Titolo dell’opera: Strage dei Niobidi
Autore: Jacopo Robusti detto il Tintoretto (1518-1594)
Datazione: 1543-1544
Collocazione: Londra, collezione A. Seilern, Courtauld Institute of Art Gallery
Committenza:
Tipologia: dipinto
Tecnica: olio su tavola (22,9 x 67,7 cm)
Soggetto principale: Apollo e Diana saettano i figli di Niobe in fuga
Soggetto secondario:
Personaggi: Apollo, Diana, quattro Niobidi
Attributi: arco, freccia (Apollo); arco, freccia (Diana)
Contesto: scena all’aperto
Precedenti:
Derivazioni:
Immagini:
Bibliografia: Pallucchini R., Rossi P., Tintoretto. Le opere sacre e profane, Electa, Milano 1982, vol. I, p. 139
Annotazioni redazionali: la tavola del Tintoretto, in principio attribuita allo Schiavone, fu realizzata pochi anni dopo i pannelli mitologici che decoravano il soffitto del palazzo dei Conti Pisani a Venezia (Cfr. scheda opera 28). Anche in quest’opera l’artista si cimenta nell’episodio dell’uccisione dei figli di Niobe. Le due divinità compaiono in cielo, tagliate in buona parte dal bordo della pannello in modo tale da mostrare solo le loro teste e gli archi che tendono verso il basso. Le figure dei figli e delle figlie, concentrate nella parte sinistra, sono raffigurate in una fuga precipitosa mentre vengono raggiunte dalle frecce divine. Quattro sono i Niobidi dipinti, mentre di un quinto è visibile appena la gamba sinistra sollevata e un lembo di veste svolazzante per la corsa. Il centro e la destra del pannello è interamente occupata da un paesaggio verdeggiante con un ruscello, uno specchio d’acqua e il profilo di un centro abitato. Anche in quest’opera il soggetto ovidiano viene rielaborato in modo originale. Entrambe le divinità partecipano allo stesso tempo al massacro dei figli di Niobe, la quale però è assente dalla scena. Nella stessa collezione è presenta un altro pannello che corrisponde per dimensioni e stile a questo con la morte dei Niobidi. Il soggetto, “Latona trasforma i contadini Lici in rane”, è narrato da Ovidio subito dopo la storia di Niobe (Met. VI, vv. 314-381) ed era anch’esso già stato trattato in uno degli ottagoni della Galleria Estense.
Dario Iacolina