1535 d. C.
Leone Ebreo, Dialoghi d'amore, 1535
(a cura di Santino Caramella, Laterza, Bari, 1929)
De la comunità d'amore, Il Mito della Cosmogonia
pp.127-128
FILONE: La finzione è che Giove s'innamorò di Alcumena e usò con lei la forma d'Anfitrione suo marito, e di lei nacque Ercole; e tu sai che Ercole appresso li greci vuol dire uomo dignissimo ed eccellente in virtù, e questi tali nascono le di donne ben complessionate, belle e buone, come fu Alcmena che fu onesta e formosa amatrice del suo marito; delle quali donne si suole innamorare Giove e influisce in quelle le sue ioviali virtù, in modo che concepiscano principalmente di esso Giove. E suo marito è quasi strumento de la concezione, e questo vuol dire che il seme di Anfitrione, se non fussi la virtù e influenzia di Giove, non era degno a poter generare di quella Ercule, il quale per le sue divine virtù, participate da Iove fu vero figliuolo di Giove e figuralmente, o strumentalmente, di Amfitrione: e così s'intende di tutti gli uomini eccellenti, che si possono chiamare Erculi, come quello chiarissimo figliuolo di Alcumena.