Titolo dell’opera: Apollo e Marsia
Autore: Raffaello Sanzio (1483-1520)
Datazione: 1509-11
Collocazione: Città del Vaticano, Appartamento di Giulio II, Stanza della Segnatura
Committenza: papa Giulio II della Rovere (1443-1513)
Tipologia: pittura parietale
Tecnica: affresco (102 x 105 cm)
Soggetto principale: Apollo ordina l’esecuzione di Marsia appeso a un albero per le mani
Soggetto secondario: un giovane di spalle incorona Apollo vincitore della contesa musicale
Personaggi: Apollo, Marsia, Scita, figura maschile
Attributi: lira, corona d’alloro (Apollo); barba, orecchie ferine, albero (Marsia); coltello (Scita)
Contesto:
Precedenti:
Derivazioni:
Immagini:
Bibliografia: Wind E., The four elements in Raphael's "Stanza della segnatura", in “Journal of the Warburg and Courtauld Institutes”, 2, 1938/39, pp. 75-79; Chastel A., Arte e umanesimo a Firenze al tempo di Lorenzo il Magnifico: studi sul Rinascimento e sull'umanesimo platonico, Einaudi, Torino 1964 (ed. originale 1959); Wind E., Lo scroticamento di Marsia, in Misteri pagani nel Rinascimento, Adelphi, Milano 1971, pp. 209-215; Gombrich E.H., La stanza della segnatura di Raffaello e il carattere del suo simbolismo, in Immagini simboliche. Studi sull’arte del Rinascimento, Einaudi, Torino 1978 (ed. originale 1972), pp. 121-145; Rash Fabbri N., A note on the Stanza della Segnatura, in “Gazette des Beaux-Arts”, 94, 1979, pp. 97-104; Cieri Via C., Da Urbino a Roma: sapienza umana e sapienza divina nella Stanza della Segnatura, in Studi su Raffaello, atti del Congresso Internazionale di Studi, a cura di Sambucco Hamoud M., QuattroVenti, Urbino 1987, pp. 301-322; Fehl P.P., Decorum and wit: the poetry of venetian painting: essays in the history of the classical tradition, IRSA, Vienna 1992; Shearman J.K.G., The Vatican Stanze: Functions and decoration, in Art and politics in Renaissance Italy: British Academy lectures, Oxford University Press, 1993, pp. 185-240; Wyss E., The myth of Apollo and Marsyas in the art of the Italian Renaissance: an inquiry into the meaning of images, University of Delaware Press, Newark 1996, pp. 67-71; Christiane L. Joost-Gaugier, Raphael's Harmonia Mundi: the ceiling of the Stanza della segnatura and its meaning, in “Gazette des beaux-arts”, 136, 2000, pp. 109-124; Emiliani A., Scolaro M., Raffaello: la Stanza della Segnatura, Electa, Milano 2002; De Vecchi P., Raffaello, Rizzoli, Milano 2002, pp. 152-170; Frommel C.L., Raffaello e Giulio II, in Lezioni di Storia dell’Arte, Skira, Milano 2002, pp. 267-287; Raffaello, I Classici dell’Arte, a cura di Prisco M., Rizzoli-Skira, Milano 2003; Capriotti G., Lo splendore dell’arte dei papi. Roma tra il 1500 e il 1535, in La Storia dell’Arte, a cura di Zuffi S., Electa, Milano 2006, vol. IX (Il Rinascimento), pp. 496-503
Annotazioni redazionali: nel 1507 papa Giulio II della Rovere (1443-1513) decise di spostare le sue stanze nel Palazzo Vaticano dall’appartamento Borgia, decorato per il suo predecessore, Alessandro VI Borgia, dal Pinturicchio tra il 1492 e il 1494, al piano superiore, in quello che diventerà l’appartamento di Giulio II. Sotto la supervisione di Bramante, le quattro sale dell’appartamento – oggi note come Stanze Vaticane – furono ristrutturate e in un primo tempo decorate da un gruppo di celebri artisti, tra cui ricordiamo Perugino, Signorelli, Sodoma e Lorenzo Lotto. A questi subentrò nel 1508 il giovane Raffaello, che ben presto si fece notare, ottenendo l’incarico completo dell’impresa. I lavori iniziarono proprio dalla Stanza della Segnatura (1509-1511), ambiente destinato dal pontefice come biblioteca e studio privato (solo sotto Paolo III Farnese la sala divenne il luogo in cui si riuniva il tribunale della Santa Sede, la "Segnatura Gratiae et Iustitiae", da cui il nome odierno; per uno approfondimento si veda Shearman, 1993); il complesso programma di affreschi, ancora non completamente e univocamente interpretato nel suo insieme, è legato proprio a questa funzione originaria della stanza, luogo di studio e meditazione; viene infatti generalmente interpretato come una summa dello scibile umano sulla scorta, da un punto di vista puramente tematico, della tradizione enciclopedica medievale. Varie sono state