentre i Calidoni facevano gran festa per l’uccisione del cinghiale e, portavano doni ai templi, e fra essi incedeva Altea, lieta sia per la morte del mostro nemico, che per la gloria del figlio; quando ella seppe dell’uccisione dei fratelli, subito ne fu turbata; e precipitandosi più alla vendetta che al pianto, prese il fatale tizzone e lo gettò nel fuoco. Quando esso fu consumato, anche Meleagro, consumatosi, morì. Omero nell’Ilias nel discorso col quale Fenice tenta di persuadere Achielle a prendere le armi contro i Troiani, fa una lunga digrassione su Meleagro, figlio di Eneo, e dice che, essendo stato Meleagro aspramente maledetto dalla madre Altea per l’uccisione degli zii, ne ebbe sdegno; e quando vennero i nemici al vallo della città della Calidonia, rifiutò di prendere le armi. Anzi si dilettava, chiusa nel talamo con Cleopatra [figlia della Evenide Marpessa e di Ida: Marpesa che (il padre e la madre) solevano chiamare Alcione, perché come un alcione la pianse sua madre (nonna di Cleopatra) quando Apollo la rapì]. Se Meleagro fosse stato già ucciso, non sarebbe potuto avvenire (dopo l’esecrazione della madre) l’icontro con Cleopatra. Tuttavia tra quelli che lo ritengono morto per l’uccisione degli zii, alcuni credono che fu ucciso, non per essersi consumato il tizzone, ma per congiura della madre. Barlaam, ad esempio, dice che fu ucciso da lei con un bastone, mentre dormiva. Paolo invece ritiene che sia morto accidentalmente dopo aver gloriosamente ucciso il cinghiale; e di qui prese avvio la favola del tizzone fatale che Paolo dice di credere sia l’umidità delle radici che, quando venne meno, manca anche la vita. Di qualunque morte tuttavia e in qualunque modo sia stato tolto di mezzo, paolo sembra credere che Meleagro si unì con Atalanta e da lei ebbe un figlio Partenopeo. Meleagro infatti visse, e la famosa caccia si svolse –come attesta Eusebio nel Chronicon nell’anno del mondo 4100, mentre regnavano in Micene Atreo e Tieste.