59: Apollo e Marsia

Titolo dell’opera: La punizione di Marsia

Autore: Tiziano Vecellio (1490-1576)

Datazione: 1570-1576

Collocazione: Kromêríz, Palazzo arcivescovile

Committenza:

Tipologia: dipinto

Tecnica: olio su tela (212 x 207 cm)

Soggetto principale: Apollo e lo Scita scorticano Marsia appeso per i piedi ad un albero

Soggetto secondario: sulla destra re Mida e un satiro assistono alla scena, a sinistra un giovane suona la lira; un puttino e un cane

Personaggi: Apollo, Marsia, Scita, Mida, satiro, giovane, puttino

Attributi: corona d’alloro, lira, capelli biondi (Apollo); zampe caprine, flauto a più canne (Marsia); coltello, berretto frigio (Scita); corona, orecchie asinine (Mida); barba, orecchie a punta, corna (satiro)

Contesto: scena all’aperto

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini: http://www.kzu.ch/fach/as/gallerie/myth/goetter/apart/05_marsyas/im/09.jpg

Bibliografia: Pallucchini R., Studi Tizianeschi, in “Arte Veneta”, XV, 1961, pp. 286-295; Neumann J., Titian. The flaying of Marsyas, Spring books, Londra 1962; Fehl P.P., Realism and classicism in the representation of a painful scene : Titian's "Flaying of Marsyas" in the Archiepiscopal Palace at Kroměříž, in Czechoslovakia past and present, vol. 2, Essays on the arts and sciences, Mouton, The Hague 1968; Valcanover F., L’opera completa di Tiziano, Rizzoli, Milano 1969, pp. 134-135, n. 496; Panofsky E., Tiziano: problemi di iconografia, Marsilio, Venezia 1997 (I ed. Londra 1969); Gentili A., Da Tiziano a Tiziano: mito e allegoria nella cultura veneziana del Cinquecento, Feltrinelli, Milano 1980, pp. 225-243; Freedberg S.J., Il musicista punito, (traduzione di Maria Pizzorno), in “FMR”, 45, 1986, pp. 139-152; Fehl P.P., The Punishment of Marsyas, in Decorum and wit: the poetry of venetian painting: essays in the history of the classical tradition, IRSA, Vienna 1992, pp. 130-149; Puttfarken T., Titian & tragic painting: Aristotle’s poetics and the rise of the modern artist, Yale University press, London 2005; Foscari A., Tra Giulio Romano e Tiziano. Il duplice supplizio di Marsia e altre metamorfosi, in Tiziano. L’ultimo atto, a cura di Puppi L., 2007

