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1375-1377

GIOVANNI DE’ BONSIGNORI, Ovidio Metamorphoseos vulgare, Lib. VI, cap. XXII-XXVII

Tratto da: Giovanni Bonsignori, Ovidio Metamorphoseos Vulgare, ed. a cura di E. Ardissimo, Commissione per i testi di lingua, Bologna 2001, pp. 309-314

De Niobe figliuola di Tantalo e di sua nazione. Capitulo XXII

Nella contrada dove venne la sopraditta maraviglia era una donna la quale, non ostante che conoscesse quella Aragnes, non se movea perciò per lo suo esempio ch’ella onorasse li dei; anche li spregiava, spezialmente la dea Latona, la quale era adorata dalli tebani, e credeva costei che li dii solo potessero infra di poveri e non infra li ricchi. Costei era chiamata Niobe ed era regina de Troia e de l’India, e fu figliuola de Tantalo, el quale era re in quelle contrade; ma dipo la morte de Tantalo se maritò ad Anfione, il quale fu figliuolo de Giove e de Ariope, come ditto è, el quale Afione era re de Teba perciò ch’elli l’avea edificata. Perciò che, avendo Cadmo edificata Tebe, se dice che Anfione li fece le mura dintorno, el quale Anfione sonando la cetira facea salire le pietre en su le mura. E perciò era Niobe regina de Teba ed era molto superba, e la cagione sì era perch’elli era regina ed anche per lo marito, che era lo più solenne maestro in citera che a quel tempo fosse, ed era figliuolo de Giove, ed avea molti regni, ed avea sette figliuoli ed altretante figliuole, e per questa grandezza spregiava Latona, credendo ancora essere più onorata de lei. E appressandose la festa de Latona, Manta, figliuola de Tiresia, cominciò a denunciare la festa per la città de Teba e dicea che la gente s’aparecchiasse a sacrificare alla dea Latona ed alli suoi figliuoli, cioè Apollo e Diana. Dice Virgilio che questa donna, chiamata Manta, fu quella che edificò Mantoa e de lei è così nominata.

 

Come Niobe commanda al popolo e come dispregia Latona. Capitulo XXIII

Tutti li tebani s’aparecchiavano per sacrificare a Latona e, andando al sacrificio, scontraruno Niobe con molta compagnia, la quale, vedendo andare la gente a sacrificare, disse: «Che furore è in voi, o pazzi, che li dii, li quali avete udito nominare, adorate? Non so’ io magiore che lla dea Latona? Io vi provo che sì, perciò ch’io so’ figliuola de Tantalo, el quale fu figliuolo de Giove, el quale esso solo ave la grazia d’essere in la compagnia delli dii. Adunque io so’ nipote de Giove e simelmente so’ figliuola de dea, perciò che Meropes, che fu figliuola de una dea delle Pleiades, delle figliuole de Atalante, m’ingenerò, dunque Atalante è mio avolo. Ancora io sono moglie de Anfione, figliuolo de Giove, dunque Giove è mio suocero e, appresso questo, tutti li tebani e tutti li troiani e tutti quelli de Meota sonno sotto la mia protezione. Ed appresso non so’ io ricchissima, che dove io aguardo sono le mie ricchezze? E so’ anche tanto bella che ben so’ degna d’essere deificata, e simelmente io ho XIV figliuoli, VII maschi e VII femmini! Ma chi serò io quando averò VII nuore e sette generi? In verità se voi guardarite a ogni cosa, voi trovarite bene ch’io sono degna de essere onorata ed adorata per dea. Ma come potete voi sacrificare a Latona? Non fu egli figliuola de Ceo gigante, lo quale fu fulminato e saettato da Giove? Non ve recordate voi che ella fu meretrice e Giuno la cacciò per tutto ‘l mondo, né non trovava né terra, né acqua, né aire dove ella potesse parturire, se non fosse che lla sua sorella se convertì in isola e quello luoco li prestò dov’ella parturìo doi figliuoli, ed io ne ho sette volte più de lei, onde io so’ aventurata e sempre sarò, chi pò questo negare? Io so’ tanto copiosa che, dato che la fortuna me fosse avversa, non me porrà tanto togliare che non me rimanesse assai; e simelmente se me togliesse uno o doi figliuoli, anco più me remarranno; io non posso giamai venire al numero de due sì come Latona, la quale è cieca e senza figliuoli respetto a me; ponete giù adunque questi sacrificii». Allora el populo pusero giù tutti quelli sacrifici.

