
Titolo dell’opera: Strage dei Niobidi
Autore: Andrea Michieli, detto il Vicentino (1542 ca.-1617)
Datazione: 1600 ca.
Collocazione: Praga, Pinacoteca del Castello
Committenza:
Tipologia: dipinto
Tecnica: olio su tela (249 x 276,5 cm)
Soggetto principale: Apollo e Diana saettano i figli e le figlie di Niobe
Soggetto secondario:
Personaggi: Apollo, Diana, Niobe, Niobidi
Attributi: arco, frecce, faretra (Apollo); arco, frecce, faretra (Diana), corona (Niobe)
Contesto: scena all’aperto
Precedenti:
Derivazioni:
Immagini:
Bibliografia: Capolavori della pittura veneta dal Castello di Praga, Electa, Milano 1994, pp. 84-85
Annotazioni redazionali: il dipinto del Castello di Praga, giunse nella città boema nel 1732 insieme ad altre opere provenienti dalla collezione dell’arciduca Leopoldo Guglielmo, nelle quali la tela era registrata come opera di Palma il Giovane. Successivamente l’opera venne attribuita al Tintoretto e infine nel 1981 ad Andrea Vicentino dal Pallucchini. Il dipinto raffigura la strage dei figli di Niobe narrata da Ovidio nel VI libro delle Metamorfosi. Tra le nuvole Apollo e Diana sono intenti a scagliare frecce contro la prole della regina di Tebe, la quale, orgogliosa della sua fecondità, aveva osato spregiare la divina discendenza di Latona. In primo piano giacciono i corpi di alcuni figli di Niobe, i quali sono stati colpiti chi in mezzo al petto chi alla nuca come si legge nel testo latino per le morti di Ismeno (v. 227) e Sipilo (v. 235). Altri figli sono sui loro destrieri colti nella fuga, mentre vengono raggiunti dagli strali divini. Come sarà comune in tutte le raffigurazioni dell’intero Seicento (Cfr. scheda opera 42, scheda opera 44, scheda opera 45, scheda opera 46, scheda opera 47), in contrasto con la narrazione ovidiana, simultaneamente alla morte dei figli maschi è rappresentata anche quella della femmine. Sullo sfondo, accanto ad un giovane caduto da cavallo, si trovano alcune fanciulle, una è riversa sul corpo del fratello, un’altra è stata appena ferita alla schiena ed una terza è colta nella fuga, riprendendo in parte la descrizione di Ovidio (vv. 295-296). In primo piano altre figlie stanno per essere colpite dalle frecce, una rivolge il suo sguardo disperato verso le due divinità, mentre l’altra si prostra a terra sopra il cadavere di un fratello. Al centro della scena campeggia la figura di Niobe. La madre, con un braccio poggiato al suolo, è voltata verso il cielo nuvoloso, dal quale provengono le frecce, e alza l’altro braccio come a proteggere sé e l’altra figlia che le si è gettata in grembo. Al di sotto del mantello della regina, poi, si scorge nella penombra il volto impaurito di un’altra figlia completamente avvolta dal manto. Anche questo dettaglio viene desunto dai versi del poeta latino (vv. 297-301).
Dario Iacolina