60: Apollo e Marsia

Titolo dell’opera: Apollo, Marsia e il giudizio di Mida

Autore: Melchior Meier (attivo tra il 1572 e il 1582)

Datazione: 1581

Collocazione: New York, Metropolitan Museum of Art (un’altra stampa è conservata agli Uffizi di Firenze)

Committenza: Francesco I de’ Medici (1541-1587)

Tipologia: incisione

Tecnica: acquaforte con ombreggiature a pennello e matita (22.9 x 31.3 cm)

Soggetto principale: Apollo mostra a un gruppo di personaggi, tra cui Mida, la pelle di Marsia

Soggetto secondario: Marsia è riverso a terra, morto; sullo sfondo a sinistra un gruppo di satiri si dispera

Personaggi: Apollo, Marsia, Mida, satiri, Tmolo (?), gendarme romano

Attributi: corona d’alloro, lira da braccio, coltello (Apollo); flauto, orecchie a punta, barba, albero (Marsia); corona, orecchie d’asino (Mida); corna, barba (satiri); corna di felci (Tmolo?)

Contesto: scena all’aperto

Precedenti:

Derivazioni: M.F., Apollo, Marsia e il giudizio di Mida, acquaforte, New Haven Yale Medical Library

Immagini: http://www.metmuseum.org/toah/hd/poet/hod_41.1.210.htm

Bibliografia: Meyer A.W., Wirt S.K., The Amuscan Illustrations, in “Bulletin of the History of Medicine”, 1943, 14, pp. 667-687; Wells L.H., A note on the Valverde muscle-man, in “Medical History”, III, pp. 212-214; Wells L.H., The ‘M.F.’ engraving and the Valverde muscle-man: a correction, in “Medical History”, 1961, 5, p. 197; T.W.T, Apollo Flaying Marsyas, in “Journal of the History of Medicine”, aprile, 1962, pp. 308-309; Price Amerson L., Marco d'Agrate's San Bartolomeo: an introduction to some problems, in Il Duomo di Milano, congresso internazionale, a cura di Gatti Perer M.L., Edizioni La Rete, Milano 1969, pp. 189-206; Holman B., Verrocchio's Marsyas and Renaissance anatomy, in “Marsyas: studies in the history of art”, 19, 1977/1978, pp. 1-10; Rapp J., Ein Meisterstich der Florentiner Spätrenaissance entsteht. Bemerkungen zum Probedruck mit Vorzeichnungen für Melchior Meiers Kupferstich Apollo mit dem geschundenen Marsyas und das Urteil des Midas  in den Uffizien, in “Bruckmanns Pantheon”, 43, 1985, pp. 61-70; Cavazzini P., The Porta Virtutis and Federigo Zuccari's expulsion from the papal states : an unjust conviction?, in “Römisches Jahrbuch der Bibliotheca Hertziana”, 25, 1989, pp. 167-177

Annotazioni redazionali: quest’acquaforte, opera del tedesco Melchior Meier, ­incisore svizzero-tedesco attivo in Italia tra il 1577 e il 1582, fu realizzata nel 1581 e dedicata a Francesco I de’ Medici. Esistono almeno due tirature dell’opera, conservate a New York e a Firenze. Il soggetto rappresentato nell’incisione fonde gli elementi di due miti narrati nelle Metamorfosi di Ovidio, la contesa musicale tra Apollo e Marsia e il Giudizio di Mida. Al centro della composizione troviamo Apollo che, con il capo coronato d’alloro in simbolo di vittoria, tiene in una mano un coltello e nell’altra la pelle che ha strappato via dal corpo di Marsia. Questi è riverso in terra in una posa piuttosto innaturale, ormai privo di vita; appare completamente scorticato con tutti i muscoli in vista. Il braccio destro è ancora legato all’albero, mentre il sinistro è disteso verso il flauto; per terra alle spalle di Apollo è visibile la lira da braccio a rievocare la contesa musicale, e dunque il motivo della punizione divina. Sullo sfondo a sinistra, al di là dell’albero, un gruppo di satiri e di donne si disperano per la terribile morte del loro compagno; tra questi, due personaggi indossano il tipico berretto frigio con la punta ripiegata in avanti, forse a ricordarci l’origine di Marsia. Apollo mostra la pelle di Marsia al gruppo di personaggi sulla destra: quello in primo piano di cui non si vede il volto è Mida, riconoscibile dalla corona e dalle orecchie asinine, simbolo – in virtù del suo operato durante la contesa musicale tra Apollo e Pan – del giudizio errato. Di contro, l’uomo in piedi con la lunga barba, una corona di felci e delle corna potrebbe essere identificato con la personificazione del monte Tmolo, il giudice che nella suddetta contesa assegnò correttamente la vittoria ad Apollo, guadagnandosi il titolo di giudice saggio.  Infine, all’estremità destra del foglio troviamo un soldato romano con l’armatura e un fascio littorio, antico simbolo di potere. Da un punto di vista iconografico, il foglio presenta vari spunti di ricerca interessanti: sia per quanto riguarda la resa scientifica del corpo scuoiato di Marsia, un unicum nell’iconografia del mito, spiegabile attraverso la ripresa della tavola del cosiddetto “uomo valverdiano” presente nel trattato del 1556 di Juan Valverde de Amusco, la Historia de la composiciòn del cuerpo humano; sia per il particolare della pelle tenuta in mano da Apollo, che rimanda immediatamente all’iconografia michelangiolesca del San Bartolomeo che tiene la sua pelle in mano del Giudizio Universale (con tutti i significati simbolici del caso, collegati in particolare all’idea di redenzione e rigenerazione insiti nell’idea stessa del martirio); che per la particolare commistione degli elementi tratti dai miti di Marsia e Mida. A tal proposito, il particolare narrato solo da Ovidio dei compagni disperati di Marsia (Marsfc14), così come l’inserimento di Tmolo in opposizione a Mida, farebbero pensare che Meier conoscesse bene i due episodi. È evidente, dunque, che unendoli insieme l’autore volesse far arrivare un messaggio particolare. A tal proposito, Jürgen Rapp (1985) propone una lettura basata su un fatto storico avvenuto proprio in quegli anni: nel 1578, Federico Zuccari ricevette la commissione da parte dello scalco papale Paolo Ghiselli per una pala d’altare per la cappella di famiglia in Santa Maria del Baraccano a Bologna. La tela fu consegnata nel 1580, ma poco dopo fu rimandata indietro perché giudicata scadente e indegna. Zuccari si offrì di dipingere gratuitamente una nuova opera, ma il Ghiselli rifiutò l’offerta e di contro scelse un artista bolognese. Come risposta, il 18 ottobre 1581, Federico montò sulla facciata della chiesa di San Luca a Roma un grande cartone, intitolato Porta Virtutis: con questo Zuccari rispondeva alle critiche ricevute in ambito bolognese difendendo il proprio lavoro e mostrando il committente come un ignorante, con tanto di orecchie d’asino, circondato dai Vizi. Per tutta risposta fu bandito dallo Stato Pontificio per aver insultato gli artisti bolognesi e il Ghiselli, e fu solo per intercessione dei suoi protettori, i Medici e i Della Rovere, che nel 1583 ottenne la grazia. Rapp, in virtù della dedica del foglio a Francesco I de’ Medici, ritiene che nell’incisione Mida, il giudice stolto, e il soldato romano rappresentassero la decisione dello Stato della Chiesa e dunque del papa di bandire Zuccari, e che di contro il foglio fosse un elogio dell’atteggiamento illuminato dei Medici.

Chiara Mataloni