 

Come Latona se lamenta de Niobe con Apollo e Diana. Capitulo XXIV

Non ostante che la gente per paura avesse posti giù quelli sacrificii, egli adoravano Latona devotamente in li cuori loro e, odendo questo, Latona fu indignata contra Niobe e subito se partì della città ed andò al monte Citereo, dove era Appollo e Diana, e così disse: «Non so’ io vostra madre, la quale so’ tanto per voi onorata con ciò sia cosa che voi sete el lume del mondo, e non debbia cedere a nullo dio se non a Iunone? O figliuoli se al presente voi non me succurrite io perdo la deità; né non me ne doglio tanto delli sacrificii, quanto della figliuola de Tantalo, el quale Tantalo è giudicato allo ‘nferno per lo suo favellare. E dicove che Niobbe me menaccia, e dice che lli suoi figliuoli sono più innanti che voi; e dice ch’io sono cieca de figliuoli, la qual cosa possa avvenire a llei. E volendoli pregare che de ciò fessero vendetta l’uno e l’altro respusero e disse: «Non dire piò, perciò che ‘l tuo lamentare porria troppo induziare la vendetta».

 

Come Apollo e Diana uccisero li sette figliuoli e lle sette figliuole de Niobe. Capitulo XXV

Ditto che ave questo, Appollo e Diana sì se censero li archi e li trocassi ed andarono per l’aire in una nuvela sopra la città de Teba, allora tutti li figliuoli de Niobe erano in uno campo fuora della città e tutti giocavano, quale a cavallo e quale a ppè. El primo, el quale era chiamato Ismeo, correndo a ccavallo per lo campo, era el primogenito, così correndo Appollo el saettò d’una saetta ennel petto, e gridando: «Guai a me», cade morto in terra. Udendo el secundo figliuolo, el quale avea nome Sipilo, questo fugì di quello luoco, sì come fa el marinaro dalla tempesta delli venti, e fugendo Appollo el sagettò nella bocca e subito cadde in terra morto. Li doi che seguitavano a questi, cioè Fedino e Tantalo, giocando insieme a ppè, Appollo mandò la saetta e ferìli nella gola e così cadero morti. El quinto, chiamato Alfenon, vedendo morti li fratelli e guardando a ciascheuno e piagnendo e basciando le ferite delli frategli, ecco Appollo gittò la saetta ed ucciselo. El sesto figliuolo, chiamato Damasifona, costui era giovane senza barba non tondito, Appollo el saettò nel ginocchio e, traendosi el giovane la saetta del ginocchio, Apollo sì ne trasse un’altra e diedeli nella gola e cadde morto in terra, L’ultimo, el quale avea nome Ilioneo, quando vide sì grande periculo, levò le braccia al cielo e pregava li dii che lli perdonassero; ma Appollo aveva già teso l’arco sì che non podé retenere, ma mandò la saetta lenta e così l’uccise. Ed in tal forma morierono li VII figliuoli de Niobe.

 

Come Diana uccise le sette figliuole de Niobe. Capitulo XXVI

Essendo costoro tutti morti, tutto el populo fu commosso a pianto e meravigliavanse come nelli dii fosse tanta potenza, ma el padre loro, udendo questo, andò per <vede>re e se uccise sé medesimo. Niobe ed anco le sue figliuole, odendo questo, andaro a quello luoco ed incominiciarono a basciare le loro ferite; e, facendo questo, Niobe destese le braccia al cielo e comenciò a dire: «O dea Latona crudele, ora te sazia del mio dolore ed in esso t’alegra perciò che ben se’ vincetrice ed io son la venta; tu non hai potuto tanto fare ch’io non sia più felice di te, che anco ho io sette figliole». E cossì dicendo ecco la dea Diana, e venne per l’aire e fo odito el sono del suo arco, di che tutta la gente ebe gran pagura, salvo Niobe, e sì mandò la sagetta ad una delle figliuole, la quale stava a piangere de sopra li corpi de li fratelli, e cossì cadi morta. E, volendo l’altra consolare la matre, fo subito morta de un’altra sagetta, e cossì tutte foro morta salvo che una, cioè la minore.

