
Titolo dell’opera: contesa tra Apollo e Marsia
Autore: Francesco Salviati (1510-1563)
Datazione: 1540 ca.
Collocazione: Venezia, Palazzo Grimani, Stanza di Apollo, volta
Committenza: Giovanni Grimani
Tipologia: pittura parietale
Tecnica: affresco
Soggetto principale: Marsia suona il flauto di fronte ad Apollo e a due Muse
Soggetto secondario:
Personaggi: Marsia, Apollo, Muse
Attributi: aulòs (Marsia); lira, corona d’alloro (Muse)
Contesto:
Precedenti:
Derivazioni:
Immagini:
Bibliografia: Cheney I.H., Francesco Salviati’s North Italian Journey, in “Art Bulletin”, XLV, 1963, pp. 337-344; Hirst M., Three ceiling decorations by Francesco Salviati, in “Zeitschrift fur Kunstgeschichte”, XXVI, 1963, pp. 146-165; Schulz J., Venetian painted ceilings of the renaissance, 1968, pp. 10-11, 142-143; Mortari L., Francesco Salviati, Leonardo-De Luca, Roma 1992, pp. 17-19, 108-109; Hochmann M., Francesco Salviati a Venezia, in Francesco Salviati (1510-1563) o la Bella Maniera, catalogo della mostra a cura di Monbeig Goguel C., Milano 1998, pp. 56-59, 176-177; Bristol A., Dedicato all'amore per l'antico : il camerino di Apollo a palazzo Grimani, in “Arte veneta”, 58, 2001 (2003), pp. 42-93; Pierguidi S., in Cieri Via C., L’arte delle metamorfosi. Decorazioni mitologiche nel Cinquecento, Lithos, Roma 2003, pp. 353-355; De Marchi A.G., Francesco Salviati's ceiling painting for Palazzo Grimani rediscovered, in “Apollo”, 159, 2004, n. 503, pp. 8-13; Tempestini A., Apollo e Marsia nel Camerino di Apollo del Palazzo Grimani a Santa Maria Formosa, in Der unbestechliche Blick : Festschrift zu Ehren von Wolfgang Wolters zu seinem siebzigsten Geburtstag, a cura di Gaier M., Porta-Alba-Verlag, Trier 2005, pp. 383-386
Annotazioni redazionali: la decorazione interna di Palazzo Grimani presso Santa Maria della Formosa si fa risalire ai fratelli Vittore e Giovanni Grimani. I lavori all’interno del camerino di Apollo iniziarono intorno al 1540 e vi collaborano Giovanni da Udine e Francesco Salviati; il primo era stato contattato a seguito di un viaggio a Roma proprio da Giovanni, che era rimasto piacevolmente colpito dalle sue precedenti esperienze nei cantieri raffaelleschi in Vaticano, mentre per l’arrivo del pittore fiorentino in laguna l’ipotesi più plausibile è che il viaggio fosse stato combinato direttamente con il protettore dell’artista, il cardinal Salviati, con cui i Grimani erano in contatto. La critica è concorde nell’affermare che la chiamata del fiorentino a Venezia corrispondesse a una precisa volontà da parte dei committenti di entrare in contatto con il Manierismo centroitaliano, cosa ben visibile proprio nella decorazione del camerino di Apollo, in cui vengono abbandonate le ardite sperimentazioni prospettiche che avevano caratterizzato l’ambiente padano in questi anni (Cfr. scheda opera 47) e viene ripresa la tecnica del quadro riportato (Bistrot, 2003; Cieri Via, 2003; un caso simile a questo si registra a Venezia nella presunta decorazione della casa dell’Aretino, opera del Tintoretto, Cfr. scheda opera 50). E infatti sulla volta a botte ribassata del camerino di Apollo troviamo all’interno di una decorazione a stucco circolare, al cui centro è un medaglione con il carro di Apollo, quattro scene della storia di Apollo e Marsia, raffigurate secondo la moda romana di cui sopra. I riquadri rappresentano la Contesa musicale tra Apollo e Marsia, la Preghiera di Olimpo (Cfr. scheda opera 46 b), lo Scorticamento di Marsia (Cfr. scheda opera 46 c) e una quarta scena con Apollo e una menade danzante, variamente interpretata dalla critica. Già dal 1963 Michael Hirst ha individuato il modello di tali affreschi in alcuni disegni del Codex Berolinensis, oggi conservato all’università di Tubinga, un taccuino di disegni molto noto nel Cinquecento in cui erano registrate le decorazioni di alcune opere romane perdute, tra cui il soffitto della cosiddetta Grotta sulla via Salaria con le storie di Marsia. Dal momento che tale codice servì molto probabilmente come modello anche per l’iconografia del mito di Marsia nella Loggetta del Cardinal Bibbiena in Vaticano, opera di Giovanni da Udine (Cfr. scheda opera 36), Annalisa Bistrot (2003) sottolinea il ruolo fondamentale che ebbe Giovanni nell’ideazione generale del programma iconografico realizzato poi da Salviati, non perché subentrato al primo come credeva Hirst, ma perché i due si divisero il lavoro in base alle rispettive competenze. Rispetto alla decorazione vaticana di Giovanni da Udine, Salviati introdusse una quarta scena con una menade danzante di fronte al dio, che ha un riscontro immediato nel Codex Berolinensis dove troviamo un giovane danzante. Secondo la Bistrot (2003, p. 56) il disegno del codice rappresenterebbe il “lamento disperato di Olimpo che si agita in una sorta di danza dissennata”, mentre per quanto riguarda l’affresco Pierguidi (Cieri Via, 2003, p. 354) lo identifica come Apollo che insegna la danza alle Muse. La scena della contesa musicale è molto simile alla soluzione adottata da Giovanni da Udine in Vaticano: Marsia danza al centro della scena suonando un doppio flauto; di fronte a lui Apollo, regalmente seduto in trono, tiene in mano un ramoscello d’alloro; ai suoi piedi il suo strumento, la lira. A chiudere la scena ai lati due Muse, in una soluzione compositiva che troviamo più volte nell’arte antica (Cfr. scheda opera 18); queste, oltre ad essere fortemente legate alla figura di Apollo, sono spesso documentate dalle fonti letterarie quali giudici della contesa (Marsfc23; Marsfc29).
Chiara Mataloni