54: Apollo e Marsia

Titolo dell'opera: Apollo scortica Marsia

Autore: Giovanni Antonio Rusconi (1520-1587)

Datazione: 1553

Collocazione: Le Trasformationi di m. Lodovico Dolce di novo ristampate e da lui ricorrette et in diversi luoghi ampliate con la tavola delle favole, in Venetia, appresso Gabriel Giolito de’ Ferrari,1553, f. 66v.

Committenza: Gabriel Giolito de’ Ferrari

Tipologia: incisione

Tecnica: xilografia (63 x 90 mm)

Soggetto principale: Apollo scortica Marsia legato ad un albero

Soggetto secondario: accanto a Marsia è presente un uomo in armatura

Personaggi: Apollo, Marsia, uomo

Attributi: flauto, albero (Marsia)

Contesto: scena all’aperto con tempietto circolare sullo sfondo

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini: http://www.fotomr.uni-marburg.de/gaeste/OvidServ/Dolce2/1/fm6000214.jpg

Bibliografia: Huber-Rebenich G., L’iconografia della mitologia antica tra Quattro e Cinquecento. Edizioni illustrate delle Metamorfosi di Ovidio, in “Studi Umanistici Piceni”, 12, 1992, pp. 123-133; Immagini degli dei. Mitologia e collezionismo fra '500 e '600, a cura di Cieri Via C., Leonardo Arte, Milano 1996, pp. 22-28, 290-291; Wyss E., The myth of Apollo and Marsyas in the art of the Italian Renaissance: an inquiry into the meaning of images, University of Delaware Press, Newark 1996, pp. 120-122; Guthmuller B., Mito, poesia, arte. Saggi sulla tradizione ovidiana nel Rinascimento, Bulzoni, Roma 1997, pp. 251-274; Glénisson-Delannée F., Illustration, traduction et glose dans les Trasformationi de Ludovico Dolce (1553): un palimpseste des Métamorphoses, in Le livre illustre italien au XVI siecle: texte/image. Actes du colloque organisé par le «Centre de recherche Culture et societe en Italie aux 15., 16. et 17. siecles» de l'Universite de la Sorbonne Nouvelle (1994), a cura di Plaisance M., Parigi 1999, pp. 119-147

Annotazioni redazionali: Le Trasformationi di Lodovico Dolce, il primo volgarizzamento delle Metamorfosi di Ovidio che torna, dopo secoli, a basarsi sull’originale latino, furono pubblicate a Venezia nel 1553. La versione di Dolce si connota come una traduzione libera del testo ovidiano, anche alla luce dei volgarizzamenti di Bonsignori e dell’Agostini. Il fatto che si tratti di una scrittura in versi sottolinea ulteriormente il nuovo rapporto con il testo originale nei confronti del quale acquisisce una maggiore libertà, soprattutto rispetto alle versioni in prosa. L'opera presenta uno splendido apparato iconografico composto da 85 xilografie realizzate da Giovanni Antonio Rusconi. A causa di una serie di ritardi nella composizione de Le Trasformationi,  pare che l’editore Gabriel Giolito de’ Ferrari commissionò le illustrazioni prima che il Dolce avesse terminato la sua opera. È per questo che Rusconi si rifece ai precedenti volgarizzamenti delle Metamorfosi, quelli di Bonsignori e dell'Agostini e ai relativi apparati iconografici. Ciò non toglie che il ciclo possa considerarsi una creazione originale dell’architetto veneziano, che non riprende dai suoi predecessori la rappresentazione simultanea di più momenti di un mito all’interno di un’unica immagine, prediligendo il momento culminante, o eventualmende dedicando più incisioni alla stessa storia. E così, nell’incisione illustrante il mito di Marsia viene rappresentato solo il tragico epilogo della storia, essendo stati eliminati gli altri riferimenti alla contesa musicale o all’antefatto con Minerva. Marsia – raffigurato secondo forme umane, quando invece per Dolce è un satiro – è legato ad un albero con una corda e cerca di divincolarsi freneticamente, mentre di fronte a lui un calmo Apollo lo sta scorticando partendo dagli arti inferiori. Gli strumenti musicali sono abbandonati in terra, la lira tra le gambe di Apollo, il flauto alle spalle di Marsia. Tra i due compare un altro personaggio, vestito con una specie di armatura, che non trova riscontro nelle fonti. Ribadito che Rusconi non poté leggere il testo di Dolce, il particolare dell’albero ricorre nei versi di Nicolò degli Agostini, in cui tra l’altro – appena prima di iniziare a descrivere il supplizio di Marsia – viene nominato “il giudice che stato era al presente/ Di la contesa lor die la sentenza”, identificabile a questo punto con il terzo personaggio dell’incisione. Eventuali dubbi circa la fonte cui si rifece l’illustratore possono essere eliminati grazie al particolare del tempio circolare sullo sfondo, in cui penzola la pelle staccata di Marsia, aneddoto questo introdotto per la prima volta dal Bonsignori (Marsfm13) e ripreso dall’Agostini (Marsfr06), ma poi eliminato da Lodovico Dolce (Marsfr10).

Chiara Mataloni