Titolo dell’opera: Contesa tra Apollo e Marsia con Mida e Minerva
Autore: Bonifazio dei Pitati (1487-1553)
Datazione: 1540 ca.
Collocazione: Venezia, Gallerie dell’Accademia
Committenza:
Tipologia: dipinto
Tecnica: olio su tavola (41 x 118 cm)
Soggetto principale: Marsia suona il flauto, Apollo lo ascolta
Soggetto secondario: assistono alla scena Pan e Mida; sullo sfondo Minerva con una zampogna
Personaggi: Marsia, Apollo, Pan, Mida, Minerva
Attributi: flauto (Marsia); lira (Apollo); siringa, zampe caprine, orecchie a punta, corna, barba (Pan); orecchie d’asino (Mida)
Contesto: scena all’aperto con un tempio circolare sullo sfondo
Immagini:
Bibliografia: Richardson F.L., Andrea Schiavone, Clarendon Press, Oxford 1980, p. 201, fig. 236; Wyss E., The myth of Apollo and Marsyas in the art of the Italian Renaissance : an inquiry into the meaning of images, University of Delaware Press, Newark 1996, pp. 113
Annotazioni redazionali: il dipinto è stato più volte attribuito dalla critica ad Andrea Schiavone, mentre Francis Richardson, autore di una monografia sull’artista, vi riconosce uno dei rari dipinti da cassone attribuiti al veronese Bonifazio dei Pitati. Il pannello mostra una commistione tra le due note contese musicali in cui era protagonista Apollo, quella contro Marsia e quella contro Pan. Al centro, infatti, sono raffigurati il dio, riconoscibile dalla sua lira, e Marsia, colto mentre suona il suo strumento, il flauto doppio (o doppio aulòs); questi però non presenta alcuna caratteristica che lo identifichi come un satiro: vestito in maniera piuttosto semplice, l’uomo indossa un berretto; la scelta dell’artista non è così strana, dal momento che nell’arte rinascimentale Marsia è raffigurato molto più spesso come un satiro che non come un uomo; inoltre, la scelta di ritrarlo come un pastore si riallaccia a tutto quel filone di fonti umanistiche in cui Marsia è ricordato come “villano”. Sulla sinistra due personaggi assistono alla contesa musicale: di spalle riconosciamo facilmente Pan, con zampe caprine, coda, orecchie a punta e corna, secondo l’iconografia classica; tiene in mano una siringa a cinque canne, il suo strumento, come se stesse per suonare. Accanto a lui un uomo con una lunga barba e un turbante bianco da cui fuoriescono delle lunghe orecchie asinine: si tratta senza alcun dubbio di re Mida, uno dei giudici della contesa musicale tra Apollo e Pan, che giudicò vincitore il fauno suscitando la rabbia del dio che lo punì con le orecchie d’asino. Bonifazio dei Pitati, dunque, avrebbe fuso insieme – come già successo precedentemente – le due contese musicali in cui protagonista e vincitore era Apollo; diversamente però dai precedenti esempi esaminati, non si limita ad inserire Mida quale giudice della contesa, ma rappresenta anche Pan, mettendo Apollo di fronte ad entrambi i suoi sfidanti. Infine, la porzione destra del dipinto è stata interpretata sulla scorta dell’incisione dell’Ovidio Metamorphoseos del 1497 (Cfr. scheda opera 31): la figura femminile, infatti, rispecchierebbe quella di Minerva seduta in riva a un lago in cui si specchia suonando la zampogna da lei appena inventata, mentre il tempio circolare sullo sfondo riecheggerebbe quello in cui – secondo il racconto di Niccolò degli Agostini – Apollo appese la pelle di Marsia. Si tratta quindi di riferimenti al prologo e all’epilogo della storia di Marsia, anche se – oltre alla particolarità già sottolineata della presenza di Pan – il fatto che Minerva tenga in mano una zampogna, mentre Marsia nella scena centrale suoni un altro strumento, farebbe quasi pensare a una sorta di collage; in questo caso il dipinto sarebbe una semplice “tavoletta” o scenetta di genere, senza alcuna attenzione alle fonti classiche dei miti raffigurati.
Chiara Mataloni