
Titolo dell’opera: Giocatrici di astragali: Niobe, le figlie e Leto
Autore: Alexandros di Atene
Datazione: I sec. d.C.
Collocazione: Napoli, Museo Archeologico Nazionale (proveniente da Ercolano)
Committenza:
Tipologia: dipinto
Tecnica: pittura su marmo
Soggetto principale: Phoibé incoraggia Niobe a riappacificarsi con Leto
Soggetto secondario: Aglaia e Ileara giocano agli astragali
Personaggi: Leto, Niobe, Phoibé, Aglaia, Ileira
Attributi:
Contesto:
Precedenti:
Derivazioni:
Immagini:
Bibliografia: Kerenyi K., Goddesses of sun and moon: Circe, Aphrodite, Medea, Niobe, Spring, Irving 1979, pp. 74-78; Schmidt M., ad vocem “Niobe”, in Lexicon Iconographicum Mythologiae Classicae, Verlag, Zurigo-Monaco, 1992, vol. VI, 1, pp. 909-910; De Caro S., Il Museo archeologico nazionale di Napoli, Electa, Napoli 1994, p. 199; Baldassarre I. et al., Pittura romana. Dall’ellenismo al tardo-antico, Motta, Milano 2006, p. 144
Annotazioni redazionali: La tavoletta conservata al Museo Archeologico di Napoli appartiene ad un gruppo di nove dipinti su marmo provenienti da Ercolano. Questi erano stati realizzati per essere inseriti come quadri dipinti sulle pareti con una decorazione in III stile. Apparentemente monocromi, in seguito ad approfondite analisi, i dipinti sono risultati essere in origine arricchiti dai quattro colori (bianco, giallo, rosso e nero) della più antica tradizione pittorica greca. Dell’opera conosciamo il nome dell’artista, Alexandros di Atene, probabilmente un copista greco che dipinse la tavoletta sulla basa di un’originale di epoca classica. Oltre alla firma del pittore le altre iscrizioni presenti che accompagnano le cinque figure femminili rappresentate ci hanno aiutato ad identificare il soggetto dell’opera, la quale senza queste informazioni sarebbe stata considerata come una semplice scenetta di genere. In questo modo nelle giocatrici di astragali riconosciamo Leto, Niobe e le sue figlie. Due fanciulle accovacciate, Ileira e Aglaia, stanno giocando agli astragali, antico gioco simile ai dadi, mentre una terza ragazza Phoibé sospinge Niobe verso Leto. La scena è stata interpretata come il tentativo di una delle figlie di Niobe di riconciliare la madre con la dea. Il dipinto rappresenta un episodio precedente rispetto a quelli maggiormente noti nell’arte antica quali la strage dei Niobidi e la pietrificazione di Niobe sulla loro tomba. Dunque l’opera si presenta a noi come un unicum nel suo soggetto in quanto mostra il momento del vano tentativo di rimediare al torto fatto da Niobe a Leto. La presenza della dea insieme a Niobe e alle sue figlie ci dimostra lo stretto rapporto che le unisce, un legame che ci è testimoniato da un frammento della poetessa Saffo (Niofc03) che riferisce dell’amicizia che un tempo legava le due donne prima della rottura e della successiva vendetta. I nomi delle tre fanciulle, considerate solitamente come le figlie di Niobe, non sono però quelli che le diverse tradizioni ci hanno riportato a partire dall’età ellenistica (Niofc44). Il famoso studioso di mitologia greca Kerenyi (1979) ha proposto per quest’opera una lettura leggermente diversa e volta a dimostrare l’originaria natura divina e in particolar modo lunare di Niobe. Lo studioso evidenzia come i nomi delle tre ragazze si riferiscano a diversi personaggi della mitologia. Algaia è il nome di una delle Grazie, mentre Phoibé e Ileira, sono le figlie di Leucippo rapite dai Dioscuri. L’analisi etimologica dei loro nomi e lo studio degli antichi culti e dei loro legami con le principali divinità dell’Olimpo vuole mostrare la loro antica partecipazione al mondo delle divinità lunari, insieme a Leto e a Niobe. L’offesa compiuta da quest’ultima nello spezzare il ciclo che unisce tra loro queste divinità “sorelle” è stato dunque rappresentato nella tavoletta e adombrato nel gioco degli astragali.
Dario Iacolina