21: Niobe

Titolo dell’opera: Niobe, i figli, Apollo e Diana

Autore:

Datazione: 1497

Collocazione: Ovidio Methamorphoseos vulgare, Stampato in Venetia per Zoane Rosso vercellese a instantia del nobile homo miser Lucantonio Zonta fiorentino del MCCCCLXXXXVII a dì X del mese de aprile, Venezia 1497, f. 48

Committenza: Lucantonio Giunta

Tipologia: incisione

Tecnica: xilografia

Soggetto principale: a sinistra Niobe vieta al popolo tebano di sacrificare alla dea Latona; a destra Apollo, accompagnato da Diana, saetta i figli maschi di Niobe

Soggetto secondario:

Personaggi: Niobe, Apollo, Diana, sette Niobidi, popolo tebano

Attributi: corona (Niobe); arco, freccia, (Apollo)

Contesto: scena all’aperto con una città sullo sfondo

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini:

Bibliografia: Guthmuller B., Mito, poesia, arte. Saggi sulla tradizione ovidiana nel Rinascimento, Bulzoni, Roma 1997

Annotazioni redazionali: l’incisione illustra due distinti momenti della storia di Niobe così come narrata dal testo del Bonsignori (Niofm19). All’inizio del XXIII capitolo si legge che: “Tutti li tebani s’aparechiavano per sacrificare a Latona e, andando al sacrificio, scontrono Niobe con molta compagnia”. Proprio questo è uno dei due momenti rappresentati nell’incisione. Tutto il popolo tebano si sta apprestando a rendere i sacri onori alla dea, come ordinato dall’indovina Manto. Sulla sinistra vediamo la folla, preceduta da un suonatore di flauto e dagli animali sacrificali, che si è appena imbattuta nella regina. Questa, nella xilografia non accompagnata da nessun corteggio di persone, si rivolge a loro con un gesto imperioso della mano destra. Il testo, fedelmente conforme alla fonte ovidiana (Niofc26), prosegue con il lungo discorso di Niobe, nel quale la regina pone in discussione la divinità di Latona, elencando tutte le fortune che la rendono orgogliosa e più degna di onori. Tra tutte queste, l’offesa più grave viene rivolta nei confronti della maternità della dea, la quale aveva partorito due soli figlioli contro i quattordici della superba madre. Accanto alla scena dell’empietà di Niobe, che interrompe i riti dovuti a Latona e ai suoi due gemelli divini, è posta quella della sua punizione. Apollo e Diana, come scrive il Bonsignori, dopo la supplica della loro adirata madre, per vendicare l’affronto subito “se censero li archi e li trocassi ed andarono per l’aire in una nuvela sopra la città de Teba”. Davanti le mura della città è raffigurata la scena della strage dei sette figli di Niobe, usciti per esercitarsi chi a cavallo chi a piedi. Apollo è colto nell’atto di ucciderli a colpi di freccia ad uno ad uno. Cinque Niobidi sono già stati feriti dagli strali divini e alcuni di loro proprio nei punti descritti dalla narrazione: “Ismeo, correndo a ccavallo (…) Apollo el saettò d’una saetta ennel petto (…) el secundo figliuolo (…) el sagettò nella bocca”. L’eccidio è quasi concluso, infatti gli ultimi due figli osservano la morte dei loro fratelli in attesa del loro momento. Esclusa, invece, dalla rappresentazione è l’uccisione delle figlie di Niobe, che farà la sua comparsa solo nelle incisioni della metà del XVI secolo.

Dario Iacolina