12: Niobe

Titolo dell’opera: Niobe e figlia

Autore:

Datazione: I sec. a.C. – I sec. d.C.

Collocazione: Firenze, Galleria degli Uffizi, Sala della Niobe

Committenza:

Tipologia: scultura

Tecnica: gruppo scultoreo a tuttotondo di marmo pentelico (h. 2,28 m)

Soggetto principale: Niobe protegge con il suo mantello la figlia più piccola

Soggetto secondario:

Personaggi: Niobe, figlia minore

Attributi:

Contesto:

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini:

Bibliografia: Saladino V., Firenze. Gli Uffizi: sculture antiche, Arte & pensiero, Firenze 1983, p. 114; Monaco M.C., Le sculture antiche: Galleria degli Uffizi, Polistampa, Firenze 2000, pp. 67-69

Annotazioni redazionali: La Niobe degli Uffizi appartiene al famoso gruppo scultoreo dei Niobidi in origine collocato nella villa romana della famiglia Medici sul Pincio. Le statue erano state rinvenute nel 1583 presso Porta San Giovanni e furono subito acquistate dal cardinale Ferdinando de’ Medici, futuro Granduca di Toscana. Il gruppo è composto da dodici sculture, di cui una raffigurante il pedagogo che tenta di proteggere un giovane Niobide e un’altra Niobe con la figlia minore. La villa, posseduta dal cardinale Ricci da Montepulciano fino al 1576, fu venduta a Ferdinando de’ Medici che collocò le statue appena acquistate nel giardino. A partire dal 1770 la collezione d’antichità medicea della villa fu trasferita a Firenze e anche il gruppo dei Niobidi giunse agli Uffizi dove, nel 1781, fu allestita dall’architetto Gaspare Maria Paoletti una sala in pieno gusto neoclassico atta a contenere tutte le sculture. Queste sono allineate lungo le pareti dell’ambiente secondo un’esposizione che privilegia l’isolamento e l’analisi di ogni scultura a discapito dei nessi compositivi che correvano tra le singole opere nell’originaria disposizione. Il gruppo mette in scena teatralmente la strage dei Niobidi compiuta da Apollo e Artemide per vendicare l’offesa rivolta da Niobe alla loro madre. L’artista mise in campo per le figure principali la sua conoscenza di schemi e tipi di antica ascendenza classica ed ellenistica, derivandoli da altre sculture o da dipinti che mostravano personaggi in fuga o feriti a morte. Il centro visivo nonché patetico dell’intero gruppo è proprio costituito da Niobe e dalla figlia più piccola. L’immagine della madre con gli occhi rivolti al cielo in atteggiamento supplichevole mentre cerca di proteggere la figlia minore con il proprio manto nascondendola agli strali divini richiama alla mente i versi di Ovidio nelle Metamorfosi (Niofc26): “restava l’ultima; la madre ricoprendola con tutto il corpo e con tutta la veste: «Una sola, la più piccola, lasciamene; di molte ti chiedo la più piccola – gridava – e una sola». E mentre prega, quella per la quale sta pregando, cade.” (Met. VI, vv. 298-301). La fanciulla, in cerca di protezione tra le braccia materne, sembra essere raffigurata proprio nell’attimo in cui sfugge al grembo della madre ormai colpita dalla freccia di Diana. Un’eco letteraria della raffigurazione delle altre figlie in fuga o ferite è offerta invece dagli epigrammi ellenistici di Meleagro e Antipatro (Niofc16; Niofc17). La posizione di Niobe con il braccio sinistro sollevato a coprire con la veste la figlia è un motivo ripreso dalla Leda che protegge il cigno dello scultore del IV sec. a.C. Timotheos. Le sculture che compongono il gruppo sono repliche di età romana di un gruppo di originali la cui datazione è ancora controversa: fine IV secolo, seguendo l’attribuzione a Scopa o Prassitele, o più probabilmente II-I sec. a.C. Discussa è stata anche la collocazione originaria del gruppo scultoreo. Per lungo tempo si è ritenuto che le statue costituissero la decorazione frontonale di un tempio. Questa ipotesi si è spesso basata sulla notizia riportata da Plinio (Naturalis Historia, XXXVI, 28) dell’esistenza a Roma di un gruppo dei Niobidi, attribuito variamente a Scopa o a Prassitele, bottino di guerra che Gaio Sosio pose come decorazione del Tempio di Apollo presso il Teatro Marcello tra il 34 e il 31 a.C. Più recentemente per le sculture è stata ipotizzata una sistemazione all’aperto su di un unico podio all’interno degli horti Lamiani.

Dario Iacolina