48: Apollo e Marsia

Titolo dell’opera: Apollo e Marsia

Autore: Innocenzo Francucci da Imola (1489-1545)

Datazione: 1540-1543 (ante 1548)

Collocazione: Bologna, Palazzina della Viola, piano nobile, loggia

Committenza: cardinale Bonifacio Ferrerio da Ivrea

Tipologia: pittura parietale

Tecnica: affresco

Soggetto principale: Apollo suona la lira, Marsia e altri personaggi ascoltano

Soggetto secondario: sullo sfondo Minerva butta via il flauto a cinque canne e Marsia si appresta a raccoglierlo; a destra Apollo scortica Marsia legato a un albero

Personaggi: Apollo, Marsia, Minerva, varie figure maschili e femminili

Attributi: lira (Apollo); flauto a cinque canne, albero (Marsia)

Contesto: scena all’aperto

Precedenti: Innocenzo da Imola, Apollo e Marsia, disegno a pennello e inchiostro bruno con lumeggiature, Parigi, Louvre (http://arts-graphiques.louvre.fr/fo/images-fo/d0101550-000.jpg)

Derivazioni:

Immagini: http://www.archiviostorico.unibo.it/System/9/323/098_AgrariaB.jpg

Bibliografia: La Palazzina della Viola in Bologna, a cura della Cassa di Risparmio in Bologna, Stabilimenti Poligrafici Riuniti, Bologna 1935; Giordani P., Sulle pitture di Innocenzo Francucci da Imola nella Palazzina della Viola, in La Palazzina della Viola in Bologna, 1935, pp. 15-23; Zucchini D., Notizie intorno alla Palazzina della Viola, in La Palazzina della Viola in Bologna, 1935, pp. 9-12; Galli R., Innocenzo da Imola, in “La Mercanzia”, a. VI, 1951, aprile, n. 4, pp. 21-34; Murolo M.G., Il Collegio Ferrerio e la Palazzina della Viola: prosa e poesia nel Rinascimento bolognese, in “Strenna storica bolognese”, 1984, pp. 267-282; Agostani G., Pedrini C. (a cura di), Innocenzo da Imola. Il tirocinio di un artista, Grafis Edizioni, Casalecchio di Reno (BO) 1993, pp. 19-28; Wyss E., The myth of Apollo and Marsyas in the art of the Italian Renaissance : an inquiry into the meaning of images, University of Delaware Press, Newark 1996, pp. 86-89; Ciarrocca F., Bologna, Palazzina della Viola, in Cieri Via C., L’arte delle Metamorfosi. Decorazioni Mitologiche nel Cinquecento, Lithos, Roma 2003, pp. 145-146

Annotazioni redazionali: la Palazzina, di impianto quadrangolare con tre facciate aperte da un duplice loggiato, fu fatta costruire da Annibale Bentivoglio (1413-1445) verso la fine del XV secolo come casino delle delizie. Nel 1540 fu acquisita dal Cardinal legato Bonifacio Ferrero (1476-1543) che ne fece la sede del suo collegio omonimo, il Collegio Ferrero; proprio a questo evento si fanno risalire gli affreschi eseguiti nelle logge Innocenzo da Imola con varie scene mitologiche, oggi purtroppo molto rovinate. Al piano terra un soffitto a cassettoni decorato è attribuito alla tarda attività di Amico Aspertini. Nel salone del primo piano troviamo le Storie di papa Silvestro e dell’imperatore Costantino affrescate da Prospero Fontana intorno al 1550. Tra gli episodi mitologici affrescati da Innocenzo da Imola restano Endimione e Selene, Apollo e Marsia, due scene con Diana e Atteone e un frammento con Venere e Amore. Se nel caso delle Storie di Costantino e papa Silvestro è facilmente individuabile una connessione con il nuovo ruolo attribuito alla Palazzina, non più casino delle delizie, ma sede di un collegio fondato da un Cardinale, per le scene mitologiche Federica Ciarrocca (2003) sottolinea “l’elemento agreste e silvano”, predominante negli affreschi, “in accordo con la posizione suburbana dell’edificio”. Al centro della composizione riconosciamo Apollo, in piedi, che sta suonando la lira da braccio; la sua posizione, così come l’abbigliamento, è molto simile a quella adottata da Michelangelo Anselmi nella tavola conservata a Washington (Cfr. scheda opera 45), anch’essa confrontata con l’incisione del 1497. Tutt’intorno, una serie di personaggi, facilmente identificabili come pastori dai bastoni e dal cane in primo piano, ascoltano la musica divina, mentre Marsia, il giovane che tiene in mano una siringa a tre canne, si protrae verso il suo avversario come ad interrompere l’armoniosa melodia. Più distanti sulla collina altre due coppie di personaggi ascoltano Apollo. Sulla destra troviamo l’epilogo della contesa: Marsia, spogliato dei suoi abiti rustici che nella prima scena lo identificavano come un villano sulla scorta del testo di Bonsignori, è legato ad un albero per le mani, alte sopra la testa; la posa assunta dal suo corpo indica un tentativo, vano, di divincolarsi dalle grinfie del suo aguzzino che sta iniziando a scuoiarlo partendo dalle braccia. Basandosi sull’abbigliamento e in particolare sull’elemento dei calzari, indossati nell’affresco solo da Apollo, è facile identificare l’esecutore della punizione con lo stesso dio. Questo particolare, presente anche in alcune fonti classiche (Marsfc08; Marsfc14, Marsfc30), era sempre stato censurato dagli artisti, che avevano creato la figura meno scomoda dello schiavo, incaricato da Apollo di mettere in atto la terribile punizione da lui ideata. La prima raffigurazione in cui si sfata questo tabù è la xilografia anonima illustrante il mito di Marsia nell’Ovidio Vulgare del 1497 (Cfr. scheda opera 31); di conseguenza, nella sua puntuale analisi dell’affresco, Edith Wyss (1996) afferma che – al di là delle numerose ed evidenti differenze – la composizione bolognese deve molto a quest’incisione e al relativo racconto di Giovanni de’ Bonsignori (Marsfm13). Oltre al particolare di Marsia, vestito nella scena della contesa, nudo in quella del supplizio proprio come nella xilografia, la Wyss sottolinea come rispetto al disegno preparatorio conservato al Louvre (http://arts-graphiques.louvre.fr/fo/images-fo/d0101550-000.jpg), nell’affresco Innocenzo da Imola inserì un piccolo episodio nell’angolo in altro a sinistra, che altro non è se non il momento in cui Minerva, specchiandosi in un fiume (rappresentato da una personificazione fluviale), si rende conto che il suonare il flauto da lei inventato la rendeva brutta e di conseguenza getta via lo strumento, che sarà poi raccolto da Marsia, raffigurato mentre si avvicina. Si tratta dunque dell’episodio che dà il via a tutta la vicenda, presente anche questo nella xilografia del 1497. Evidentemente, Innocenzo da Imola conosce la stampa e se ne serve per ideare le linee generali di questa sua composizione, sebbene poi il risultato finale si distacchi fortemente dal modello.

Chiara Mataloni