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1522

NICCOLÒ DEGLI AGOSTINI, Tutti li libri de Ovidio Metamorphoseos tradutti dal litteral al verso vulgar con le sue allegorie in prosa,Per Nicolò Zoppino e Vincentio di Pollo, Venetia, 1522, Libro VIII

DEL TRIBUTO DE LI ATHENIESI

[…]

Molto gra[n]de i[n] ql te[m]po era venuto

il minothauro dispietato, e fiero

che da pasiphe nodrito, e cresciuto

e dato al mondo fu perdir il vero

onde Minos come signior saputo

per coprir quella infamia hebbe p[r]efero

Di farlo occider, o di porrlo dove

mai piu di lui sene sentisser nove

 

E per un chera Dedalo chiamato

hom dalto i[n]giegnio, e molto valoroso

mando Minos, e gli hebbe coma[n]dato

che qualche loco horredo, e fastidioso

pel minothauro havessi hedificato

il qual fe il laberintho tenebroso

che fu si strano, e si malvagio, e torto

che quasi el uscir ne risto morto

 

ALLEGORIA DEL MINOTHAURO

[…] Dedalo il quale fu homo industrioso e ottimo mastro di lavorar legniame fece a rischiesta della detta Pasiphe una vacca di legnio copta di una pelle. nella quale la dona entro e per sfocare la sua libidine con uno thauro che molto li piaceva. cioe co el detto notaio e la vacca che poeticamente parla lo autore fue una casa fatta p ditto Dedalo nella quale entrata Pasiphe giacq; con detto thero.[…]

 

COME

ARIADNA SE INAMORO DI THESEO

[…]

Theseo che ne la carcer scura, e nera

si vedea per al mostro esser poi dato

a le sorelle con ardita ciera

rispose non mostrandosi turbato

che sol per contentarle contento era

pur che de vita non resti privato

onde le dame liete si parriro

et la dovera Dedalo ne giro

[…]

 

DELLA MORTE DEL MINOTAURO

[…]

E perche fu da Dedalo informato

che non dovesse uscir di giorno fora

come fu dognintorno el ciel scurato

Del laberintho usci senza dimora

e dove eran le dame ne fu andato

che ciascuna per lui si lagnia, e plora

temendo molto che non fusse morto

Dal minotauro il bon guerrier accorto

[…]

 

DI DEDALO

Qu[n]ado Mi[n]os il re saggio, e prude[n]te

dil ma[n]car pe le figlie shebbe accorto

e ch Theseo il giovine prudente

haveva il minothauro a forza morto

e fuor del labyrinto arditamente

usciro, e con lor giunto a sicur porto

imaginassi che senza lo agiuto

m Dedal questo far no haria potuto

 

Onde lo fece subito pigliare

insieme con suo figlio Icaro detto

facendoli ambi dopo imprigionare

nel labyrinto senza alcun rispetto

disposto di lassarli sempre stare

a portar del peccato lor concetto

la penitentia come vuol ragione

non sapendo trovar peggior prigione

 

Dedalo adunque cosi carcerato

nel laberynto afflitto dimorava

col saggio suo fiol Icaro a lato

che di lui piu che di se si lagniava

e mentre chera in quel cosi serrato

a ciascun hom che a visitarlo andava

soleva far de ricchi, e bei presenti

e da lui tutti si parrian contenti

 

Poi pregava ogniun dessi con bel dire

che con lo re minos veder volesse

che di quel strano loco fora uscire

per sua benignitade li facesse

vedendo al fin non poter ottenire

quel che facil credea che si potesse

col suo signior, per piu sicur modo

delibero de uscirne ad ogni modo

 

Et si fece arreccar penne di uccelli

da piu persone de diverse forti

e grandi, e piccolini, e brutti, e belli

dandoli a inte[n]der con sembia[n]ti accorti

che horribel cose volea far a quelli

de gentili hedifitii alteri, e forti

e come nhebbe assai, senza indugiare

al figlio, e a lui fece ali da volare

 

Poi disse Icaro mio diletto & caro

questa e la via de uscir di questo scuro

labyrinto terribile, & amaro

dove gia molto malcontenti furo

e cosi detto senza alcun divaro

li attacco lali, e con parlar sicuro

li mostro come adoprarle dovia

mentre per laria volando anderia

 

Indi soggiunse anchor quando serai

meco ne laria su lali levaro

ne troppo alto, ne basso te nandrai

ma come faro io farammi a lato

perche la via di mezzo se nol sai

e sempre piu sicura in ogni stato

ch le troppo alte, e troppo basse a[n]chora

ne le qual mal si fan lunga dimora

 

Dedalo have[n]do istrutto il figlio a pie[n]o

subitame[n]te in aria si levoe

e cosi Icaro fece piu ne meno

e tanto ciascun dessi in alto andoe

che volando ne uscir fuor del terreno

del re minos, e sopra il mar possoe

ogniun di lor per piu sicura via

la dove lui non havea signioria

 

DE ICARO, E DI PERDICE

Mentre col figlio Dedalo nadava

vola[n]do sopra il mar co[m]e v’ho detto

Icaro alq[ua]nto da lui si scostava

e vuolse troppo alzarsi il poveretto

tanto chel sol alquanto lo pressava

il qual arse le penne al giovinetto

in modo che nel mar precipitoe

et morto in ello ne la fin ristoe

 

