
Titolo dell’opera: Strage dei Niobidi
Autore: Francesco de’ Rossi, detto Salviati (1510-1563)
Datazione: 1541 ca.
Collocazione: Oxford, Ashmolean Museum
Committenza:
Tipologia: disegno
Tecnica: matita nera, penna e inchiostro e acquarello marrone (30,9 x 45 cm)
Soggetto principale: Apollo e Diana uccidono i figli e le figlie di Niobe
Soggetto secondario: un personaggio ammantato (Niobe?) si allontana dalla scena volgendo lo sguardo indietro
Personaggi: Apollo, Diana, sette figli e sette figlie di Niobe, Niobe (?)
Attributi: arco, frecce, faretra (Apollo); arco, frecce, faretra, mezzaluna (Diana)
Contesto: scena all’aperto
Precedenti:
Derivazioni: incisione di autore incerto del 1541 e Strage dei Niobidi di Francesco Cozza
Immagini:
Bibliografia: Mortari L., Francesco Salviati, De Luca, Roma 1992, p. 244; Francesco Salviati (1510-1563) o la Bella Maniera, catalogo della mostra a cura di Monbeig Goguel C., Milano 1998, pp. 207-209
Annotazioni redazionali: il disegno, la cui paternità al Salviati è da tempo condivisa quasi all’unanimità dalla critica, rappresenta l’episodio della strage dei Niobidi raccontato da Ovidio nel VI libro delle Metamorfosi (vv. 218-265/285-301 - Niofc26). L’artista nel cimentarsi nel soggetto trae spunto dalla narrazione ovidiana ma sostanzialmente se ne discosta nella messa in scena. In Ovidio i figli maschi vengono uccisi da Apollo davanti le mura della città, mentre si esercitano a cavallo o nella lotta. La morte della fanciulle invece avviene per mano di Diana mentre queste si trovano in lutto insieme alla madre davanti i catafalchi dei fratelli morti. Nel disegno una traccia dell’intervallo temporale che separa i due eventi luttuosi viene mantenuta nella divisione compositiva tra le stragi due sessi. Nella parte sinistra del foglio sono rappresentati i nudi eroici dei figli di Niobe. Alcuni giacciono morti sul terreno, altri sono colpiti dalle frecce scagliate dall’alto, mentre altri ancora alzano le mani in segno di terrore o tentano di scampare alla morte proteggendosi sotto il mantello. A destra, sullo sfondo di una tenda tesa tra gli alberi, sono invece raffigurate le figlie. Queste sono in parte presentate in piedi con le vesti agitate dal repentino movimento mentre cercano di fuggire e i loro volti sono sfigurati dalla disperazione, una Niobide abbraccia la sorella ormai morta, invece le altre sono accucciate al terreno supplichevoli. Collocata al centro dello sfondato paesaggistico in secondo piano si trova una figura ammantata che si allontana mestamente dalla scena dell’eccidio e che volge indietro il capo velato. Questo personaggio potrebbe essere Niobe, la quale non è presente al massacro in primo piano. La città sullo sfondo è Tebe, ripensata però alla luce degli antichi monumenti romani. I figli di Niobe, i cui corpi evidenziano un attento studio anatomico condotto sulla statuaria antica e sulle opere michelangiolesche e di Giulio Romano, sono appiedati, per lo più a terra quasi tutti feriti. Mancano i cavalli e un riferimento più specifico alle attività atletiche del testo latino. Seppur le due stragi sono rappresentate nel medesimo istante è rispettato il ruolo giocato dalle divinità. Infatti queste, entrambe poste tra le nuvole in alto a sinistra, puntano i loro archi verso le vittime del loro stesso sesso. La tenda e la brocca rovesciata, nella porzione di disegno riservata alla ragazze, sono due dettagli inseriti per alludere all’ambiente domestico in cui secondo alcune fonti avviene la loro morte, elementi presenti anche in opere antiche o di pochi anni precedenti (Cfr. scheda opera 09, scheda opera 22). Il disegno avrà discreta fortuna come testimoniano sia l’incisione realizzata nel 1541 da un incerto incisore che il dipinto di circa un secolo posteriore di Francesco Cozza tratto proprio da quest’ultima.
Dario Iacolina