38: Cefalo e Procri

Titolo dell’opera: Aurora e Cefalo

Autore: Agostino o Annibale Carracci

Datazione: 1597-1600

Collocazione: Roma, Palazzo Farnese, Galleria

Committenza: Cardinale Odoardo Farnese (1573-1626)

Tipologia: dipinto parietale

Tecnica: affresco

Soggetto principale: rapimento di Cefalo da parte di Aurora

Soggetto secondario: Titone dorme

Personaggi: Cefalo, Aurora, Titone

Attributi: carro, Titone (Aurora); cane (Cefalo)

Contesto:

Precedenti: Agostino Carracci, Aurora rapisce Cefalo, cartone preparatorio, Londra, National Gallery (Cfr. scheda opera 37)

Derivazioni:

Immagini: http://www.photo.rmn.fr/LowRes2/TR1/YB2NR9/07-509816.jpg

Bibliografia: Lavin I., Cephalus and Procris, transformation of an Ovidian myth, in “Journal of the Warburg Institute”, 17, 1954, pp. 260-286; Martin J. R., The Farnese Gallery, Princeton University Press, Princeton 1965, pp. 103-105; Malafarina G., L’opera completa di Annibale Carracci, Rizzoli, Milano 1976, pp. 111-118; Dempsey, C. Annibale Carrache au Palais Farnèse, in Le Palais Farnèse, Ecole francaise de Rome, Roma 1981; Briganti G., Chastel A., Zapperi R., Gli amori degli dei. Nuove indagini sulla Galleria Farnese, Edizioni Dell'Elefante, Roma 1987; Dempsey C., Annibale Carracci: Farnese Gallery, Rome,  G. Braziller, New York 1995; Dempsey C., I Carracci a Palazzo Farnese: la "descriptio" belloriana della Galleria Farnese, in L'idea del bello: viaggio per Roma nel Seicento con Giovan Pietro Bellori, a cura di Borea E., De Luca, Roma 2000, pp. 229-257; Ginzburg Carignani S., Annibale Carracci a Roma. Gli affreschi di Palazzo Farnese,Donzelli, Roma 2000; Ginzburg Carignani S., Sulla datazione e sul significato degli affreschi della Galleria Farnese, in Studi di Storia dell'Arte in onore di Denis Mahon, a cura di Bernardini M.G., Danesi Squarzina S., Strinati C., Electa, Milano 2000, pagg. 95-108; Strinati C., Annibale Carracci, in “Art dossier”, 168, 2001; Loisel C., Annibale Carracci au Palazzo Farnese, in Les cieux en gloire: paradis en trompe-l'oeil pour la Rome baroque, a cura di Olivesi J.M., Ajaccio 2002, pp. 121-133; Pierguidi S., Roma-Palazzo Farnese, in L’arte delle Metamorfosi, Decorazioni mitologiche del Cinquecento, a cura di Cieri Via C., Lithos, Roma 2003, pp. 279-282; Coignard J., La galerie des Carrache au palais Farnèse, in “Connaissance des arts”, 622, 2004, pp. 118-123; Colonna S., La Galleria dei Carracci in Palazzo Farnese a Roma: Eros, Anteros, Età dell'Oro, Gangemi, Roma 2007

