Arafr02

1522

NICCOLÒ  degli AGOSTINI, Tutti li libri de Ovidio Metamorphoseos tradutti dal litteral in verso vulgar con le sue allegorie in prosa, Stampato in Venetia per Iacomo da Leco a in stantia de Nicolò Zoppino e Vincentio di Pollo, 1522, Libro VI

 

Dove dice De Aragnie et Pallas

Havendo Pallas la question udita

Di Caliope a Urania recitare

Si penso come dea saggia, e gradita

Di volersi di aragnie vendicare

Era costei chio dico tanto ardita

Ch’a la dea non si vuolse consacrare

Sendo com’era in larte de la lana

Mastra sopra ogni mastra altra, e soprana

 

Coresta Aragnie fu figlia de anione

Chera se nol sapete di colonia

E per che ogniun in gran veneratione

Aveva Pallas, lei se ne ramnpognia

Ne vuolse mai per alcuna cagione

Come colei chel reputa vergognia

Inchinarseli, et farseli fuggietta

Anzi sprezzava ognihor la diva eletta

 

Le nimphe andavan spesso da costei

E li dicevan con dolce parlare

Perche tanto malignia, e strana sei

Contra la dea sapendo lavorare

Senza alcun dubbio si ben come lei

Che questa gratia t’ha voluta dare

Ella il negava, et beffe si facea

Di haver larre acquistata da la dea

 

Udendo Pallas come la sprezzava

Aragnie, verso lei fu incrudelita

Et in una vecchiarella si cangiava

Che pareva da gli anni impallidita

Et senza indugia a quella senandava

E la riprese con voce gradita

De la sua maledetta ostinatione

Per trarla dogni strana opinione

 

E disse a lei ben ch’ogni vecchia sia

Cagion de molti inconvenienti strani

Pur hanno in lor senza dir la bugia

Saggi consigli, et molti giesti umani

Per lunga esperienza, et fantasia

Et fanno a li bisogni, e piedi, et mani

E lingua, e bocca, in modo adoperare

Che mille aspre sciagure pon schiffare

 

Io ho sentito dir per prova certa

Senza arrecarti qui menzogna alcuna

Che sei ne larte tua cotanto esperta

Che un altra a te non e sotto la luna

Ma vedo che non poi tener coperta

Come ti sforza la crudel fortuna

La mala volontade e lodio c’hai

Verso di Pallas che di cio mal fai

 

Per questo ti consiglio se gli e vero

Che tu gli vogli mal figluola cara

Che con lei placchi il tuo strano pensero

Perche da quella ogni altra opra se impara

Scoprili senza erroro tuo cor intiero

E tienila per dea sacra, e preclara

Misericordia chiedi del tuo errore

Al misericordioso tuo valore

 

Aragnie udendo fu molto turbbata

Et lasso star di far il suo lavoro

Poi ne la faccia lhebbe remirata

Per dar a quella diva acro martoro

A laqual disse ahi rea vecchia insensata

Sei pazza per gli dei chin terra adoro,

glie piu che vero il detto de la giente

che la vecchiezza e cieca veramente

 

Io non mi curo de li tuoi consigli

Che da mestessa consigliar saprommi

Vardati da schiffar gli tuoi perigli

Che schiffarmi da i miei ben guarderommi

E se adietro la strata non repigli

Vedrai che qui con te coroccierommi

Perche do tanta fede a tue parole

Quanto a quel che parlar non me ne suole

 

Se Pallas ha penser desser megliore

Mastra ne larte mia di quel son io

Vegni qui al paragon che senza errore

Li faro veder meglio il saper mio

Rispose Pallas con ardito core

La ne verra, per che la nha disio

Di appareggiar col tuo suo bellavoro

Et poi lassarti con doppio martoro

 

Poi ch di Aragnie Pallas fue partita

Ne la sua propia effigie si muroe

E a quella come dea somma, et gradita

In brevissimo spatio ritornoe

Era la turba de le nimphe unita

Gia con Aragnie quando ella nandoe

Et lhonorato con sembianza grata

Salvo che Aragnie tanto turbbata

 