Dedal come il figliol vide affocare

al suo cor hebbe dolor infinito

et si calo senza punto tardare

sopra la rena con volo expedito

dove poi stete tanto ad aspettare

che gettor lo[n]de, il corpo sopra il lito

come e costume antico, & lor natura

et gli diede in la sabbia sepoltura

 

Icar dopo i quel mar fu nominato

che prese il nome del detto figluolo

di Dedal, perche in lui si fu afocato

et poi sepulto appresso il marin suolo,

quando Perdice chin uccel cangiato

da Pallas fu, ver lui si mosse a volo

mostra[n]do haverne gaudio oltra misura

di la vennuta a Dedalo sciagura

 

Di Dedalo nipote fu costui

alqual le sue virtuti glinsegniava

si che di dodeci anni quanto lui

quasi sapeva, ond’el se natristava

che per cagione de li ingegni sui

in ogni cosa inver quello aguagliava

et fu si pronto, & si svegliato, e desto

che ritrovo la siega, e dopo il sesto

 

E p[er] invidia essendo un giorno ad alto

ambi saliti sopra duna torre

Dedalo il pinse & far li fece un salto

per volerli dal corpo lalma sciorre

ma prima che toccassi il duro smalto

Pallas chogni innoce[n]te al fin soccorre

mossa a pieta del suo stato infelice

mentre el cadeva lo cangio in pervice

 

Cotesto uccello e di cotal natura

che sempre appresso terra suol volare

et giusto il suo poter fuge ogni altura

e per isterpi suol lova sua fare

che si ramenta de la sua sciagura

e sempre ha tema di non traboccare

e Dedal per coprir il suo peccato

lo pianse, e molto si mostro turbato

 

Per questo dice Ovidio che sto uccello

di lo affanno di Dedal si allegroe

come di suo nemico iniquo, & fello

et che sopra la testa li voloe

et si com’era sempre mesto quello

dive[n]ne lieto, e festeggiando andoe

chogni giusta vendetta in ogni loco

a chi oltraggiato vie non giova poco

 

DE LA MORTE DE MINOS

Dicono alcuni che Dedalo erra[n]do

ando per laria & in Sicilia venne

e al re Cocalo detto suspirando

come fa lhom che gran passion soste[n]ne

narro com’era lui di Crete in bando

et come per virtu di quelle penne

era fuggito fuor del labyrinto

e del figliuolo suo rimaso extinto

 

Poi le virtu c’haveva aduna aduna

dinanzi il suo cospetto narrar vuolse

onde mosso a pieta di tal fortuna

quel saggio re di lui molto si dolse

e senza investicar piu cosa alcuna

un gra[n]de, & magnio exercito racolse

et ando in crete, & co[n] sua propria ma[n]o

Minos uccise da guerrier soprano

 

Ma Ovidio dice che poi c’hebbe pia[n]to

e sotterrato il figlio Dedalo detto

come ve dissi gia del mar a canto

in Athene volo quel sir perfetto

dove poi fu dal popul tutto quanto

e da Theseo con singular effetto

con molto gaudio visto, e recevuto

et honorato come era dovuto

 

Li Atheniesi havean gia terminato

per lardir di Theseo, per sua fortezza

no dar al re Minos quel c’havean dato

il gran tributo di tanta gravezza

c’havendo morto quel signior p[re]giato

il minotauro con la sua prodezza

li parean del tributo esser asciolti

e di tanta miseria al tutto

sciolti

 

ALLEGORIA DI DEDALO ET ICARO

Vero fu che Dedalo & Icaro furono p[re]si dallo re Minos & furono i[m]prigionati in lo labyrinto el quale seco[n]do le historie era tutto disopra cop[er]to & haveva assai finestre. Le quali re[n]deva[n]o lu[c]e & era hedificato sopra lo lito del mare, & li pare[n]ti loro che sape[n]do co[m]e costoro era[n]o i[n]geniosi li veniano con le navi a parlar fin sotto detto laberynto. Onde una notte trovandosi il comodo se gettaro di una finestra sopra uno legno con il qual sene fuggiro in Athene, & perche tutte le navi ha[n]no le loro vele che sonno a similitudine de ali. Percio Ovidio fabuleggiando dice che con le finte ali se ne fuggirno & con quelle volaro sopra il mare. Con il qual legnio mentre navicavano Icaro stava sopra la poppa & adormentossi & cosi dormendo cade in mare. Et dove dice Ovidio chel padre li comando che non andasse ne troppo alto ne troppo basso lo disse sol per dimostrar a noi che ogni extremo e pericoloso ma sempre si de tenere la via di mezzo si come fecero li beati. Onde Icaro adormenta[n]dosi su la extre[m]ita della nave cade in mare dove co[n] suo gra[n]de da[n]no & dolor del padre ne mori.

 

ALLEGORIA DI PERDICE

La allegoria di Perdice mutato in uccello e che questo Perdice fu uno homo di grande ingiegnio & fu discipolo di Dedalo il quale mori si come narra il testo. Ma moralmente dovemo per Dedalo intender lo ingiegnio che e cosi nomato in greco vulgare, & per Perdice lhomo dotato di esso ingiegnio, il qual p[er] qualche vitio particulare il p[ren]de o di gola o di ebriezza & p[ren]de[n]dolo cade nel peccato partendosi da Dio & si cangia in uccello, cioe de homo in animale. Il qual uccello riten il nome dil convertito in lui, & cosi come mentre era humano havea la voce expedita mutandosi di effigie lha rauca & fioca come ha[n]no tutte le perdici, i quali uccelli sempre sono pe[n]sosi & vola[n]o piu propinqui alla terra che tutti li altri.