39: Apollo e Marsia

Titolo dell’opera: Apollo e Marsia

Autore: Nicola di Gabrielle Sbraghe, detto Nicola da Urbino (ca. 1480-1537/38)

Datazione: 1525-28 Watson

Collocazione: Los Angeles, Paul Getty Museum

Committenza:

Tipologia: piatto

Tecnica:  maiolica istoriata (h 5,7 cm; diam 41,5 cm)

Soggetto principale: contesa musicale tra Apollo e Marsia (?);Apollo scortica Marsia

Soggetto secondario: a sinistra Minerva suona la zampogna; al centro un giovane raccoglie la zampogna

Personaggi: Apollo, Marsia, Minerva, Pan (?)

Attributi: alloro, frecce, lira (Apollo); barba, albero (Marsia); zampogna, lago (Minerva); siringa (Pan?)

Contesto: scena all’aperto con un tempietto circolare sulla destra

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini: http://www.getty.edu/art/gettyguide/artObjectDetails?artobj=1173

Bibliografia: Ravanelli Guidotti C., L’araldica della nobile famiglia Calini su alcuni piatti compendiari, in “Faenza”, 71, 1985, n. 4-6, pp. 394-399; Watson W.A., Italian Renaissance Maiolica from the William A. Clark Collection, catalogo mostra, Londra 1986, pp. 112-114; Hess C., Italian ceramics. Catalogue of the J. Paul Getty Museum Collection, Getty pubblications, Los Angeles 2002, pp. 144-149

Annotazioni redazionali: grazie allo stemma sorretto da due putti raffigurato al centro della composizione, sappiamo che il piatto faceva parte di un servizio da undici, tutti decorati con soggetti mitologici e realizzati intorno al 1525 per la famiglia bresciana dei Calini, come si può dedurre dallo stemma. In particolare, Wendy Watson sostiene che il servizio fosse stato realizzato da Nicola da Urbino per Luigi Calini in occasione della nascita del suo primogenito, Muzio; la studiosa avanza anche il nome del probabile committente, Ludovico Canossa, uomo di chiesa molto stimato all’epoca nonché amico di Luigi. Tutti gli episodi raffigurati nel servizio, tranne due, sono tratti dalle Metamorfosi di Ovidio e, da un punto di vista iconografico, sono ispirati alle xilografie dell’ Ovidio Methamorphoseos vulgare del 1497. Il piatto in questione viene catalogato semplicemente come lo scorticamento di Marsia, ed effettivamente ad una prima occhiata sembrerebbe avere numerose somiglianza con l’incisione corrispondente del 1497 (Cfr. scheda opera 31); in realtà, l’artista ha fuso insieme l’iconografia delle due grandi contese musicali che vedono come protagonista Apollo, quella con Marsia e quella con Pan. Iniziando a leggere la decorazione da sinistra, seduta ai piedi di un albero e nei pressi di un laghetto troviamo una donna che suona una zampogna: si tratta di Minerva e dell’episodio dell’invenzione del flauto; l’iconografia adottata da Nicola da Urbino è ripresa totalmente dalla xilografia del 1497. Proseguendo, vediamo Apollo, riconoscibile dagli attributi della lira, delle frecce e della corona d’alloro, che, in piedi poggiato a un masso, ascolta un giovane dai capelli rossi che suona la siringa. Questo particolare della composizione si distacca dal modello, in cui lo strumento suonato da Marsia è la zampogna. Sono presenti ulteriori incongruenze: un’altra figura, sempre con i capelli rossi, questa volta non più nuda come nella scena precedente ma vestita, che raccoglie da terra una zampogna, la stessa suonata da Minerva nel primo episodio e – come raccontano le fonti – gettata via dalla dea. Sulla destra Apollo, di spalle, si accinge a scuoiare Marsia, un vecchio con barba e capelli grigi, nudo e legato ad un albero. Catherine Hess (2002) sembrerebbe risolvere la questione portando a confronto anche la xilografia del 1497 illustrante l’episodio di Pan, che giustificherebbe la scena della contesa musicale e in particolare la figura dell’avversario di Apollo; ciononostante, pur ammettendo una contaminazione tra i due miti, resta impossibile da stabilire l’identità del giovane al centro che raccoglie la zampogna; quel che è certo è che in questo caso Nicolò da Urbino fu molto più attento alla resa tecnica e coloristica che non alla correttezza iconografica e narrativa della storia da lui raffigurata. Infine, anche il tempietto raffigurato sullo sfondo a sinistra è ripreso dall’incisione del 1497 e riferito al volgarizzamento delle Metamorfosi di Bonsignori; come è stato notato, il particolare è stato reso con grande cura e attenzione prospettica, tanto che la Hess lo accosta al tempietto del Bramante, ricordando l’origine comune con Nicola, entrambi provenienti da Castel Durante. Per un riepilogo della confusione fatta dalla critica circa la vera identità di Nicola da Urbino si rimanda alla scheda opera 42.

Chiara Mataloni