34: Apollo e Marsia

Titolo dell’opera: Apollo e Marsia

Autore: Maturino da Firenze (1495/1500-1528 ca.)

Datazione: 1519 ca.

Collocazione: Roma, Villa Farnesina, Sala delle Nozze di Alessandro e Rossane, soffitto

Committenza:

Tipologia: pittura

Tecnica: olio su legno

Soggetto principale: Apollo suona la lira mentre Marsia viene scorticato dallo Scita

Soggetto secondario: due figure maschili assistono alla scena

Personaggi: Apollo, Marsia, Scita, personaggi maschili

Attributi: lira (Apollo); albero (Marsia); coltello (Scita)

Contesto: scena all’aperto

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini:

Bibliografia: Dacos N., Ni Polidoro, ni Peruzzi: Maturino, in “Revue de l’art”, 57, 1982, pp. 9-28; A.A.V.V., La Villa Farnesina, in I luoghi di Raffaello a Roma, catalogo della mostra a cura di Cassanelli L., Rossi S., 1983, pp. 25-73; D’Andrea P., Giovanni Antonio Bazzi, detto il Sodoma. Sala delle Nozze di Alessando e Rossane, in I luoghi di Raffaello a Roma, catalogo della mostra a cura di Cassanelli L., Rossi S., 1983, pp. 62-66; Cappelletti F., L’uso delle Metamorfosi di Ovidio nella decorazione ad affresco della prima metà del Cinquecento. Il caso della Farnesina, in Die Rezeption der Metamorphosen des Ovid in der Neuzeit: der antiche Mythos in Text und Bild, atti del convegno, Bad Homburg 1991, a cura di Walter H., Horn H.J., Berlino, pp. 115-128; Wyss E., The myth of Apollo and Marsyas in the art of the Italian Renaissance: an inquiry into the meaning of images, University of Delaware Press, Newark 1996, pp. 64-65; La Villa Farnesina a Roma, a cura di Frommel C.L., Panini, Modena 2003, pp. 9-42, 121-126, 192-202; Marielli Mariani I., Roma, Villa Farnesina alla Lungara, in Cieri Via C., L’arte delle metamorfosi. Decorazioni mitologiche nel Cinquecento, Lithos, Roma 2003, pp. 298-301

Annotazioni redazionali: il mito di Marsia compare una seconda volta all’interno della Villa Farnesina alla Lungara in una delle scenette dipinte a grisaille sul soffitto a cassettoni della camera da letto di Agostino Chigi, detta Sala delle Nozze di Alessandro e Rossane per il soggetto di uno degli affreschi. L’ambiente fu l’ultimo della Villa ad essere decorato, in occasione delle nozze celebrate da papa Leone X nell’agosto nel 1519 tra il banchiere senese e la veneziana Francesca Ordeaschi. Sulle quattro pareti altrettanti affreschi del Sodoma: le Nozze di Alessandro e Rossane, la Famiglia di Dario davanti ad Alessandro, Vulcano alla forgia con alcuni amorini che gli porgono dei dardi, Alessandro in battaglia. Il soffitto a cassettoni, uno tra i più elaborati della Villa, fu disegnato da Baldassarre Peruzzi, che ideò anche i soggetti dei dodici piccoli riquadri, tutti ripresi dalle Metamorfosi di Ovidio, eseguiti poi dal Maturino (Dacos, 1982), aiutato probabilmente da un giovane Polidoro da Caravaggio (Frommel, 2003). Partendo dalla porta troviamo Diana e Atteone, il Ratto di Proserpina, il Giudizio di Paride, Meleagro, Atalanta e il cinghiale calidonio, Cerere in cerca di Proserpina, il Ratto di Europa, Apollo e Dafne, Giove con Mercurio e Minerva, Giudizio di Mida, Mercurio, Aglauro ed Erse, le Mineadi e Apollo e Marsia. Alcune di queste scene erano già presenti nella decorazione della Villa, nella cosiddetta stanza del Fregio (Cfr. scheda opera 33). La particolare disposizione dei riquadri del soffitto, fa sì che per poter ammirare tutte le scenette, bisogna cambiare più volte il punto di osservazione. Per quanto riguarda le interpretazioni date su questo soffitto, la critica non è sempre concorde; Nicole Dacos ritiene che, se presente, il percorso di lettura sia poco chiaro come se i riquadri fossero stati collocati in maniera casuale e senza alcuna logica; Paola d’Andrea è invece convinta che le scene del soffitto rappresentino una summa dei temi delle altre rappresentazioni della Villa “secondo una problematica intellettuale che trova fondamento nella cultura neoplatonica, dove il tema della morte e resurrezione equivale all’elevazione e purificazione dell’uomo nella ricerca della suprema forma di conoscenza” (1983, p. 64). Recentemente, Frommel ha ripreso l’idea della Dacos della mancanza di un programma iconografico per le scene soffitto, sottolineando comunque la centralità del tema della superiorità e crudeltà degli dei sugli uomini; mentre Ilaria Miarelli Mariani ritiene che tornino in questo ciclo dei temi legati alla ciclicità naturale e cosmica presenti altrove nella decorazione della Villa, e probabilmente punto cardine dell’intero programma iconografico. Per quanto riguarda la scena di Apollo e Marsia, essa è molto simile a quella precedentemente dipinta da Peruzzi nella Sala del Fregio al piano terra (Cfr. scheda opera 33); poche le differenze: Marsia è in entrambi casi legato per le mani ad un albero secondo l’iconografia classica dell’appeso (Cfr. scheda opera 15 e Cfr. scheda opera 16) e sta per essere seviziato dal suo aguzzino incaricato da Apollo, lo schiavo Scita, inginocchiato a terra con il coltello puntato sullo stomaco della sua vittima. Nella raffigurazione del Maturino Apollo sta ancora suonando la sua lira (in realtà una lira da braccio), mentre nel precedente peruzziano tiene simbolicamente lo strumento in mano senza suonarlo. È qui assente la figura di Olimpo, mentre sono parzialmente replicati i due giovani che assistono alla scena alle spalle di Apollo.

Chiara Mataloni