
Titolo dell’opera: Favola di Apollo e Marsia
Autore: Giulio Sanuto
Datazione: 1562
Collocazione: San Francisco, Museum of Fine Arts
Committenza: Alfonso II d’Este
Tipologia: incisione in tre fogli derivata da un dipinto di Bronzino
Tecnica: bulino su rame (misura dei tre fogli: 54 x 132 cm)
Soggetto principale: contesa musicale tra Marsia e Apollo con Minerva e Mida come giudici
Soggetto secondario: Apollo scortica Marsia; Apollo, davanti a Minerva, punisce Mida con delle orecchie d’asino; il barbiere di Mida rivela il suo segreto
Personaggi: Apollo, Marsia, Minerva, Mida, barbiere
Attributi: lira, alloro, coltello (Apollo); flauto, pelle scuoiata (Marsia); elmo, lancia, scudo (Minerva); corona, orecchie d’asino (Mida); buco nella terra, canne (barbiere)
Contesto: paesaggio all’aperto sullo sfondo una rocca
Precedenti: Bronzino, La favola di Apollo e Marsia, Collezione Privata (Cfr. scheda opera 43); anonimo, Lo scorticamento di Marsia, 1531-32, olio su tela (48 x 119 cm), San Pietroburgo, Hermitage (http://www.hermitagemuseum.org/tmplobs/S64L0$3DWU2G_23ZU$3.jpg); Marcantonio Raimondi, Parnaso, incisione tratta dall’affresco di Raffaello nella Stanza della Segnatura, 1517-20 (per il particolare delle Muse)
Derivazioni:
Immagini:
Bibliografia: Bury M., Giulio Sanuto: a Venetian engraver of the sixteenth century, National Gallery of Scotland, Edinburgo 1990; Wyss E., The myth of Apollo and Marsyas in the art of the Italian Renaissance: an inquiry into the meaning of images, University of Delaware Press, Newark 1996, pp. 108-112; Spike J.T., La favola di Apollo e Marsia di Agnolo Bronzino, Polistampa, Firenze 2000; Bury M., Giulio Sanuto: a Venetian engraver of the sixteenth century, National Gallery of Scotland, Edinburgo 1990
Annotazioni redazionali: questa grande incisione su tre fogli è firmata e datata “In Vinegia Il dì XVIII di Luglio MDLXIII DI VE. Divotiss. et humiliss. servitore Giulio Sanuto”. Non abbiamo molte notizie sulla vita dell’autore: sappiamo che era veneziano, figlio illegittimo del Cavalier Francesco di Angelo Sanuto, e che fu attivo come incisore tra il 1540, anno della prima incisione a lui attribuita, e il 1562 (Bury, 1990). Giulio apparteneva dunque ad un’importante famiglia patrizia veneziana, quella dei Sanuto. Il padre, il Cavaliere, rivestì degli incarichi importanti da un punto di vista politico per la Repubblica di Venezia: sappiamo infatti che nel 1538 si recò ad Urbino per un’ambasciata in occasione della morte di Francesco Maria I Della Rovere, per fare le condoglianze al figlio, Guidobaldo II della Rovere, e congratularsi con lui per la successione al Ducato. L’incisione con la storia di Apollo e Marsia è chiaramente tratta dal dipinto di Bronzino, commissionato da Guidobaldo Della Rovere tra il 1530 e il 1532 (Cfr. scheda opera 43). In realtà è più probabile che Sanuto si fosse ispirato alla copia anonima dell’opera bronzinesca, oggi conservata all’Hermitage, più simile dell’originale all’incisione per dimensioni e taglio compositivo (http://www.hermitagemuseum.org/tmplobs/S64L0$3DWU2G_23ZU$3.jpg). A proposito di questa copia, Spike (2000) ritiene che in origine servisse come coperchio per un clavicembalo, e che avesse dunque una funzione simile a quella della tavola originale, oggi in una collezione privata, che serviva come cassa protettiva di un arpicordo. L’incisione di Sanuto è fondamentale perché è alla base di un errore di attribuzione dell’opera da cui è tratta: infatti, nella lunga iscrizione sulla roccia a destra, all’altezza della scena della contesa musicale, oltre alla dedica dell’opera ad Alfonso II d’Este Duca di Ferrara, troviamo la notazione che l’incisione è stata tratta, non da un’opera di Bronzino, ma dalla “pittura d’una tavola del famosissimo Antonio da Correggio”, nome che ricorre anche nell’altra iscrizione in basso a sinistra; di conseguenza, il dipinto dell’Hermitage fu a lungo attribuito all’artista emiliano e