30: Niobe

Titolo dell’opera: Strage delle figlie di Niobe

Autore: Jacopo Robusti, detto il Tintoretto (1518-1594)

Datazione: 1543-1544

Collocazione: Venezia, Collezione Rocca

Committenza:

Tipologia: dipinto

Tecnica: olio su tela (d. 155 cm)

Soggetto principale: Apollo e Diana saettano Niobe e le figlie

Soggetto secondario:

Personaggi: Apollo, Diana, Niobe, sette figlie

Attributi: arco, freccia, raggi solari (Apollo); arco, freccia, mezzaluna (Diana); corona (Niobe)

Contesto: scena all’aperto

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini:

Bibliografia: Pallucchini R., Rossi P., Tintoretto. Le opere sacre e profane, Electa, Milano 1982, vol. I p. 140

Annotazioni redazionali: l’opera fu assegnata con larga adesione della critica al Tintoretto dal Pallucchini nel 1939. Cronologicamente il tondo si colloca nella prima metà del quinto decennio del XVI secolo, ma sicuramente in un momento successivo rispetto all’esecuzione del soffitto per i Conti Pisani (Cfr. scheda opera 28), di cui si possono rintracciare alcuni motivi. Il tema qui prescelto è circoscritto alla sola strage delle figlie alla presenza della madre. La visione scorciata della scena, seppur meno energica, e il motivo del piede di Niobe posto in primo piano si ritrovano già nell’ottagono della Galleria Estense, ma il tutto viene trattato in chiave prettamente decorativa. La regina è attorniata dalle sue sette figlie, mentre dal cielo piovono le frecce scagliate dai gemelli divini. Apollo e Diana sono raffigurati nella loro veste di divinità planetarie: dalla veste del dio e dalla sua corona spuntano i raggi solari, mentre la dea porta il diadema con la mezzaluna. Gli sviluppi drammatici della strage, ben colti sia nel pannello estense che in quello della collezione Seilern (Cfr. scheda opera 31), sono qui quasi del tutto assenti. Le fanciulle, pur ferite dalle frecce, non esprimono dolore o sgomento di fronte al tragico evento, così come Niobe non prorompe nel patetico gesto di supplica nel vano tentativo di fermare l’eccidio. Grande attenzione è profusa dall’artista nella resa accurata dei particolari, dalle elaborate acconciature, alle ricche vesti fino ai preziosi gioielli indossati della donne. L’episodio ovidiano viene liberamente ripensato dall’artista. Se nel numero delle figlie e nella presenza della madre al momento della loro morte l’autore si mostra fedele alla fonte, la partecipazione di Apollo al massacro e soprattutto il ferimento di Niobe sono estranei a qualsiasi tradizione letteraria. L’estrema libertà del Tintoretto si manifesta dunque nella traduzione del tema mitologico in una rassegna dei concetti di grazia ed eleganza femminili tipici dell’epoca.

Dario Iacolina