31: Apollo e Marsia

Titolo dell’opera: Apollo e Marsia

Autore: Mastro “ia”

Datazione: 1497

Collocazione: Ovidio Methamorphoseos vulgare, Stampato in Venetia per Zoane Rosso vercellese a instantia del nobile homo miser Lucantonio Zonta fiorentino del MCCCCLXXXXVII a dì X del mese de aprile, Venezia 1497, f. 49v

Committenza: Lucantonio Giunta

Tirpologia: incisione

Tecnica: xilografia

Soggetto principale: contesa musicale tra Apollo e Marsia

Soggetto secondario: in alto a sinistra Minerva suona la zampogna durante un banchetto degli dei; in primo piano a sinistra Minerva suona la zampogna in riva a un lago; in primo piano a destra Apollo scortica Marsia; sullo sfondo a destra la pelle di Marsia appesa a un tempio circolare

Personaggi: Apollo, Marsia, Minerva, divinità

Attributi: lira (Apollo); zampogna (Marsia); zampogna, lago (Minerva)

Contesto: scena all’aperto

Precedenti:

Immagini: http://visualiseur.bnf.fr/CadresFenetre?O=IFN-2200018&I=19&M=imageseule

Bibliografia: Wyss E., The myth of Apollo and Marsyas in the art of the Italian renaissance: an inquiry into the meaning of images, Associated university presses, Londra 1996, pp. 83-85; Guthmüller B., Mito, poesia, arte: saggi sulla traduzione ovidiana nel Rinascimento, Bulzoni, Roma 1997, pp. 65-83, 237-250

Annotazioni redazionali: l’Ovidio Methamorphoseos vulgare è il primo volgarizzamento del poema latino stampato a Venezia nel 1497, contenente il testo del XIV secolo di Giovanni de’ Bonsignori (Marsfm13) corredato da una serie di 52 xilografie anonime, destinate a giocare “un ruolo determinante nell’iconografia dei miti ovidiani” (Guthmüller, 1997, p. 66). Per la prima volta dopo il Medioevo, infatti, in queste incisioni veniva riproposto il contenuto del mito unito alla sua forma classica, in linea con lo spirito rinascimentale; di conseguenza, erano molto frequenti i nudi. La cosa non passò inosservata, ma generò un certo scandalo iniziale tanto che le illustrazioni della prima edizione del 1497 furono censurate con la copertura delle nudità maschili e femminili attraverso dei tratti più scuri, mentre già dall’edizione successiva del 1501 la censura sparì (per una ricostruzione della vicenda si rimanda a Guthmüller, 1997, pp. 237-250). Nella xilografia sono rappresentati cinque episodi tratti dal testo del Bonsignori in sequenza narrativa. Partendo dall’alto a sinistra troviamo l’antefatto della contesa musicale tra Marsia e Apollo: in piedi, di fronte ad una tavola imbandita cui siedono quattro figure, una donna sta suonando una zampogna. Si tratta di Minerva che, inventato il nuovo strumento a fiato, inizia a suonarlo di fronte agli dei durante un banchetto, ma viene derisa da Giunone e Venere a causa della deformazione del viso causata dal soffiare nella canna. L’episodio, assente nel testo di Ovidio, fu narrato per la prima volta nelle Fabulae di Igino (Marsfc23); ripreso poi dai vari mitografi medievali, è in apertura del testo di Bonsignori (Marsfm13); attraverso delle nuvole stilizzate, l’incisore ha voluto dare l’idea che la scena si svolgesse nell’Olimpo. La narrazione prosegue poi in primo piano, dove a sinistra vediamo nuovamente Minerva, seduta nei pressi di un lago, che suona lo strumento da lei inventato, qui una zampogna, nel testo una “cialamella”. Racconta infatti Bonsignori che “Pallas se vergognò e partìose e discese del cielo e venne sopra le palude de Tritone e, reguardando ne l'acqua, incominciò a sonare, ed allora vidde che le guance li sse gonfiavano oltra modo, ed allora pensò che lli dii aveano per questo riso, per la qual cosa gettò via quella celemella e non volse più sonare (...)” (Marsfm13). La ciaramella fu poi ritrovata da Marsia, identificato nel testo di Bonsignori non come un satiro, ma come un semplice “villano”, proprio come viene raffigurato nella xilografia. La narrazione infatti continua al centro, dove troviamo il momento cruciale della contesa musicale tra Apollo e Marsia. Il dio, riccamente abbigliato, è in piedi e tiene in mano la sua lira da braccio (nel testo si parla di una “cetira”, una cetra), mentre il suo contendente seduto su un tronco mozzo suona la zampogna. Unica discrepanza rispetto al testo di Bonsignori è l’assenza di un giudice, nominato tra l’altro solo di sfuggita. La scena successiva è quella della punizione che Apollo, il vincitore, ha scelto per la sua vittima, Marsia. Il pastore, ora nudo, è probabilmente immobilizzato, la mano sinistra dietro la schiena, e cerca di divincolarsi mentre lo stesso Apollo con un coltello in mano inizia a scuoiarlo vivo per punirlo della sua arroganza. Come sottolinea Edith Wyss (1996), è questa la prima volta in cui è Apollo in prima persona a compiere il terribile gesto. Infine, sullo sfondo a destra è visibile un tempio circolare da cui pende una sagoma umana: si tratta del luogo in cui Apollo appese la pelle di Marsia come monito a non sfidare gli dei (Marsfm13).

Chiara Mataloni