23: Cefalo e Procri

Titolo dell’opera:  Aurora (con Titone), Cefalo e Procri

Autore:  Baldassarre Peruzzi (1481-1536)

Datazione: 1511-1512 (o 1517-1518)

Collocazione: Roma, Villa Farnesina, Sala delle Prospettive

Committenza: Agostino Chigi (1446-1520)

Tipologia: pittura parietale

Tecnica: affresco

Soggetto principale: in primo piano a destra Procri è sdraiata in terra morente con una lancia conficcata nel petto; Cefalo accorre verso di lei

Soggetto secondario: sullo sfondo Aurora e Titone, suo marito, conducono il carro guidato da quattro cavalli, al di sopra dei quali un fanciullo tiene una stella in mano

Personaggi: Cefalo, Procri, Aurora, Titone, Espero

Attributi: lancia (Procri); lancia (Cefalo); carro (Aurora)

Contesto: scena all’aperto

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini:

Bibliografia: Lavin I., Cephalus and Procris, transformation of an Ovidian myth, in “Journal of the Warburg Institute”, 17, 1954, pp. 260-286; D’Ancona P., Gli affreschi della Farnesina in Roma, Edizioni del Milione, Milano 1955, pp. 27, 93-94; A.A.V.V., La Villa Farnesina, in I luoghi di Raffaello a Roma, catalogo della mostra a cura di Cassanelli L., Rossi S., 1983, pp. 25-73; Gerlini E., La villa Farnesina in Roma, Istituto poligrafico e Zecca dello stato, Roma 1984, pp. 32-34; Cappelletti F., L’uso delle Metamorfosi di Ovidio nella decorazione ad affresco della prima metà del Cinquecento. Il caso della Farnesina, in Die Rezeption der Metamorphosen des Ovid in der Neuzeit: der antiche Mythos in Text und Bild, atti del convegno, Bad Homburg 1991, a cura di Walter H., Horn H.J., Berlino, pp. 115-128;Nykjaer M., La Villa Farnesina: identificazione di un motivo ovidiano nella Sala delle Prospettive, in “Analecta Romana Instituti Danici”, 21, 1993, pp. 213-218; La Villa Farnesina a Roma, a cura di Frommel C.L., Panini, Modena 2003, pp. 126-133; Marielli Mariani I., Roma, Villa Farnesina alla Lungara, in Cieri Via C., L’arte delle metamorfosi. Decorazioni mitologiche nel Cinquecento, Lithos, Roma 2003, pp. 298-301

Annotazioni redazionali: la villa suburbana della Farnesina fu commissionata nel 1509 a Baldassarre Peruzzi dal banchiere senese Agostino Chigi. Fu detta Farnesina quando nel 1590 venne acquistata dal cardinale Alessandro Farnese. Al piano nobile della villa si trova la Sala delle Prospettive, detta così dalle prospettive architettoniche che furono dipinte dal Peruzzi e che il 28 agosto 1519 ospitò il banchetto per le nozze di Agostino Chigi e Francesca Ordeasca. L’ambiente era infatti destinato ad ospitare udienze, cerimonie e rappresentazioni teatrali. Le prospettive sono unite in alto da un fregio che percorre tutta la sala e che contiene una serie di motivi dipinti ispirati per la maggior parte alle Metamorfosi di Ovidio. Controversa è la datazione degli affreschi della Sala delle Prospettive, oscillanti tra il 1511 e il 1518. Nella scena in esame, Procri è sdraiata in terra morente con una lancia conficcata nel petto, così come per la prima volta era stata rappresentata nelle miniature dell’Epistre d’Othea prima (Cfr. scheda opera 18), e nel pannello di Piero di Cosimo poi (Cfr. scheda opera 21). Sullo sfondo è visibile il carro di Aurora, in qualche modo responsabile della morte di Procri, avendo la dea instillato nella giovane il dubbio circa la fedeltà del suo amato Cefalo, di cui si era invaghita. Aurora è accompagnata da Titone, principe troiano e musico, rapito e sposato dalla dea, la quale chiese per lui a Giove l'immortalità, dimenticando di chiedere anche l'eterna giovinezza (nell’affresco è infatti raffigurato come un vecchio con una lunga barba bianca). È difficile risalire ad una fonte specifica per l’impostazione della scena; considerando l’intero fregio, l’ipotesi più plausibile è che Peruzzi si sia rifatto al testo Ovidiano (Ceffc06), sintetizzando l’intera narrazione in un unico riquadro, in modo da sottolineare la connessione esistente tra la morte di Procri e la responsabilità di Aurora nell’evolversi delle vicende della sfortunata coppia. Analizzando la figura maschile che fa da guida al carro di Aurora, si può ipotizzare una diversa volontà compositiva. Irivin Lavin (1954) individua in questa figura Hesperus, la stella del mattino che Igino cita come figlio di Aurora e Cefalo (Ceffc08); Esiodo, invece, cita Fetonte come frutto del rapporto tra i due, e non Espero, che, in quanto associato al sole che al tramonto sembra una mela d’oro, sarebbe viceversa la stella del tramonto, pertinente pertanto al mito di Venere e non a quello di Aurora (Ceffc01). Si apprende poi che Fetonte è chiamato dai Cretesi Adimo, parola che per loro significa stella del mattino o della sera.  È vero anche che però i due personaggi hanno una certa attinenza: entrambi, infatti, vengono associati ad Afrodite con la quale avrebbero avuto un’avventura, motivo per cui i due personaggi vengono spesso confusi. Entrambi poi danno il proprio nome ad una stella e Igino li descrive insieme nell’ambito della descrizione delle cinque stelle che i Greci chiamano πλανήτας: Fetonte come pianeta di Giove, ed Hesperus come figlio appunto di Cefalo e Aurora dalla straordinaria bellezza e per questo identificato con Venere, nome con il quale alcuni chiamano lo stesso pianeta. Si sta quindi parlando del pianeta Venere che in effetti, essendo il più luminoso nel cielo, appare per primo dopo il tramonto e per ultimo scompare prima dell’alba. Peruzzi allora, dimostrando una notevole conoscenza delle fonti antiche, avrebbe posto Espero davanti al carro di Aurora proprio in virtù del suo essere astronomicamente introduttore dell’Aurora: non bisogna dimenticare quanto l’astrologia sia presente nel palazzo di Agostino Chigi, e soprattutto nel soffitto della sala di Galatea, eseguita non a caso dal Peruzzi; se così fosse, la particolare sintesi del mito presentata in questo riquadro rivelerebbe anche in questo caso una profonda capacità da parte di Peruzzi di rielaborazione delle fonti, dalle quali avrebbe attinto elementi diversi per poi ricomporre tutto il mito dall’inizio (Fetonte) alla fine (la morte di Procri).

Roberta Talone