Fra il 1350 e il 1360 d.C.
Boccaccio, Genealogie Deorum Gentilium
Libro Primo, IX, 1 - 6
Dice Paolo che Notte fu figlia della Terra, da padre incerto. Di essa scrive Pronapide nel Prothocosmus questa favola. Fu amata dal pastore Fanete. Quando questi la chiese in sposa (poiché la madre voleva appunto sposarla) Notte rispose che non lo conosceva, né mai lo aveva visto, ma che aveva sentito che aveva costumi diversi dai suoi; e che perciò preferiva morire che sposarlo. Sdegnatosi Fanete, e, da amante divenuto nemico, mentre la inseguiva per ucciderla, Notte si congiunse con Erebo, non osando apparire d'era Fanete. Dice inoltre Teodonzio che a lei fu concessa da Giove la quadriga, perché lo aveva favorito, quando, prima del giorno, si univa con Alcmena. Inoltre, per quanto fosse oscura, la ornarono con una veste dipinta. E, a sua lode, e per mostrarne in parte gli effetti, Stazio nella Thebais cantò questi versi: "O Notte, che, ammantando il travaglio della terra e del cielo, trasporti gli astri luminosi in corso errante e, benigna, ristori l'anima sino a quando il sole, sorgendo, non infonda agli stanchi esseri umani un pronto risveglio" ecc. Ma ora vediamo che verità le favole coprano. Dicono dunque anzitutto che Notte fu figlia della Terra senza un padre conosciuto: e io credo che ciò sia stato detto perché la terra, con la densità del suo corpo, opera in modo che i raggi del sole non possano penetrare nella parte opposta. E così, prodotta dalla terra, si forma un'ombra grande, per quanto spazio è occupato da metà del suo corpo. Quest'ombra è detta notte, non causata da altro motivo, è chiamata soltanto figlia della Terra, senza un padre conosciuto. Che poi sia stata amata dal pastore Fanete, penso debba intendersi nel seguente modo. Io credo che Fanete sia il sole e che sia detto pastore perché, per opera di esso, si nutrono tutti gli esseri viventi. Il fatto poi che abbia amato Notte, credo sia astato immaginato perché, quasi desiderando vedere la sua amata, la segue in rapido corso e sembra appetire di congiungersi con essa. ma quella rifiuta e fugge con passo non meno veloce di quanto egli la insegua. Sole e Notte hanno poi funzioni diverse. Il sole illumina, la notte porta oscurità; e dice Pronapide, non senza motivo, che morrebbe se si congiungesse a lui, poiché il Sole con la sua luce dissolve ogni oscurità; e così si fa sua nemica. Poi Notte si congiunge con Erebo, cioè l'inferno. In esso mai penetrano i raggi del sole e perciò Notte vi prospera e siede sicura. La favola manifesta anche il fatto che essa prestò aiuto a Giove; come appare dall'Amphitruo di Plauto. Essendosi Giove avvicinato ad Alcmena nell'ora dell'alba, Notte, per servirlo, durò a lungo, come se fosse cominciata al crepuscolo notturno; e meritò il premio di una quadriga, nella quale io intendo il giro continuo che essa fa attorno alla terra.
Libro Dodicesimo
XXVIII
Alcmena -come dice Lattanzio - fu figlia di Elettrione. Lo attesta anche Plauto nell'Amphitruo dicendo: "Egli è sposato con Alcmena, figlia di Elettrione". Questa, come ivi dice Plauto, sposò Anfitrione tebano; e fu amata da Giove e, sotto le forme del marito Anfitrione, fu da lui violentata e generò Ercole, come si dirà in appresso, dove più ampiamente si tratterà di lui.
XXX
Anfitrione, come dice Paolo, fu figlio di Alceo, insigne uomo d'armi, come mostra Plauto nella commedia Amphitruo. Sua moglie fu Alcmena, e con essa viveva in Tebe, dove, mentre faceva guerra per i Tebani contro i Telebei, Giove, sotto le di lui specie, stuprò Alcmena e da essa ebbe Ercole. Anfitrione poi, con lo stesso parto, ebbe da lei Ificleo. Pare inoltre a Plinio nella Naturalis Historia che Anfitrione per primo abbia interpretato i prodigi e i sogni.
Libro Tredicesimo, I, 1
Ercole - come scrive Plauto nell'Amphitruo - fu figlio di Giove e di Alcmena. Costei. come alcuni vogliono, sposò Anfitrione con questo patto, che vendicasse la morte di suo fratello, ucciso dai Teleboi. Mentre Anfitrione conduceva questa spedizione contro di essi - come dice Plauto, sopra citato - Giove, invaghitosi di Alcmena, all'alba prese le sembianze di Anfitrione (che era in guerra) e si avvicinò a lei, come se ritornasse dal campo. Ella lo credette suo marito e giacque con lui. da quel concubito, sebbene già fosse resa incinta da Anfitrione, concepì, e vogliono che a quel concepimento non sia bastata una sola notte, anzi dicono che fu concesso a Giove adultero lo spazio di folleggiare per tre notti congiunte in una, come scrive Lucano: "La tebana Alcmena: mentre la possedeva, il rettore del cielo aveva ordinato a Lucifero di essere tre volte Espero" ecc. E così, al tempo giusto, partorì due gemelli, Ificleo, dal marito Anfitrione, e Ercole, da Giove...
...Credo poi che la triplice notte attribuita al suo concepimento sia stata desunta dalle opere umane; infatti non in breve tempo completiamo la costruzione di grandi edifici, come potremmo fare per le piccole case dei poveri; e perciò, come se la natura impiegasse grande tempo e fatica per la produzione di grandi uomini, mentre per la nascita di altri sembra bastare una sola notte, tre ne furono concesse per Ercole, che doveva superare tutti gli altri. Che poi