Annotazioni redazionali: Nel 1596 Annibale Carracci giunse a Roma su invito del cardinale Odoardo Farnese, che lo chiamò a decorare alcuni ambienti del nobile palazzo di famiglia, il Camerino (1505-1597) e soprattutto la Galleria, ambiente lungo e stretto coperto da volta a botte, misurante 20,1 x 6,6 x 9,8 m, destinato ad accogliere le preziosissime collezioni d’arte della famiglia Farnese. La critica è concorde sul fatto che la commissione fu ordinata in vista delle nozze tra Ranuccio Farnese e Margherita Aldobrandini, nipote del papa Clemente VIII, celebrate il 7 maggio 1600. La datazione degli affreschi è piuttosto complessa: per quanto riguarda la volta, eseguita dal solo Annibale con l’aiuto del fratello Agostino, dovrebbe oscillare tra il 1597 e il 1601 (Ginzburg, 2000); per quanto riguarda invece gli affreschi delle pareti, in cui Annibale si avvalse dell’aiuto di vari collaboratori, tra cui Domenichino, Lanfranco, Sisto Badalocchio e il nipote Antonio Carracci, questi furono eseguiti tra il 1603 e il 1605. Lo schema della decorazione è piuttosto complesso: attraverso la pittura Annibale simula le architetture e i rilievi, le erme marmoree e i medaglioni bronzei che determinano la struttura all’interno della quale si inseriscono i quadri riportati della volta e delle pareti. Al centro della volta domina il Trionfo di Bacco e Arianna; ai lati gli episodi di Pan e Diana e Mercurio e Paride, introdotti rispettivamente da dei riquadri più piccoli con Ganimede e l'aquila e Apollo e Giacinto. Nel fregio alla base della volta troviamo delle scene illustranti i miti di Polifemo, Aci e Galatea, cui sono dedicati i due riquadri sui lati corti che si fronteggiano, Aurora e Cefalo, Glauco e Scilla. I pannelli minori mostrano celebri coppie di amanti della mitologia classica (Ercole e Iole, Venere e Anchise, Diana e Endimione e Giove e Giunone). I finti medaglioni bronzei, dislocati nello spazio scandito dai telamoni nel fregio, coperti in parte dai quadri riportati, in parte dalla presenza di puttini che si appoggiano mollemente sui loro contorni curvi, illustrano diversi episodi tratti dalle Metamorfosi di Ovidio: Apollo e Marsia, Borea e Orizia, Orfeo e Euridice, Europa e il toro, Scena di Ratto, Giasone e il vello d’Oro, Ero e Leandro, Pan e Siringa, Salmace e Ermafrodito, Cupido e Pan, giudizio di Paride, Pan e Apollo. Negli angoli della volta quattro coppie di Cupidi in lotta. Sulle pareti brevi troviamo gli episodi di Perseo e Andromeda e il Combattimento di Perseo e Fineo, attribuibili ad Annibale. Sulle pareti lunghe, invece, troviamo altri episodi mitologici tratti dalle Metamorfosi (Dedalo e Icaro, Diana e Callisto, Callisto mutata in orsa, Mercurio e Apollo, Arione e il delfino, Minerva e Prometeo, Ercole e l’Idra, Ercole e Prometeo), i quattro ovali con le Virtù Cardinali e l’emblema farnesiano della vergine con l’unicorno, tutte opera degli allievi. Circa il significato degli affreschi della volta, il cui tema di fondo è quello dell’Amore vissuto in tutte le sue forme, e per cui non è mai stato ritrovato un programma iconografico, la critica è ancora molto divisa tra chi ritiene si trattasse di una scelta estetica, quasi un gioco intorno al principio dell’Omnia vincit Amor (Dempsey, 1981; Briganti, 1987; Robertson, 1990; Colonna, 2007), e chi ritiene invece che si trattasse di una rappresentazione allegorica del rapporto tra Amore Celeste e Amore Terrestre (Carignani Ginzburg, 2000). Le tematiche degli affreschi delle pareti registrano un cambio di rotta sia da un punto di vista stilistico, che per quanto concerne il significato, volto a moraleggiare la licenziosità delle tematiche della volta. I contemporanei, tra cui Giovan Pietro Bellori che nelle Vite de' pittori, scultori et architetti moderni (1672) fornì una descrizione ed interpretazione critica degli affreschi, ammirarono l’invenzione e l'armoniosa fusione tra scultura, pittura ed architettura della Galleria, che per varietà compositiva, ricchezza decorativa e illusionismo spaziale anticipa i caratteri della grande decorazione barocca.

Il riquadro in questione viene però spesso attribuito ad Agostino Carracci, che risulta a Roma ad aiutare il fratello tra la fine del 1597 e il luglio del 1600. IrvinLavin (1954) sostiene che l’iconografia del pannello derivi dal melodramma di Gabriello Chiabrera Il rapimento di Cefalo messo in scena a Firenze nell’ottobre del 1600 in onore del matrimonio tra Maria de Medici e Enrico IV di Navarra (Ceffr09). Effettivamente esistono delle analogie tra la fonte e l’immagine: in entrambi i casi, infatti, appare per la prima volta Titone, il vecchio sposo di Aurora; nel resoconto del melodramma del Buonarrotti, viene descritta l’apparizione di Titone sulla scena come “forse dormente quando la bella consorte sua li si tolse per nuovo amore”, e proprio dormiente lo dipinge Agostino Carracci. Lavin nota poi come Chiabrera non citi mai il carro di Aurora e come Buonarroti descriva piuttosto quello di Apollo scintillante d’oro; Lavin suppone allora come fonte per entrambe le opere l’affresco di Baldassarre Peruzzi alla Farnesina (Cfr. scheda opera 23), dal quale il letterato avrebbe ripreso le fattezze del carro e grazie al quale Annibale Carracci l’avrebbe riconsegnato ad Aurora. Il dubbio che però sorge rispetto alla diretta derivazione riguarda la cronologia delle due opere: la messa in scena del dramma risale all’ottobre del 1600, laddove i lavori della Galleria finirono nel luglio dello stesso anno. Agostino quindi non avrebbe potuto aver assistito alla messa in scena né tanto meno avrebbe potuto avere il testo tra le mani. Lavin però ricorda il fatto che Carracci aveva avuto già in precedenza rapporti con Bernardo Buontalenti, il responsabile dell’allestimento scenico della rappresentazione, che dunque avrebbe potuto metterlo al corrente dei contenuti del dramma.

Roberta Talone

Chiara Mataloni