66: Apollo e Marsia

Titolo dell’opera: Lo scorticamento di Marsia

Autore: Giovanni Francesco Barbieri, detto il Guercino (1591-1666)

Datazione: 1618

Collocazione: Firenze, Palazzo Pitti, Galleria Palatina

Committenza: Cosimo II de’ Medici, Granduca di Toscana (1590-1621)

Tipologia: dipinto

Tecnica: olio su tela (185 x 200 cm)

Soggetto principale: Apollo scortica Marsia

Soggetto secondario: due pastori assistono al supplizio

Personaggi: Apollo, Marsia, pastori

Attributi: lira da braccio, coltello (Apollo); zampe caprine, barba (Marsia)

Contesto: scena notturna all’aperto

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini:

Bibliografia: Bernstock J.E., Guercino's Et in Arcadia ego and Apollo flaying Marsyas, in "Studies in iconography”, 11, 1987, pp. 137-183; Giovanni Francesco Barbieri, Il Guercino 1591-1666, a cura di Sir Denis Mahon, Cassa di Risparmio di Cento, 1991, pp. 94-98; Stone D.M., Guercino. Catalogo completo dei dipinti, Cantini, Firenze 1991, p. 66; Guercino. Poesia e sentimento nella pittura del ‘600, a cura di Mahon D., Pulini M., Sgarbi V., catalogo della mostra (Roma 2004), De Agostini, 2003, pp. 150-151

Annotazioni redazionali: grazie al Malvasia, sappiamo che il dipinto fu eseguito dal Guercino nel 1618 per il Granduca di Toscana Cosimo II. L’artista sceglie di rappresentare il momento finale e più tragico del mito, quello della punizione di Marsia; nonostante la drammaticità della scena, che vede il satiro sdraiato in terra con le braccia immobilizzate che tenta inutilmente di dimenarsi, mentre Apollo – di spalle e con la testa circondata da una sorta di aureola luminosa a ricordarci il suo ruolo di dio solare – trattenendolo per una zampa e puntandogli un piede sul ventre, lo minaccia con un coltello, l’atmosfera generale appare come rallentata e di conseguenza mitigata (Stone, 1991). Appesa in primo piano e illuminata dal chiaro di luna troviamo una lira da braccio, a ricordare la contesa musicale avvenuta tra i due e quindi il motivo della terribile punizione subita da Marsia. Sulla sinistra compaiono i profili di due pastori che osservano pensosi la scena. Questo particolare, che trova giustificazione nelle fonti classiche e in particolare nei versi ovidiani, ha consentito alla critica di collegare il dipinto fiorentino con la celeberrima tela conservata nella Galleria d’Arte Antica di Palazzo Barberini a Roma, Et in Arcadia Ego (http://www.italica.rai.it/immagini/arte/guercino2/gr2.jpg). L’ipotesi di Denis Mahon è che il dipinto di Roma fosse inizialmente un bozzetto di studio per le figure dei due pastori nella tela commissionata dal Granduca, e che solo in un secondo momento Guercino lo modificò per poterlo vendere; ai due pastori, aggiunse il teschio e l’iscrizione sulla destra, facendo del bozzetto un dipinto a contenuto moralistico con  il tema del memento mori. Come osserva Massimo Pulini (2003, p. 151), “la geniale soluzione trovata da Guercino non allontana totalmente il secondo quadro dal pensiero concettuale del primo. Già l’atroce e ingiusta pena inflitta da Apollo a Marsia era palese dimostrazione di un’inesorabile perdita dell’idillio nel paradiso arcadico”, concetto palesato nell’iscrizione del dipinto romano.

Chiara Mataloni