Inizio sec. VI a.C.
Esiodo, Catalogo delle donne, III - IV
91, vv. 20 -23
...così la sola Alcmena rimase come
conforto ai genitori, la figlia di Lisidice e del magnanimo
Elettrione ...(ed ella soggiacendo all'amore) del Cronide dal
nero nembo (generò a lui la possa di Eracle).
93, vv. 1 - 57
O quale, avendo abbandonato le case e la patria
terra, giunse a Tebe, a seguito del bellicoso Anfitrione,
Alcmena, la figlia di Elettrione incitatore di popoli. Ella
invero si distingueva in mezzo alla stirpe delle donne delicate,
per aspetto e prestanza; e per senno nessuna poteva gareg-
giare con lei, fra quante fanciulle generarono donne mortali
unite in amore con uomini mortali. E dal suo capo e dalle
scure ciglia emanava un effluvio, come quello di Afrodite
ricca di oro. ella in tal modo venerava nell'animo suo lo
sposo, come mai lo venerò alcuna delle donne soavi. Eppure
egli le aveva ucciso il valoroso genitore, vincendolo con la
sua forza, essendo adirato a causa dei buoi; quindi, avendo
lasciato la patria terra, egli era giunto a Tebe a supplicare
i Cadmei armati di scudo. Quivi egli abitava le sue case con
la consorte diletta, ma separato da lei, senza l'amore strug-
gente; né a lui era lecito ascendere al talamo della Elettrio-
nide dalle belle caviglie, prima di aver vendicato l'uccisione
dei valorosi fratelli della sua sposa ed aver bruciato col fuoco
divorante i villaggi degli eroi Tafii e dei Teleboi. Così infatti
egli s'era impegnato, e gli dei ne eran testimoni; ed egli
ne temeva lo sdegno, e si affrettava a compiere al più presto
la grande impresa, la quale gli era assegnata da Zeus. Ed
insieme con lui, bramosi di guerra e di mischia, andavano
i Beoti domatori di cavalli, spiranti coraggio al di sopra
degli scudi, ed i Locri che combatton corpo a corpo, ed
i Focesi magnanimi: li comandava il prode figlio di Alceo,
fiero della sua gente. Ma il padre degli uomini e degli dei
un altro pensiero tramava nella sua mente: come far nascere
un difensore dal male per gli dei e per gli uomini che si
nutron del pane. Ed egli balzò giù dall'Olimpo, macchinando
un inganno nel fondo dell'animo, desiderando ardentemente
l'amore della donna dalla bella cintura, durante la notte;
ben presto raggiunse il Tifaonio, e di là quindi salì sulla
vetta del Ficio il saggio Zeus. Quivi assiso egli meditava
una mirabile impresa nell'animo suo: ché nella stessa notte
egli si unì nell'amore e nel talamo con la Elettrionide dalle
belle caviglie e compì il suo desiderio; nella stessa notte Anfi-
trione, incitatore di popoli, eroe illustre, compiuta la grande
impresa giunse alla sua casa, e non si avviò per andare a
trovare i suoi servi ed i pastori della campagna, prima di
salire sul talamo della sua sposa: tal desiderio infatti pos-
sedeva il cuore di quel pastore di popoli! E come quando
un uomo riesce a sfuggire con gioia un malanno, o di un
grave morbo ovvero di dure catene, così allora invero Anfi-
trione, condotta al termine la dura impresa, raggiungeva
con gioia e piacere la propria casa. Per tutta la notte egli
giacque con la sua sposa diletta, godendo dei doni di Afro-
dite ricca di oro. Ed ella, soggiacendo all'amore del dio,
e di quell'uomo davvero eccellente, generò due figli gemelli
in Tebe dalle sette porte, per nulla simili nell'animo ... eppure
erano fratelli! ... L'uno era inferiore; l'altro eroe, di molto
più grande, terribile e valoroso, la possa di Eracle: questo
ella ebbe, soggiacendo all'amore del Cronide dal nero nembo,
quello, cioè Ificle, soggiacendo all'amore di Anfitrione agi-
tatore di popoli. Stirpe ben diversa! L'uno, essendosi unita
ad un uomo mortale; l'altro, a Zeus Cronide, duce di tutti
gli dei.