
Titolo dell'opera: Geta e Birria
Autore: Apollonio di Giovanni (?), Maso Finiguerra(?)
Datazione: metà del XV d.C.
Collocazione: Firenze, Biblioteca Nazionale, ms. Magl. XXI, 87
Committenza:
Tipologia: disegno
Tecnica: penna, chiaroscuro ottenuto mediante acquerellature grigie
Soggetto principale: in alto a sinistra:Anfitrione e Alcmena (sopra), i servi di Anfitrione, Geta e Birria (in basso); al centro in alto: Geta prende a sassate Birria (in alto), colloquio tra Geta e Arcas (in basso); in alto a destra Anfitrione, Geta e Birria armati (in alto), partenza di Giove e Arcas (in basso); in basso al centro: partenza di Anfitrione
Soggetto secondario:
Personaggi: Alcmena, Anfitrione, Arcas, Birria, Geta, Giove
Attributi: in basso al centro: barba, cappello ampio, nave (Anfitrione); fiaschetta di vino (Birria)
Contesto:
Precedenti:
Derivazioni:
Immagini:
Bibliografia: Giorgi A., Dall'Amphitruo plautino al Geta di Vitalis Blesensis, in "Dioniso", XXXV, n°3-4, 1961; Di Domenico A., Il "Cantare di Geta e di Birria" visualizzato (e un ritratto del burchiello) nelle illustrazioni di un codice magliabechiano, in pp. 123-130
Annotazioni redazionali: il magliabechiano XXI della Biblioteca Nazionale di Firenze è un codice cartaceo composito risultante dall'unione di tre codici. Il secondo codice composto da quattro quinterni contiene il cantare Geta e Birria, con otto disegni a penna. I cantari erano dei libretti che i cantastorie cercavano di vendere dopo ogni esibizione. In generale i cantastorie non hanno una preparazione tale da poter trasportare in versi l'originale testo classico e sono costretti a rifarsi a dei volgarizzamenti. Il Geta e Birria dipende da una commedia elegiaca del XII secolo, Geta, di Vitale di Blois. Di Vitale si sa ben poco, fu l'iniziatore di un nuovo genere comico che manteneva da un parte il modello classico dall'altro sulla scorta dei fablieux introdusse elementi nuovi quali la commistione della narrazione con il dialogo e una nuova spregiudicatezza legata alla nuova società. L'ispirazione dell'opera di Vitale è l'Amphitruo di Plauto (alcfc10). Giove approfittando dell'assenza di Anfitrione che studia ad Atene, prende le sue sembianze per introdursi in casa e sedurre Alcmena. Lo segue Archas-Mercurio, trasformato in Geta, servo di Anfitrione, Alcmena fa abbellire la casa e manda al porto il pigro servo Birria per assicurarsi della verità della notizia, mentre Giove e Arcas si presentano al palazzo di Alcmena. Lungo il cammino Birria vede Geta mandato innanzi da Anfitrione, con un carico di libri. Per evitare di portare anche quel bagaglio, Birria si nasconde in una grotta pensando di non essere stato visto da Geta. Ma il servo l'ha visto e si ferma proprio davanti alla grotta monologando sulle cognizioni filosofiche apprese ad Atene. Ad un certo punto fingendo di aver visto un coniglio comincia a tirare sassi verso Birria, che è costretto ad uscire dal nascondiglio e prendere i bagagli(disegno al centro in alto). Geta continua il sua cammino ed arriva alla porta del palazzo ma qui la porta è sbarrata. Da dentro Archas gli proibisce di entrare e gli ordina di andarsene(disegno in basso al centro). Geta rimane impressionato dalla somiglianza della voce e si chiede se un altro oltre lui possa essere Geta. Così dopo aver fatto altre domande riguardanti il suo aspetto fisico e morale conclude "quisquis is est, Geta est, sumque ego talis". Ritorna al porto e racconta l'accaduto ad Anfitrione, il quale però pensa ad un tradimento e si arma(disegno in alto a destra). Anfitrione, Geta e Birria entrano armati nel palazzo, Alcmena riesce a calmare il marito ricorrendo all'espediente del sogno e su una battuta di Birria si conclude l'opera. Il Geta e Birria è uno dei primi esempi di satira contro la cultura tradizionalista, "è un volgarizzamento di ottave fresche e gustosissime" ed ebbe come il suo predecessore , immensa fortuna.Adriana di Domenico afferma, a proposito dei disegni: " quando Degenhart e la Schimtt inquadrano i disegni in quella tendenza dello stile illustrativo fiorentino che dal Dante della Riccardiana (1028) arriva fino alla Teseida della Biblioteca nazionale. Illuminanti le attribuzioni relative ai codici citati: il Dante riccardiano è collocato tra alcuni disegni del Baldovinetti(due dei quali successivamente assegnati a Maso Finiguerra)e il Virgilio Riccardiano di Apollonio di Giovanni". La studiosa in un primo momento era propensa all'attribuzione di Apollonio di Giovanni, poi verso Maso Finiguerra. Nel disegno con la partenza di Anfitrione( immagine grande sottostante) la studiosa ha riscontrato una grande vicinanza con l'opera di Apollonio di Giovanni sia nel modo di porre i personaggi, sia nella raffigurazione della nave. Conclude la studiosa "il rigoroso linguaggio grafico del Finiguerra è volto alla traduzione visiva dei momenti salienti di un testo caro, come già il Decameron, ad un pubblico boghese-mercantile, trovando pertanto consonanze con il tardo-gotico profano dei cassoni e di Apollonio di Giovanni.
Giovanna La Padula