Titolo dell'opera: Caduta di Icaro
Autore:
Datazione: Quarto Stile
Collocazione: Londra, British Museum (provenienza sconosciuta)
Committenza:
Tipologia: dipinto murale
Tecnica: affresco
Soggetto principale: Caduta di Icaro
Soggetto secondario:
Personaggi: Dedalo, Icaro, due actae
Attributi: ali (Dedalo e Icaro)
Contesto: all’aperto, marino
Precedenti:
Derivazioni:
Immagini:
Bibliografia: Dawson C., Romano-Campanian mythological landscape painting, Roma 1956, pp. 109, 119-122, 181, 187; De Franciscis A., ad vocem “Dedalo” in Enciclopedia dell’arte antica, classica e orientale, Roma 1960, vol. III, pp. 16-17; Von Blanckenhagen P.H., Daedalus and Icarus on pompeian walls, in Bullettino dell’Istituto Archeologico Germanico sezione romana (Mitteilungen des deutschen archaeologischen instituts Roemische abteilung), Heidelberg 1968, vol. 75, pp. 106-143; Nyenhuis J.E., ad vocem “Daidalos et Ikaros” in Lexicon Iconographicum Mythologiae Classicae (LIMC), Artemis, Zurigo-Monaco 1986, vol. III, tomo I, p. 319.
Annotazioni redazionali: Di questo pannello, attualmente al British Museum di Londra, non si conosce la provenienza originale. In primo piano sulla destra su una scogliera frastagliata ci sono due figure femminili, una seduta l’altra reclinata. Ai piedi della scogliera una capraia punta in alto alla caduta di Icaro, che è anche osservato da uno dei due pescatori nella barca. Icaro sta cadendo in modo rigido e testa in giù da un’altezza sopra suo padre, che ancora non ha notato la caduta del figlio. Sulla sinistra si vede un elaborato tempio ombreggiato da un albero. Il tempio, che sta su un podio rialzato, ha un tetto progettato in facciata e due mura basse fiancheggiano l’entrata, in ognuna è posizionata una sfinge o una figura di animale; c’è una finestra, festoni e oggetti a forma di scudo decorano la cornice. La città distante è vista quasi con una prospettiva a volo d’uccello, sorge su un’isola o un promontorio; presenta la forma di una città romana cinta da mura con un anfiteatro, che potrebbe connotare il labirinto. L’esecuzione è alquanto trascurata, particolarmente nel caso dell’impossibile riflesso del tempio nell’acqua e anche l’utilizzo del chiaroscuro risulta essere sommario (diverso dal modo in cui viene usato nel pannello descritto dalla scheda opera 09), il punto di vista della scena è molto alto. Tutta la scena è occupata da mare, il cielo è sparito. La composizione di questa scena rappresenta una tipica peculiarità romana. Prima delle opere pompeiane non esistono rappresentazioni della caduta e morte di Icaro. Fino a questo momento il mito è poco rappresentato e quando lo è si trovano solo le raffigurazioni di Dedalo che costruisce le ali. Il mito di Dedalo e Icaro è rappresentato a Pompei in ben 10 pannelli diversi, è uno dei miti più rappresentati nella città campana. Dawson sostiene che le composizioni di Icaro a Pompei sono opere di artisti romano-campani, forse ispirati da Ovidio. Il mito di Dedalo e Icaro era comunque favorito in Campania per la leggendaria connessione tra Dedalo e il culto di Apollo a Cuma, luogo dove approda alla fine del volo e, come dice Virgilio, fondò il tempio di Apollo. La rappresentazione di Icaro a Pompei è presentata in due modi: una mostra Icaro che giace morto (Cfr. scheda opera 07 e scheda opera 08), l’altra mentre cade (Cfr. scheda opera 08, scheda opera 09, scheda opera 10). Figure accessorie e addizioni sceniche vengono aggiunte o tolte in entrambi i gruppi. In tutti i pannelli sono presenti spettatori, elementi architettonici sono aggiunti come ad esempio templi (forse originariamente come accenno alla tomba di Icaro). Si possono quindi individuare due gruppi, uno con