Titolo dell’opera: Storia di Niobe
Autore: Polidoro Caldara da Caravaggio (1500 ca.-1543) e Maturino da Firenze (1490-1528)
Datazione: 1526-27
Collocazione: Roma, Palazzo Milesi, fregio
Committenza: Giovanni Antonio Milesi
Tipologia: dipinto
Tecnica: affresco monocromo
Soggetto principale: il corteo del popolo tebano viene interrotto dalla regina Niobe che ordina di posare ai suoi piedi i doni per la dea Latona
Soggetto secondario:
Personaggi: Niobe, popolo tebano
Attributi: corona (Niobe)
Precedenti:
Derivazioni:
Immagini:
Bibliografia: Marabottini A., Polidoro da Caravaggio, Edizioni dell’Elefante, Roma 1969, vol.1, pp. 126-129, 366-368; Polidoro Caldara da Caravaggio. 2 Copie da Polidoro, Monumenta Bergomensia, Bergamo 1978, p. 367 e sgg.; Errico M., Finozzi S.S., Giglio I., Ricognizione e schedatura delle facciate affrescate e graffite a Roma nei secoli XV e XVI, in “Bollettino d’arte”, 33-34, 1985, pp. 53-134
Annotazioni redazionali: la facciata di Palazzo Milesi, realizzata da Polidoro Caldara e da Maturino da Firenze, è, tra le numerose facciate romane dipinte a partire dai primi anni ’20 del Cinquecento, la più nota e quella che ebbe maggior fortuna nei secoli, come testimoniano le numerose copie e le incisioni derivate dai disegni originali. L’opera è ricordata dal Vasari come l’ultima eseguita a Roma prima della fuga di Polidoro, in seguito al Sacco dei Lanzichenecchi nel 1527. Il proprietario del palazzo, Giovanni Antonio Milesi, conterraneo di Polidoro, gli commissionò la decorazione della facciata pochi anni prima del tragico evento che si abbatté sulla città. Gli affreschi versano oggi in pessime condizioni, ma ci sono noti attraverso gli innumerevoli disegni e le stampe che, dalla metà del XVI secolo fino all’Ottocento, li riproducono. I soggetti raffigurati sono dedotti dalla mitologia e dalla storia antica, ugualmente antichi sono anche i motivi decorativi costituiti da vasi, eroti, busti e panoplie. Il fregio più basso, posto tra le botteghe del pian terreno e le finestre del primo piano, illustra il mito di Niobe, narrato da Ovidio nel VI libro delle Metamorfosi (Niofc26). L’affresco monocromo è il primo esempio figurativo dedicato alla vicenda della regina tebana che si compone di numerosi episodi, raffigurati in sequenza lungo tutto il fregio continuo. Il fregio inizia a sinistra con il corteo dei tebani che recano i doni e le offerte per il sacrificio. La narrazione di Ovidio prende avvio, dopo la presentazione della superba regina, con l’oracolo della profetessa Manto: “O Ismenedi, andate in massa e offrite a Latona e ai due figli di Latona pio incenso insieme alle preghiere e ornate i capelli con l’alloro” (v. 159-161). La scena iniziale mostra proprio il momento successivo alle prescrizioni di Manto. La folla, composta da giovani e anziani, donne e bambini, si snoda concitata verso destra recando con sé le offerte e gli animali per il sacrificio, alcune figure hanno cinto le loro tempie con l’alloro richiesto dal vaticinio. Lo slancio degli offerenti si arresta dinanzi la figura ammantata della regina, la quale “viene con gran corteggio di compagne” (v. 165). Le parole usate dal poeta per descrivere l’arrivo di Niobe e l’interruzione del sacrificio si rispecchiano perfettamente nella raffigurazione del fregio. La donna, con un gesto imperioso della mano, ordina di porre ai suoi piedi le offerte per Latona, mostrando tutta la collera che la ha portata a proferire l’empio discorso contro la dea.
Dario Iacolina