 

Come Niobe fo convertita in sasso. Capitulo XXVII

Morte le sei figliole de Niobe, la matre prese quella minore che era remasa e sì la nascose sotto alli soi panni e comenciò a ppregare la dea che le lasasse quella sola, e cossì preganno venne una sagetta ed occisela in suo grembo. Ma Niobe non poteva per lo dolore moverse né favellare, e non poteva altra fare che piagnere; e cossì stando, fo convertita in sasso, la quale, poi che fo cossì sassificata, quillo sasso anco piangeva. Allora venne uno vento e levò quillo sasso in aere e sì llo portò nella sua contrata sopra la cima de uno monte, ed anco è in quillo luoco, el quale sempre goma e piange. Ed essendo questo pubblicato per tutto ‘l mundo, onne gente venerava ed adorava la dea Latona.

 

Allegoria e vigesimaottava trasmutazione de Niobe. Segnata per HH

Per Niobe devemo intendere la superbia, ma vidiamo prima la verità de la istoria. Niobe fo reina sì como è ditto, e fo cossì lo vero che ella spregiava onne santità e voleva essere adorata per dea; e multe cose e signi li mostrò la potenza devina, aciò che ella se remutasse. E non revedendose, fo in quella contrata una grande mortalità per la quale morero tutti li soi figlioli. El re de ciò se posse tanto dolore che per quillo acquistò la morte, e perciò dice l’autore che illo stisso se uccise. La donna convenne che lasasse la signoria e tornò in sua contrata; l’autore dice che ella deventò sasso e ciò se intende che fo poi immutabile per lo dolore, ed anco, perché avea perduta la potenza, non operava niuna cosa. Moralmente potemo intendere per Niobe la superbia de la carne, ma perché avea sette figliole, in cui se delettava, intendi li sette organi del corpo; ciò sonno li pedi, le mano, la lengua, lo naso, li occhi. Per le sette figliole intendi le sette passione de quisti organi, cioè la fatica del pede, quella delle mane, lo mal parlare de la lingua, per la quale se acquista multa pena, el male odorare del naso, la crudeltà de li occhi con la indegnazione de’ sopraciglia. In questi organi ed in questi passione se deletta la superbia; ma per Anfione, suo marito, intendo lo delettamento de la carne, el quale ha li soi andamenti per li ditti organi, o vero per li ditti passioni delli organi. Per Latona intendi la religione, ne la quale stanno nascosi li religiosi, unde Latona è ditta quasi la<ti>tona; per Febo, suo figliolo, intendo la sapienza, perciò che Apollo fo dio de la sapienza e tanto è a dire Febo quanto che Apollo; per Diana se intende la castità perciò che lla sapienza e la castità, sonno figliole de la religione. Per Niobe, che spregiava Latone, intende la superbia de la carne, la quale è inimica de la religione e leva lo omo dal bon proposito, unde Latona, cioè la religione, chiama li soi figlioli, cioè la sapienza e la castità, e combatti con quelli organi e sì li vence. Poi vene la castità e vince tutte le passione de li organi; Anfione, che è morto da costoro, vene a dire in lengua greca “passione de carne” e dice che Niobe è mutata in sasso, ciò se intende che la carne deventa quasi come petra separata dalle sopraditte cose. Poi dice l’autore che quillo sasso sempre piange e gomma, ciò se intende: poi che la persona superba se reduce a contrizione de’ peccati, vene lo vento, cioè lo spirito divino, el quale la leva in alto e portala a la sumità de lo monte Parnaso, sì come è ditto.