10: Niobe

Titolo dell’opera: Strage dei Niobidi

Autore: Pittore di Arpi (attr. De Juliis)

Datazione: 320 a.C.

Collocazione: Foggia, Museo Civico (proveniente da Arpi)

Committenza:

Tipologia: vaso apulo (idria, h. 66 cm)

Tecnica: pittura a figure rosse

Soggetto principale: Apollo e Artemide uccidono a colpi di freccia i figli di Niobe

Soggetto secondario:

Personaggi: Apollo, Artemide, Niobe, cinque figli e sei figlie di Niobe

Attributi: arco, frecce (Apollo); arco, frecce, faretra, cane da caccia (Artemide)

Contesto: scena all’aperto (spalla); scena nei pressi di un altare (pancia)

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini:

Bibliografia: De Juliis E.M., Nuovo ceramografo apulo della fine del IV secolo a.C. in “Magna Graecia”, XI, 11-12, 1976, p. 2; Frederiksen M.W., in “Archaeological Reports”, 23, 1976-1977, pp. 149-150; Trendall A.D., Red Figure Vases of South Italy and Sicily, Thames and Hudson, Londra 1989, p. 98; De Juliis E.M., La tomba del vaso dei Niobidi di Arpi, Edipuglia, Bari 1992, pp. 65-67; Geominy W., ad vocem “Niobidai”, in Lexicon Iconographicum Mythologiae Classicae, Verlag, Zurigo-Monaco, 1992, vol. VI, 1, p. 916

Annotazioni redazionali: il vaso, datato alla fine del IV secolo a.C., proviene da una tomba scoperta nel 1972 presso l’antica cittadina daunia di Arpi, nel nord della Puglia. L’idria presenta una ricca decorazione ripartita in tre fasce. Quella inferiore mostra un fregio continuo con figure maschili e femminili recanti differenti oggetti o intente in alcune attività. I due registri superiori sono invece interamente occupati dal massacro dei Niobidi. La scena è suddivisa in due fasce: sulla spalla del vaso Apollo e Artemide saettano i figli maschi di Niobe, la quale è collocata nella fascia inferiore insieme alle figlie, anch’esse in procinto di essere colpite dagli strali divini. Apollo e Artemide, affiancati e contrapposti, sono accompagnati da due cani da caccia e sono colti nell’attimo d’incoccare le frecce nei loro archi. A destra e sinistra del gruppo centrale sono raffigurati i Niobidi maschi tutti descritti in varie attitudini: sull’estrema sinistra un giovane sostiene il fratello colpito da una freccia, mentre al di sotto di un cavallo ormai privo di cavaliere, giace morto un altro fratello, intanto un Niobide ferito, tenta di fuggire col suo destriero e un’altra figura in fuga è visibile solo parzialmente a causa di una lacuna. Sulla pancia del vaso il pittore riproduce nelle figure delle fanciulle e della loro madre una gran varietà di espressioni. Le Niobidi stanno per essere colpite mortalmente dalle frecce che piovono su di loro dal registro sovrastante e vengono rappresentate in diversi atteggiamenti: chi supplica levando le mani al cielo, chi si accascia, uccisa o per il terrore, al suolo nascondendo il viso, chi tenta invano di proteggersi dai colpi con il proprio mantello. Niobe è raffigurata dietro un altare con le mani alzate in un drammatico gesto di stupore. Il contesto in cui avviene l’uccisione dei figli è chiaramente quello di una battuta di caccia, come testimonia la presenza dei cani, dei cavalli, delle lepri e dell’albero. Le figlie, insieme alla madre, sono poste invece in un diverso registro, disposte ai lati di un’ara. Dunque, seppur la strage dell’intera progenie viene perpetrata simultaneamente da entrambi i due gemelli, viene però rispettata la sua diversa ambientazione, al contrario delle precedenti rappresentazioni di medesimo soggetto (Cfr. scheda opera 01, scheda opera 02, scheda opera 09). Una maggiore adesione alla tradizione testuale può evincersi anche dal numero dei figli, 5 maschi, di cui uno probabilmente perso a causa di una lacuna, e 6 femmine di ascendenza omerica (Niofc01). La scena, caratterizzata da un composto patetismo, ha un probabile modello letterario nella tragedia attica del V secolo e in particolar modo nell’opera di Sofocle (Niofc05) dedicata proprio alla morte dei figli di Niobe. Il confronto con i pochi frammenti supersiti del dramma, che trattano proprio l’episodio dell’uccisione delle figlie dinanzi alla loro madre, mostra un possibile contatto proprio nella rappresentazione degli stati d’animo e nelle reazioni delle fanciulle terrorizzate o supplicanti.

Dario Iacolina