nel corso degli anni le ipotesi fornite dalla critica sul complesso programma iconografico: interessante la lettura di Edith Wyss (1996), incentrata sul riquadro di Apollo e Marsia, che cerca di evidenziare i complessi collegamenti esistenti tra questa e le scene vicine. Per prima cosa analizziamo l’immagine. Su un finto mosaico dorato si stagliano quattro figure: da sinistra Apollo Citaredo, due figure maschili simili coronate d’edera e Marsia appeso ad un albero. Appare subito evidente che Raffaello sintetizza in un’unica scena due episodi differenti, l’incoronazione di Apollo (il cui gesto della mano sembra anche preannunciare l’inizio della tortura) e la punizione di Marsia, che generalmente nell’arte classica si trovavano separati (unica eccezione il vaso apulo con la punizione di Marsia, scheda opera 07). La posa di Marsia, ritratto di profilo appeso a un albero con le mani incrociate e rilasciate, ricorda molto l’iconografia classica del cosiddetto Marsia Bianco (Cfr. scheda opera 16); unico dettaglio anomalo la cintura d’edera che porta in vita, probabilmente non casuale ma volta a sottolineare una contrapposizione forte tra Apollo e Dioniso, di cui Marsia, in quanto Sileno, era un seguace. L’elemento dell’edera ritorna a coronare i due uomini posti al centro della scena: quello di fianco a Marsia, di cui è visibile il volto, tiene un coltello in mano e lo punta contro la sua vittima, in attesa dell’imminente segnale di Apollo; è senza dubbio identificabile con una rivisitazione dello schiavo Scita, spesso presente nell’arte romana. L’altro, al centro della composizione, in una posizione di rilievo, è colto di spalle mentre incorona d’alloro Apollo, in quanto vincitore della contesa musicale con Marsia. Nell’arte classica questo ruolo era solitamente svolto da una Nike alata (Cfr. scheda opera 10). La Wyss (1996, p. 70) sottolinea la particolare posa contrapposta di questa figura, avvicinandola a una figura spesso presente nei sarcofagi romani identificata con Bacco. Anche per quanto riguarda Apollo è possibile effettuare un collegamento con un precedente tipo iconografico presente nell’arte classica, quello del dio supplicato dal giovane Olimpo di graziare Marsia, che troviamo ad esempio nello stucco della Basilica Sotterranea di Porta Maggiore a Roma (Cfr. scheda opera 13) e nel mosaico policromo di Paphos (Cfr. scheda opera 26). Il riquadro di Marsia si trova tra il tondo della Teologia e quello della Poesia, e dunque è il collegamento tra la scena della Disputa e quella del Parnaso. Data la tematica apparentemente lontana delle due lunette, la Wyss ipotizza immediatamente una possibile lettura in chiave neoplatonica, in cui l’artista ha un ruolo chiave: sulla scorta della dottrina ficiniana del furor divinus, infatti, egli partecipa con la sua creatività all’essenza divina. Alla luce di questa interpretazione, la scena di Apollo e Marsia è collegata con la Disputa e il Peccato Originale da una parte, e con il Parnaso e l’Astronomia dall’altra. Pertanto, se il Peccato Originale mette in luce la natura peccaminosa dell’uomo e il bisogno di redenzione, allora la punizione di Marsia può essere interpretata proprio come espiazione del peccato di hubrys: lo scorticamento, liberandolo dal collegamento con il mondo terreno in cui l’uomo era caduto a seguito del Peccato, lo redime rendendolo nuovamente degno del Regno di Dio; il ruolo di purificatore-redentore è svolto da Apollo. Rispetto alla scena del Parnaso e al riquadro con l’Armonia Universale, la punizione di Marsia voluta da Apollo è vista come azione necessaria per ripristinare quell’armonia cosmica sconvolta dal gesto di hubrys del Sileno e rappresentata da Apollo e dalla sua lira. Molto interessante, per concludere, la lettura dei quattro riquadri come ciclo unico avanzata dalla Wyss (1996, p. 71), per cui le tematiche affrontate sarebbero tutte legate al concetto di armonia, ma anche all’idea di un percorso sapienzale in ascesa. La studiosa non manca poi di evidenziare il ruolo di questi riquadri nel più ampio progetto di glorificazione del papa committente, evidenziando la presenza dello stemma dei Della Rovere e le interpretazioni per ogni riquadro in questo senso.
Chiara Mataloni