35: Cefalo e Procri

Titolo dell’opera: Morte di Procri

Autore: Paolo Caliari, detto il Veronese (1528-1588)

Datazione: ante 1584

Collocazione: Strasburgo, Musée des Beaux Arts

Committenza:

Tipologia: dipinto

Tecnica: olio su tela (162 x185 cm)

Soggetto principale: Cefalo chinato su Procri morente

Soggetto secondario:

Personaggi: Cefalo, Procri

Attributi: lancia, cane (Cefalo); lancia (Procri)

Contesto: bosco

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini:

Bibliografia: Berenson B., Italian paintings of the Renaissance, Venetian school, Londra 1957, vol. I, p. 140; Pignatti T., Veronese, Venezia 1976, vol. II, p. 149; Pedrocco F., Piovene G., Veronese, I Classici dell’arte, Rizzoli/Skira 2004; Mason S., Cieli degli dei e amori umani: Paolo Veronese e la pittura mitologica, in Veronese: miti, ritratti, allegorie, a cura di Romanelli G., Skira, Milano 2005

Annotazioni redazionali: Si tratta della seconda tela dedicata dal Veronese al mito di Cefalo e Procri. La critica tende ad identificare l’opera con uno dei due dipinti citati nel 1584 da Raffaello Borghini nelle collezioni di Rodolfo II: “ultimamente ha dipinto due quadri bellissimi, l’uno di Procri, l’altro di Adone addormentato in grembo a Venere, di figure grandi quanto il naturale”. Nel 1928 Fiocco identifica il Venere e Adone di cui parla Borghini con quello conservato al Prado di Madrid; ed effettivamente i due dipinti, oltre a presentare una composizione simile, per quanto ribaltata, furono entrambi acquistate nel 1641 a Venezia da Velazquez per conto di Filippo IV di Spagna; in particolare, la tela di Strasburgo fece parte delle opere trafugate da Giuseppe Bonaparte durante il suo regno in Spagna (1808-13). Procri, sdraiata, ha una lancia che le perfora il ventre, non il petto come vorrebbe la tradizione; lo sguardo, rivolto a Cefalo, sembra far trapelare un certo rancore nei confronti dell’amato. Questi, stringendole la mano con amore, indica con il braccio destro il bosco retrostante. Il fatto che Procri tenga in mano la lancia mortale potrebbe essere un segno tanto dell’impostazione teatrale, e dunque dimostrativa e non narrativa, dell’opera (in questo caso da confrontare al gesto compiuto dalla Procri di Rosso Fiorentino, non a caso assolutamente viva – Cfr. scheda opera XX), quanto come un riferimento alla tradizione testuale che voleva che fosse la stessa fanciulla ad estrarre l’arma dal proprio petto (Ovidio, Ceffc06; Dolce, CeffrXX).

Roberta Talone