acquistato dallo zar russo proprio in virtù di questa attribuzione. Michael Bury, nel suo scritto dedicato all’incisore, cerca di ricostruire come Sanuto, veneziano, venne a conoscenza di un dipinto di un artista fiorentino realizzato nel Ducato di Urbino: lo studioso ricorda l’ambasciata del 1538 in cui il padre di Giulio Sanuto incontrò Guidobaldo Della Rovere, nuovo Duca di Urbino, che si trovava in una situazione particolare, dovendo curare attentamente gli equilibri politici e le varie alleanze per far fronte a papa Paolo III Farnese, che premeva per impossessarsi del ducato di Camerino; l’ipotesi dello studioso è che Guidobaldo, per ingraziarsi gli ambasciatori veneziani in visita, donò al Cavalier Francesco di Angelo Sanuto l’arpicordo decorato, che poté così raggiungere Venezia ed essere visto da Giulio Sanuto. Proprio perché incorporata nella custodia di uno strumento musicale, è facile ipotizzare che ci si dimenticò ben presto del nome dell’autore della tavola. Infine, un altro dato certo è che nell’aprile del 1562 Alfonso II d’Este andò in visita a Venezia; dal momento che l’incisione è datata 18 luglio 1562, è possibile collegare le due cose, ipotizzando che Sanuto – non essendo riuscito a terminare la sua impresa in occasione della visita ducale – avesse comunque deciso di inviare l’incisione ad Alfonso, cui l’aveva dedicata. Probabilmente l’incisore stava cercando in qualche modo di ingraziarsi il duca estense, tanto più che nella dedica si fa chiaro riferimento alle sue eccellenti qualità nel giudicare la virtù, in contrasto alla stoltezza dimostrata da Mida. Tornando all’opera, bisogna immediatamente notare che l’incisione è nello stesso verso del dipinto da cui è ripresa, per cui Sanuto riportò prima la composizione su un disegno (che tra l’altro lui stesso nomina nell’iscrizione: “(…) cavata in disegno ed intagliata in rame”) e poi da questo trasse la sua incisione sulla lastra di rame. Pur trattandosi di un’incisione di traduzione, copia di un’opera esistente, Sanuto apportò numerose modifiche alla composizione originaria, introducendo dettagli nuovi e spostando leggermente la posizione dei vari gruppi. Infatti, se si osserva attentamente l’incisione a confronto con il dipinto dell’Hermitage, si vede subito che il gruppo in primo piano della contesa appare più compresso e spostato verso il margine destro del foglio, mentre quello centrale della punizione di Marsia è più isolato e centrato. Questi piccoli cambiamenti, a prima vista privi di senso, sono in realtà dettati dal nuovo mezzo, il bulino, e dalla scelta di usare tre fogli per la composizione: in questo modo, l’incisore ha evitato che il gruppo centrale si trovasse a metà tra due fogli (Bury, 1990). Questi spostamenti avevano però generato uno spazio vuoto proprio al centro della composizione; Sanuto risolse il problema inserendo il gruppo delle Muse sul Parnaso ripreso dall’affresco di Raffaello nella Stanza della Segnatura – come esplicitamente indicato nel cartiglio ai piedi del monte – o meglio dall’incisione relativa di Marcantonio Raimondi; chiaramente eliminò dal gruppo Apollo, già presente nella sua composizione. Da un punto di vista tematico, l’inserimento delle Muse è assolutamente in linea col tema affrontato, dal momento che queste vengono spesso citate dalle fonti classiche come giudici della contesa (Marsfc23; Marsfc29). Infine, Sanuto rivoluziona lo sfondo della composizione, eliminando il paesaggio roccioso e scuro dell’originale e inserendo delle alture alberate, degli edifici e una bellissima veduta di Venezia. Michael Bury individua in alcuni disegni e incisioni tratte da Tiziano il precedente per tutti questi dettagli secondari, mentre non trova una fonte per la veduta della città, che credo di poter rintracciare nella celebre xilografia su più fogli di Jacopo de Barbari pubblicata a Venezia nel 1500 e rappresentante la veduta a volo di uccello della città lagunare.
Chiara Mataloni