05: Niobe

Titolo dell’opera: Trasformazione di Niobe in sasso

Autore: Pittore della Libagione

Datazione: 340-330 a.C.

Collocazione: Sydney, Nicholson Museum of Antiquities, provenienza campana

Committenza:

Tipologia: vaso campano (idria)

Tecnica: pittura a figure rosse

Soggetto principale: Niobe, all’interno di un tempietto, si sta trasformando in pietra

Soggetto secondario: Tantalo e altri personaggi assistono alla scena

Personaggi: Niobe, Tantalo, Apollo e vari personaggi

Attributi: tomba, pietrificazione, capo velato (Niobe); bastone (Tantalo); alloro (Apollo)

Contesto: presso un tempietto funerario

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini:

Bibliografia: Séchan L., Études sur la tragédie greque dans ses rapports avec la céramique, Honore Champion, Parigi 1967, p. 84; Keuls E., Aeschylus’ Niobe and Apulian Funerary Symbolism, in Zeitschrift für Papyrologie und Epigraphik, XXX, 1978, p. Trendall A.D., Red Figure Vases of South Italy and Sicily, Thames and Hudson, Londra 1989, p.165 fig. 305; Schmidt M., ad vocem “Niobe”, in Lexicon Iconographicum Mythologiae Classicae, Verlag, Zurigo-Monaco, 1992, vol. VI, 1, p. 911; De Cesare M., Le statue in immagine: studi sulle raffigurazioni di statue nella pittura vascolare greca, L'Erma di Bretschneider, Roma 1997, p. 156

Annotazioni redazionali: l’idria campana, appartenente al gruppo di vasi ispirati alla tragedia di Eschilo, presenta una scena molto vicina agli altri esemplari apuli, ma più sintetica. Al centro si erge un tempietto funebre, un naiskos, con colonne ioniche ai piedi del quale sono poste delle offerte votive. Niobe è collocata all’interno della struttura ed è colta nel classico gesto di dolore. Il lungo mantello che l’avvolge è dipinto completamente di bianco per più di tre quarti a simboleggiare la progressiva trasformazione in pietra della donna. Sulla sinistra, Tantalo, inginocchiato e sostenuto da un giovane accompagnatore, tende le braccia in segno di preghiera verso la figlia, mentre a destra una figura ammantata è seduta sullo zoccolo del monumento e si asciuga mestamente il volto. Due divinità, Leto e sicuramente Apollo, assistono alla scena sottostante dai due lati del tempietto. La figura di dolente sulla destra, caratterizzata da un aspetto più giovane rispetto all’anziana donna dai capelli bianchi di altri vasi (Cfr. scheda opera 03, scheda opera 04, scheda opera 07) è ugualmente di difficile riconoscimento ed è stata identificata come nutrice dei Niobidi, come suocera di Niobe o come semplice figura accessoria. Il passaggio dall’esterno all’interno del naiskos da parte del personaggio principale è stato interpretato come una monumentalizzazione del sema nella seconda metà del secolo e il motivo della pietrificazione di Niobe letto in chiave consolatoria “come superamento della morte e facendo dell’eroina la statua funeraria o sema di se stessa”(De Cesare 1997). Divergente è l’identificazione della tomba in cui è raffigurata la madre dolente: secondo alcuni (Keuls 1978) si tratta del sepolcro di Niobe stessa, invece per altri (Séchan 1967; Trendall 1989; De Cesare 1997) del sepolcro dei figli. Il motivo della trasformazione in pietra, passaggio graduale dalla vita alla morte, diviene il simbolo del ricongiungimento ultraterreno con i figli defunti. Questo verrà a costituire uno dei temi prediletti della produzione vascolare della seconda metà del IV secolo a.C., periodo in cui molto forte è la diffusione in Magna Grecia delle dottrine misteriche.

Dario Iacolina