25: Apollo e Marsia

Titolo dell’opera:

Autore:

Datazione: IV sec. d.C.

Collocazione: Tunisia, Nabeul, Museo Archeologico (proveniente da Kélibia)

Committenza:

Tipologia: mosaico policromo (188 x 133 cm)

Tecnica:

Soggetto principale:

Soggetto secondario:

Personaggi: Minerva, Marsia, divinità fluviale

Attributi: elmo, aulòs (Minerva); aulòs, pelle animale (Marsia)

Contesto: scena all’aperto

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini:

Bibliografia: Fantar M., Le mythe de Marsyas sur deux nouvelles mosaiques de Tunisine, in L’Africa romana, atti del 4° Convegno di studio (Sassari, 12-14 dicembre 1986), a cura di Mastino A., Universita degli studi di Sassari, 1987, vol. I, pp. 151-166; Rawson P.B., The myth of Marsyas in the roman visual arts : an iconographic study, B.A.R., Oxford 1987, p. 115, n. 4; Weis A., ad vocem “Marsyas I”, in Lexicon Iconographicum Mythologiae Classicae, Verlag, Zurigo-Monaco, 1992, vol. VI, 1, p. 369

Annotazioni redazionali: ritrovato fortuitamente nel 1974 al di sotto della fortezza del XVI sec. di Kelibia, questo mosaico fa parte di una decorazione più ampia, composta da più pannelli tutti – tranne questo – molto rovinati. La scena rappresenta l’invenzione dell’aulòs da parte di Minerva, che viene spiata da Marsia. Sulla sinistra, Minerva seduta su una roccia tiene in mano l’aulòs e rivolge lo sguardo verso destra, dove troviamo una personificazione fluviale raffigurata secondo l’iconografia più tradizionale. La dea indossa un abito molto ricco, quattro bracciali e una collana, tutti particolari che tendono a sottolinearne l’aspetto femmineo piuttosto che quello – più tradizionale – da guerriera (Fantar, 1987; Cfr. scheda opera 23). L’enfatizzazione dell’aspetto femmineo su cui calca il mosaicista risulta perfettamente in linea con il motivo della scena, il rifiuto dell’aulòs dettato da motivi puramente estetici. A tal proposito, Fantar mette in luce anche l’espressione di sdegno che la dea rivolge verso la personificazione fluviale, allegoria del Meandro, che con la mano destra compie un gesto particolare, rivolto a Minerva, come se – indicandosi il volto – volesse segnalare alla dea proprio la deformazione causata dal suo strumento. Da segnalare che M’hamed Fantar (1987), sia nel caso di questo mosaico che in quello di Dougga (Cfr. scheda opera 23), propone un’ipotesi interessante per spiegare l’accentuazione della femminilità di Atena, che – in ambito tunisino – potrebbe essere stata influenzata dalla fenicia Ashtart, divinità legata all’amore, alla guerra e alla fecondità. Infine, nascosto dietro una collina, troviamo Marsia, in una posizione molto simile a quella raffigurata in alto nel mosaico proveniente da Dougga: in entrambe le scene è visibile solo il busto, ricoperto da un mantello fatto di pelle di leopardo.

Chiara Mataloni