Annotazioni redazionali: si tratta di una delle ultime e più discusse tele di Tiziano; alla morte del pittore nel 1576 fu ritrovata nella sua bottega. Freedberg (1986, p. 140) ricostruisce tutti i vari passaggi del dipinto: intorno al 1620 viene acquistato dalla famiglia inglese degli Howards di Arundel, per poi passare a Franz Imsteraed di Colonia, nipote del collezionista e banchiere Eberhard Jabach. Nel 1673 viene messo all’asta e acquistato dal vescovo Karl von Lichtenstein, che lo trasportò nella sede episcopale di Olomüch in Cecoslovacchia, e quindi al palazzo arcivescovile di Kremsier, ora Kromeritz. Poiché non si conosce il nome di un committente e in virtù della particolare scelta iconografica, la critica ritiene che si possa trattare di un’opera personale, quasi un testamento figurato dell’artista stesso. Al centro del dipinto il satiro Marsia, inerme e appeso a testa in giù, viene seviziato da Apollo, chinato verso di lui con un coltello in mano, e dallo Scita, in piedi in secondo piano; alle spalle di Apollo un giovane vestito di rosso suona la lira. A destra troviamo re Mida, riconoscibile dalla corona e dalle orecchie asinine, che assiste pensoso al tragico evento, mentre un satiro accorre con un secchio d’acqua, forse per alleviare le pene del suo compagno. In primo piano un piccolo putto trattiene un cane da caccia e guarda verso l’esterno del dipinto; un cane più piccolo lecca il sangue che fuoriesce dalle ferite di Marsia. Ormai da tempo è stato individuato il modello utilizzato da Tiziano nel disegno di Giulio Romano, oggi conservato al Louvre (http://arts-graphiques.louvre.fr/fo/images-fo/d0100695-000.jpg), che servì da cartone per l’affresco della Sala di Ovidio di Palazzo Te a Mantova (Cfr. scheda opera 40). Sebbene non più recentissima, la lettura del dipinto data da Augusto Gentili nel 1980 è quella che tuttora convince di più. Proprio in virtù di questo modello certo, egli mette in luce le varie differenze apportate da Tiziano nel suo dipinto nella convinzione che “ogni minima variante rispetto alla fonte [avesse] ... valore contenutistico” (Gentili, 1980, p. 229). I due particolari che risaltano maggiormente da un confronto sono il suonatore a sinistra, che nel disegno di Giulio era un semplice aiutante di Apollo che reggeva la lira, e il puttino in primo piano con il cane: con il supporto delle indagini radiografiche e in base a dei giudizi di tipo stilistico e iconografico, Gentili attribuisce l’esecuzione del bambinetto con il cane a un allievo non particolarmente dotato, mentre per quanto riguarda il giovane suonatore avanza il nome di Palma il Giovane, alla luce della “sua indiscussa abilità nell’imitare l’ultima maniera del maestro” (Ibidem, pp. 232-233). Sempre grazie alle indagini effettuate durante gli ultimi restauri, è emerso che in un primo momento al posto del suonatore che vediamo oggi era presente il portatore della lira ripreso da Giulio Romano; l’ipotesi plausibile avanzata da Gentili è che alla morte di Tiziano il dipinto fosse incompleto proprio in questo punto, e che gli allievi decidessero di finirlo commettendo un errore di lettura e interpretando il giovane con la lira non come un semplice aiutante, ma come Apollo stesso. Continuando con il confronto, a parte l’evidente diversità del formato usato, che fa risultare la composizione tizianesca molto più serrata e drammatica, abbiamo la posizione di Marsia – posto, al centro del dipinto, non più di profilo ma frontale, con le gambe incrociate a coprire i genitali – l’azione di Apollo, che, non più connotato dall’attributo solare della faretra, non si limita a tirar via la pelle incisa dallo Scita come nel disegno di Giulio ma la recide lui stesso con un coltello, e la posa di Mida, che non si copre più il volto per l’orrore, ma osserva mestamente la scena in una posa malinconica; inoltre, rispetto alla figura del mitico sovrano, è fondamentale l’intuizione del Neumann, ripresa e sviluppata da Gentili, che vi si celi un autoritratto del vecchio Tiziano. Riepilogando, Tiziano elimina i riferimenti sessuali presenti nel disegno di Giulio Romano e con questi una connotazione negativa della figura di Marsia, che per la posa e per lo sguardo intenso che induce a una riflessione profonda ricorda quasi un martire cristiano, così come tutto ciò che poteva identificare Apollo come dio solare e armonico, da contrapporre alla sregolatezza dell’altro. Il messaggio che Tiziano vuol farci arrivare non è tanto legato all’opposizione Apollo-Marsia, armonia-disarmonia: l’autore fa una riflessione profonda sul senso della vita, in cui gioca un ruolo fondamentale la figura di Mida-Tiziano, che viene ricordato non tanto per il suo errore di giudizio nella contesa (e infatti le orecchie asinine sono poco visibili nel dipinto), quanto per l’episodio precedente, “per aver creduto all’illusione del tocco d’oro”, episodio rievocato dalla corona ben in vista. “La sua malinconia saturnina – la malinconia di una creazione artistica imperfetta e imperfettibile – proviene da quell’illusione: la lunga illusione del “tocco d’oro” del grande pittore, l’antica fiducia di trasmutare la materia in immagine preziosa, spenta dalla coscienza finale dell’assoluta irrilevanza dell’operazione artistica di fronte alla disgrazia della storia” (Ibidem, 1980, p. 240). Freedberg (1986) ipotizza che la tela fu ideata dall’artista a seguito di un tragico evento contemporaneo, l’assedio turco sull’isola veneziana di Famagosta il 1 agosto 1571 che finì in massacro per i veneziani; in particolare, ritiene che l’opera fu generata dalla notizia dell’atroce tortura subita da Marcantonio Bragadin, ferito e lasciato sanguinante per giorni e infine portato nella piazza delle esecuzioni e scorticato vivo. Questo tragico evento “mise profonde ed inquietanti radici nell’immaginazione del vecchio artista; (…) la tragedia doveva essere commemorata e quell’immagine straziante ripresa, per essere nel contempo esorcizzata ed esaltata; e poiché era impensabile che l’estetica di Tiziano lo trattasse come evento storico, doveva essere rappresentata per analogia: lo scorticamento di Marsia era lì pronto (…)”. La lettura di Freedberg prosegue sulla scia dell’interpretazione positiva in chiave cristiana della punizione martirio di Marsia: “un altro evento storico (…) può aver ulteriormente condizionato la trasmutazione compiuta da Tiziano dello scorticamento di Bragadin da fatto storico a immagine di arte elevatissima. [il 18 ottobre] si seppe del quasi miracoloso capovolgimento delle fortune veneziane con la prodigiosa vittoria navale di Lepanto (…). La disperazione si trasformò in esultanza: come nel più profondo significato della leggenda di Marsia il tormento conduce infine alla nuda verità, e come nella leggenda cristiana il sacrificio genera redenzione” (Freedberg, 1986).

Chiara Mataloni