I sec. a.C.
ANTIPATRO DI TESSALONICA, Antologia Palatina, VII, 530; XVI, 133
Testo tratto da: Antologia Palatina II Libri 7-8, a cura di F. M. Pontani, Einaudi, Torino 1979, p. 265; Antologia Palatina IV Libri 12-16, a cura di F. M. Pontani, Einaudi, Torino 1981, p. 327
VII, 530
Troppo parlai. Nocchiero dei morti, me sola coi figli
prendi! Ciurma bastevole i Tantalidi.
Empie quest’unico grembo la barca: i mie figli, le figlie,
prede di Febo e Artemide, rimira!
XVI, 133
Donna, ché levi all’Olimpo la mano sfrontata, calando
dall’empio capo un’invasata chioma?
Ora, mirando di Leto la collera, madre feconda,
piangi l’amara dissennata sfida!
Questa tua figlia sussulta da presso, ed esanime quella
giace, e sull’altra grave sorte pende.
E non è questa la fine, per te, dei travagli: disteso
è lo sciame dei maschi morti, al suolo.
Dopo il corrotto sul tuo nascimento, un’inanime pietra,
Niobe, dal lutto logora, sarai.