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BOCCACCIO, De Claris Mulieribus, cap. XVII

Traduzione tratta da: Tutte le opere di Giovanni Boccaccio, De Mulieribus claris, a cura di Branca V., Mondadori, Milano 1967, pp.120-123

Pocri, figlia di Pandione re di Atene, sposò Cefalo, figlio del re Eolo. Come fu odiata dalle donne oneste per la sua avarizia, così riesce accetta agli uomini, perchè, per il suo esempio, è manifesto il vizio di tutte le altre. Marito e moglie, giovani, godevano a vicenda del loro lieto e onesto amore, quando, per loro disgrazia, dal desiderio di Cefalo fu presa Aura, o piuttosto una certa Aurora, come alcuni preferiscono chiamarla, donna di straordinaria bellezza. Per qualche tempo ella invano tentò di trarre a sè colle preghiere Cefalo; ma poiché questo resisteva, sempre occupato dall'amore della sua Pocri, Aurora gli diceva sdegnata: - Ti pentirai, o Cefalo, di avere amato così ardentemente Pocri. Tu potrai accertare, te lo assicuro, che, se qualcuno la tenti, ella ha preposto l'oro al tuo amore -. Il giovane, udite queste minacce, fu bramoso di mettere alla prova l'amore della sposa. Partì, fingendo di dover fare un viaggio in terra lontana; ma subito ritornò in patria e tentò la costanza della moglie, facendole fare promesse di doni da un mezzano. Ma per quanto grandi fossero i doni offerti, Pocri al primo approccio non si lasciò convincere. In seguito però, insistendo l'offerente e aggiungendo altri gioielli, finì per piegarla, ottenendo da lei l'impegno, dietro la consegna dell'oro promesso, dei desiderati amplessi di una notte d'amore. Allora Cefalo, profondamente addolorato, manifestò alla sposa che con inganno aveva sorpreso il suo frivolo amore. Rossa di vergogna, e spinta dal rimorso della colpa, essa si ritirò senza indugio nelle selve a vivervi in solitudine. Ma il giovane fremente d'amore la diede spontaneamente il perdono e colle preghiere si riconciliò con lei che prima la respingeva. Ciò tuttavia a nulla servì; perchè niente può la forza del perdono contro i rimorsi della coscienza. Pocri era agitata da sentimenti diversi ed era turbata dalla gelosia, al pensiero che il marito facesse contro di lei, per le carezze di Aurora, ciò che ella aveva per denaro mercanteggiato ai suoi danni. Allora nascostamente per rupi e scoscesi gioghi di montagna e per chiuse valli, si mise ad seguire il suo Cefalo, che andava a caccia. Aggirandosi nascosta per i prati e sul canneto della palude, Pocri fu creduta dallo sposo una fiera, e , colpita da una sua freccia, morì. Non so davvero quale affermare delle due verità: se non ci sia al mondo forza più potente dell'oro; o se niente ci sia di più insano del cercare quello che non si vorrebbe trovare. La stolta Pocri l'una e l'altra cosa approvando, trovò, insieme colla morte, quel marchio d'infamia che non cercava. Ma, lasciando stare l'immoderata brama dell'oro, dalla quale purtroppo quasi tutti stoltamente ci lasciamo trascinare; mi dicano, di grazia, quanti son presi da così cieca gelosia: che vantaggio conseguono, che onore, che gloria, che lode? A mio giudizio, la gelosia è una ridicola malattia della mente, che trae principio dalla pusillanimità di chi la soffre. Infatti la troviamo soltanto in coloro che si ritengono così poco virtuosi da ammettere che chiunque possa esser loro preferito.