25: Pallade e Aracne

Titolo dell'opera: Aracne e Minerva

Autore: Prospero Fontana (1512-1597)

Datazione: 1543-1550/51

Collocazione: Roma, Palazzo Stati-Cenci, piano nobile, Salotto, fregio

Committenza: Cristoforo Stati

Tipologia: dipinto murario

Tecnica: affresco

Soggetto principale: Minerva, in piedi davanti al telaio, tiene in mano una verga; Aracne, al telaio, accenna un movimento verso la dèa; di spalle una donna seduta per terra

Soggetto secondario: putti laterali

Personaggi: Aracne, Minerva, donna

Attributi: telaio (Aracne)

Contesto: interno con un telaio

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini:

Bibliografia: Pericoli Ridolfini C., Palazzo Stati-Cenci-Maccarani di Brazzà, in Guide Rionali di Roma, Rione VIII, S. Eustachio, parte III, Fratelli Palombi Editori, Roma 1984, pp. 94-100; Quinterno F., Il profilo storico di Palazzo Cenci, in Palazzo Cenci, Palazzo Giustiniani, Editalia, Roma, 1984, pp. 33-60; Magnanimi G., Gli affreschi di Palazzo Cenci, in Palazzo Cenci, Palazzo Giustiniani, Editalia, Roma, 1984, pp. 61-69; Cieri Via C., L’arte delle Metamorfosi. Decorazioni mitologiche nel Cinquecento, Lithos, Roma 2003, pp. 291-292.

Annotazioni redazionali: il Palazzo Stati Cenci (oggi Palazzo Maccarani), edificato nel rione di Sant’Eustachio dall’antica famiglia romana degli Stati Tomarozzi, fu ristrutturato tra il 1519 e il 1524, per volere di Cristoforo Stati, da Giulio Romano (ca.1499-1546); l’attribuzione del progetto all’architetto romano si basa su una testimonianza del Vasari. Il palazzo fu venduto ai Cenci nel 1561 da Cesare Stati. Secondo Giuseppina Magnanimi, la decorazione degli interni risale al periodo che va tra il 1543 (anno del secondo matrimonio di Cristoforo Stati con Quintilia Peruzzi Albertoni) e il 1550-51 (anno della morte del committente), ed è da attribuire a Perin del Vaga e alla sua bottega. In un recente articolo del 1999, De Jong ha messo in discussione la committenza, la cronologia e l’attribuzione tradizionale del ciclo di affreschi: basandosi sull’analisi del fregio della Sala Grande, in cui sono raffigurate le Storie di Cesare, egli sostiene che il committente non sia Cristoforo, bensì Cesare Stati, e che pertanto la paternità degli affreschi non può essere assegnata a Perin del Vaga, morto nel 1547, ma a Prospero Fontana e Luzio Romano. A favore di questa nuova attribuzione rimane l’analisi stilistica che fece a suo tempo la Magnanimi, la quale concludeva che, oltre al programma generale, si potevano effettivamente attribuire a Perino solo pochi nudi ed alcune grottesche, mentre per la maggior parte delle decorazioni avanzava i nomi di Luzio Romano e Prospero Fontana. Nel salotto del piano nobile, lungo le pareti corre un fregio, incorniciato da putti e festoni, dove sono raffigurati vari episodi tratti dalle Metamorfosi e dai Fasti di Ovidio; esso viene tradizionalmente chiamato “Fregio degli Amorosi diletti degli dèi”. Tra le storie raffigurate ricordiamo: Mercurio e Aglauro, Le figlie di Cecrope ricercano Aglauro, Ercole e Onfale, Minerva e Aracne, Venere e Psiche, La contesa tra le Pieridi e le Muse, Giove e Danae, Marte e Venere. Nella porzione di fregio con il mito di Aracne, Minerva è raffigurata in piedi con una verga in mano; la dèa non è caratterizzata dagli attributi tradizionali, ma indossa una veste più ricca rispetto a quella dell’umile tessitrice, seduta al telaio. Questa sembra muoversi in direzione di Minerva, sollevando un braccio come per difendersi (anche se in realtà la postura della dèa ha ben poco di minaccioso). China in terra una donna, probabilmente un’aiutante di Aracne, osserva la scena.

Chiara Mataloni