Icaro morto e uno con Icaro mentre cade; la presenza di una città sullo sfondo che simboleggia Knossos, la città da cui i due fuggono, è un’aggiunta del secondo gruppo come lo è la presenza del carro del Sole, causa della caduta del giovane. È interessante notare come nella Casa del Sacerdote Amandus (Cfr. scheda opera 08) ci sia la presenza sia della caduta di Icaro che del corpo del giovane in primo piano. È chiaro che nel primo gruppo gli elementi di Helios e della barca dei pescatori che osservano la caduta non hanno senso a livello compositivo. Si riscontra una maggiore semplicità compositiva nel primo gruppo rispetto al secondo. Il pannello della Villa Imperiale (Cfr. scheda opera 07) è il più grande e il più semplice, mentre quello del British Meseum (Cfr. scheda opera 10) è il più piccolo e complesso. Nel primo gruppo sono chiare le relazioni tra i personaggi e gli elementi naturali (rocce, spiagge, mare e cielo); l’affresco della scheda 7 rappresenta un tutto realistico e misurabile a livello ottico, una consistente prospettiva unifica tutti gli elementi. I pannelli facenti parte al secondo gruppo sono caratterizzati da una prospettiva inconsistente, le relazioni tra oggetti e figure sono incongruenti e la linea dell’orizzonte è alta. Von Blanckenhagen legge in questi due modi di rappresentare paesaggi, due scuole o tradizioni diverse negli artisti pompeiani, una Greco-ellenistica e una romana. Intravede nell’affresco analizzato nella scheda 7 (Villa Imperiale) la copia più diretta ad un originale ellenistico, tesi confermata anche dalla presenza di altri pannelli nella stanza dedicati alla leggenda cretese e riconducibili sicuramente a pannelli greci. L’orizzonte poco sopra la metà del pannello stabilisce il livello dell’occhio dello spettatore, la figura di Dedalo è disegnata con eccezionale abilità. Nonostante Dedalo sia alla fine della ricerca e nel successivo momento scoprirà il corpo del figlio, non c’è nessun accento drammatico. Si può supporre che il tipo rappresentato nel I gruppo sia più antico del tipo rappresentato nel II. Tutti i pannelli hanno figure femminili (actae). Nell’affresco della Casa del Sacerdote Amandus (Cfr. scheda opera 08) troviamo tutti e due i momenti del mito, il ritrovamento del corpo di Icaro e la caduta. All’osservatore appare in un primo momento la caduta e ad uno sguardo più attento trova il corpo di Icaro. È presente una narrazione continua del mito, dove il tema caratterizzante del I gruppo è ancora presente ma è diventato coda. Non esistono rappresentazioni greche della caduta; una volta inventata ebbe molto richiamo nel gusto romano, per il suo immediato impatto drammatico. Il pittore romano che diede vita a questa composizione originale prese sicuramente qualcosa dal predecessore ellenistico: la figura di Dedalo, che non muta mai se non nel caso dell’affresco della Casa del fabbro (Cfr. scheda opera 09). Questo Dedalo ha una postura e il vestito diversi. Nei dipinti di origine ellenistica è rappresentato mentre cerca il ragazzo che poi troverà in seguito. Il modo in cui appare ha senso. Il significato della pittura ellenistica pone il contrasto tra la calma e la tensione, la differenza tra l’attività e l’ancora ignorante Dedalo e la conoscenza e il lamento quieto delle Actae, nella rappresentazione del momento pregnante che di per se sembra insignificante. In questa composizione Dedalo deve arrivare, volando e guardando giù. Questa rappresentazione non è appropriata con la caduta di Icaro; non andrebbe rappresentato e forse è per questo motivo che l’autore del pannello nella Casa del fabbro (Cfr. scheda opera 09) cerca di modificarne la postura (non con successo).
Daphne Piras