Come fu Pallas dimorata alquanto

Avendo Aragnie gia disposta lira

Per farli ritornar in grave pianto

Quel che detto gli havea verso essa tira

E disse poi che mi dispregi tanto

Forza e che la mia mente ne sospira

E che mi doglia del mio mal volere

Facendoti con lopra il ver vedere

 

Aragnie gli rispose sei venuta

Meco a parlar, o pur a dimostrare

Se sei ne larte del tesser saputa

Com’io che vo con teco constrare

Si disse Pallas se Giove mi agiuta

Cosi se miser senza dimorare

Sul suo telaro ognuna per far prova

Chi opra fara di lor piu bella, et nova

 

Le necessarie cose apparecchiaro

Per dar principio a la novella inchiesta

E se cinser gli panni, e al suo telaro

Nando ciascuna, per far manifesta

La sua virtu con qualche lavor raro

Dove la dea con man veloce, et presta

Comincio a tesser la sua vaga tela

Ponendo larte in lei che in lei si cela

 

Tela Di Pallade

Prima vi mise nel capo di quella

La vittoria la qual con Nettun hebbe

Quando Cecrope con sua voglia sella

Vuolse con duol che dir non si potrebbe

Par nome a la citta di Athene bella

Il che a ciascun di lei molto rincrebbe

E diseser dal ciel per dipartire

Infra Nettuno et lei gli sdegni, et lire

 

Et fece poi come Nettun percosse

Con la verga la terra, de la quale

Usci’ caval ben che miracol fosse

A uscir di quella un simile animale

Poi come anchora lei deliberosse

Percuoterla, e dar fino a tanto male

Di la qual ne usci fuor la verde oliva

Che de vittoria incororo la diva

 

Et come lei sol per questa vittoria

A la cittade pose nome Athene

E questo vuolse far per piu sua gloria

E per mostrar che al fin si trova in pene

Chi acquostar vol co(n) lei fasto, et memoria

Che se Nettun ch’e Dio riuscir in bene

Non puote seco, peggio riuscire

Ne porra Aragnie, col suo folle ardire.

(…)

 

Di Aragnie Mutata In Ragno

E vedendo Pallas lopra tanto bella

di aragnie cominciola a lodar molto

ma perche sol havea tessuto in ella

gli errori degli dei turbassi in volto

e con la frugoletta diede a quella

tre, e quattro fiate con furor disciolto

sopra il capo di Aragnie ladirata

Pallas, dilche lei fu forte crucciata

 

E perche non potrei vendetta fare

Verso la dea con voglie afflitte, et grame

La miserella senza dimorare

Subitamente in man prese un legame

Con il qual poi si corse ad impiccare

Ma Pallas che lastutia de le dame

Conosce, disse tu non morirai

Ma cosi impesa viva rimarai

 

Poi senando si come avesse sali

A tor un herba la qual vien chiamata

Acarridotio, ne iregni infernali

Da Proserpina quella diva ornata

Et ne fe sugo, et per quietar suoi mali

Corse ad Aragnie la disconsolata

E gliunse il naso, e nel ventre gonfiolla

E convertita in ragno indi lassolla

 

Questa e la causa che si sotilmente

Tutti li ragni le lor tele fanno

Et come sono fatte incontinente

Sempre appiccicati a quelle sene stanno

Ma quando questa cosa fra la giente

De Libbia sparta fu con molto affanno

Gli dei comincior tutti a venerare

Meglio di quel che gia soleano fare.

 

Allegoria Di Aragnie

La allegoria della presenta fabula e questa. Prima per Pallas se intende lhomo et la donna savia  per esser dedicata alla sapientia et perche nella sua tela pose la virtu degli Dei. Se intende che lhomo savio sempre orde et tesse con lingegnio di far opera nella sua tela idest nella sua mente che sia grata a Dio et utile alle gienti; per Aragnie se intende la sensualita nostra che di continuo combatte con la ragione, cioe con la sapientia che e Pallas, dalla quale nella fine resta vinta, et conversa in ragnio, che sono animali che fanno le opere loro tanto deboli et frali, che ogni poco de sinistro le guasta, a denotare chel peccato si fonda sopra uno fragil giaccio, et la virtu in uno saldo et durissimo adamante che mai per tempo alcuno mancar si vede.