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IV-V sec. d.C.

NONNO DI PANOPOLI, Le Dionisiache, II, 159-161; XII, 79-81; XIV, 269-271; XV, 374-375; XLVIII, 406-408, 424-425

Testo tratto da: Nonno di Panopoli, Le dionisiache, BUR, Milano 2003-2004, Libro II, pp. 201-203; Libro XII, p. 825; Libro XIV, p. 155; Libro XV, p. 221, Libro XLVIII, pp. 673-675

II, 159-161

Sarò anch’io una pietra, come Niobe, perché così i viandanti mi compiangerebbero, ormai pietra in lacrime come lei. Ma perché assumere la forma di una maledicente? Perdonami Latona, alla malora il nome di una ninfa che per le sue bestemmie rese i figli infelici.

 

XII, 79-81

Ed ecco Niobe ai piedi del Sipilo, roccia consapevole

che piange con lacrime di pietra tutti i suoi figli,

immoto simulacro di dolore.

 

XIV, 269-271

Il dio, seduto nel carro dai bei tralci,

costeggia il flutto del Sangrio, nel ventre della stessa frigia,

e la dolente catena rocciosa di Niobe impietrita (…).

 

XV, 374-375

Sul Sipilo là presso la roccia di Niobe gemette con le sue lacrime spontanee.

 

XLVIII, 406-408

Se una prolifica donna molesta la tua Latona,

un’altra Niobe di pietra pianga la discendenza:

che ci sarebbe di male se io facessi un’altra pietra sul Sipilo?

 

XLVIII, 424-425

Provo lo stesso dolore di una madre: come in Frigia Niobe ha offeso Latona che partorì dei gemelli (…).