Titolo dell’opera: Apollo e Marsia
Autore: Nicola di Gabrielle Sbraghe, detto Nicola da Urbino (ca. 1480-1537/38)
Datazione: 1525 ca.
Collocazione: Luton Hoo, Bedfordshire, Werneer Collection
Committenza: Isabella d’Este
Tipologia: piatto
Tecnica: maiolica istoriata
Soggetto principale: contesa musicale tra Apollo e Marsia
Soggetto secondario: a sinistra Minerva suona la zampogna; a destra Apollo scortica Marsia
Personaggi: Apollo, Marsia, Minerva
Attributi: lira da braccio (Apollo); zampogna (Marsia); zampogna, lago (Minerva)
Contesto: scena all’aperto con un tempietto circolare sullo sfondo
Precedenti:
Derivazioni:
Immagini:
Bibliografia: Negroni F., Nicolò Pellipario: ceramista fantasma, in “Notizie da Palazzo Albani”, 14, 1985, 1, pp. 13-20; Mallet J.V.G., The Gonzaga and ceramics, in Splendours of the Gonzaga, a cura di Sanderson Chambers D., Pizzi, Cinisello B. 1981, pp. 39-43; Benini M., Il servito di piatti d'Isabella d'Este e Nicola da Urbino, in “Antichità viva”, 30, 1991, n. 3, pp. 39-44; Malacarne G., Il segno di Isabella: stemmi, motti, imprese, in Isabella d'Este: la primadonna del Rinascimento, a cura di Bini D., Il Bulino Edizioni d'Arte, Modena 2001, pp. 185-201; Mazzucato O., Gli istoriati e Nicola da Urbino: una problematica attributiva sempre aperta, in “Ceramica Antica”, 14, 2004, n 2, pp. 22-35
Annotazioni redazionali: il piatto fa parte di un servizio da ventuno pezzi (conservati in varie collezioni europee e americane) commissionati a Nicola da Urbino da Isabella d’Este (1474-1539), marchesa di Mantova, e datati – secondo le ultime ricerche della critica – tra il 1523 e il 1525. Al centro di ogni pezzo lo stemma degli Este-Gonzaga è sorretto da due puttini; inoltre, inseriti in ogni composizione, troviamo dei cartigli in cui sono riportati alcuni dei motti e delle imprese utilizzati da Isabella. Anche se la maggior parte dei soggetti raffigurati sulle maioliche sono tratti dalle Metamorfosi di Ovidio, la critica ha sempre creduto che fossero stati scelti casualmente e che quindi non esistesse un programma iconografico. In controtendenza, Mirella Benini (1991) ritiene invece che non si possa non tener conto della “naturale” tendenza di Isabella a controllare da vicino le opere da lei stessa commissionate. In quest’ottica osserva che tutte le storie raffigurate sono di carattere didascalico, e in particolare sono interpretabili come favole edificanti in chiave neoplatonica. Sul piatto in questione è raffigurato il mito di Apollo e Marsia. La composizione è ripresa in maniera molto fedele dalla xilografia del 1497 (Cfr. scheda opera 31): troviamo quindi Minerva che suona la zampogna seduta ai piedi di un albero in riva a un lago; la scena della contesa musicale con Apollo in piedi, la lira da braccio in una mano, l’archetto nell’altra, e Marsia che si esibisce con il suo strumento; e infine quella del supplizio, l’unica leggermente diversa rispetto al modello in cui Marsia era raffigurato seduto invece che in piedi. Nicola da Urbino riprende anche il tempietto sullo sfondo, mentre tralascia il particolare del banchetto degli dei, ed inserisce – probabilmente su richiesta di Isabella – il cartiglio con il motto “NEC SPE, NEC METU”, un invito alla moderazione – molto adatto al mito raffigurato – che si distanzia in modo uguale dalla speranza e dal timore. Secondo l’interpretazione in chiave neoplatonica avanzata dalla Benini, Marsia per uguagliare in chiarezza il suono di Apollo deve purificare la sua arte e quindi accettare il sacrificio, inteso come catarsi, unica via per elevarsi di grado. Una composizione molto simile a questa sarà riproposta da Nicola da Urbino nel servizio di piatti realizzato per la famiglia bresciana dei Calini. Per un riepilogo della confusione fatta dalla critica circa la vera identità di Nicola da Urbino si rimanda alla scheda opera 42.
Chiara Mataloni