32: Niobe

Titolo dell’opera: Superbia (Strage dei Niobidi)

Autore:

Datazione: 1546

Collocazione: Andrea Alciati, Emblematum liber, Emblema LXVII, 1546, 34v (prima edizione 1531)

Committenza:

Tipologia: incisione

Tecnica: xilografia

Soggetto principale: Apollo e Diana saettano i Niobidi di fronte la loro madre

Soggetto secondario:

Personaggi: Apollo, Diana, Niobe, Niobidi

Attributi: arco, freccia (Apollo); arco, freccia, mezzaluna (Diana); roccia (Niobe)

Contesto: scena all’aperto

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini:

Bibliografia: Guthmuller B., Mito, poesia, arte. Saggi sulla tradizione ovidiana nel Rinascimento, Bulzoni, Roma 1997

Annotazioni redazionali: l’illustrazione è contenuta nel Libro degli Emblemi dell’Alciati, edito ad Augusta nel 1531. Il mito di Niobe, che a partire dalle moralizzazioni medievali (Niofm07) era assurto a simbolo della superbia, è scelto dall’Alciati proprio per la raffigurazione “emblematica” di questo vizio. Il momento proposto è quello culminante nella strage dei Niobidi. Su due nuvole Apollo e Diana puntano i loro archi contro i figli di Niobe, i quali sono rappresentati atterriti al suolo già feriti o nel tentativo di proteggersi dagli strali divini. Di tutta la prole della regina sono raffigurati, nella piccola incisione, solo sei figli, riconoscibili prevalentemente come fanciulle. Dunque, l’episodio della strage risulta notevolmente sintetizzato, in quanto l’intenzione primaria dell’illustrazione è quella di presentare la tragica conseguenza del comportamento superbo di Niobe e non di fornire una fedele descrizione dell’accaduto. La madre è seduta con il viso rivolto al cielo e le braccia allargate in un gesto di composto dolore di fronte al terribile evento. Alle spalle della donna si staglia il profilo di una grande roccia allusiva alla sua trasformazione, come ricordato anche nei primi due versi latini che accompagnano l’immagine: “En statuae statua, et ductum de marmore marmor. / Se conferre Deis ausa procax Niobe”, ai quali fa seguito l’interpretazione moraleggiante dello straordinario avvenimento che spiega il legame stabilito tra la superbia e la durezza della roccia “Est vitium muliebre superbia, et arguit oris / Duritiem, ac sensus, qualis inest lapidi” (Niofr03).

Dario Iacolina