20: Apollo e Marsia

Titolo dell’opera: storia di Marsia

Autore:

Datazione: 199-220 d.C. ca.

Collocazione: Copenhagen, Ny Carlsberg Glyptothek (proveniente da Sidon)

Committenza:

Tipologia: scultura

Tecnica: sarcofago in marmo bluastro scolpito in rilievo

Soggetto principale: contesa musicale tra Marsia e Apollo

Soggetto secondario: Minerva e il flauto; supplizio di Marsia

Personaggi: Marsia, Apollo, Minerva, Cibele, muse, Scita, Olimpo (?), altri personaggi

Attributi: aulòs (Marsia); lira, Muse (Apollo); elmo (Minerva); berretto frigio (Scita)

Contesto:

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini:

Bibliografia: Cumont F., Recherches sur le symbolisme funerarie des Romains, Librairie Orientaliste Paul Geuthner, Parigi 1942, pp. 17-20, 303-304, 316-318; Poulsen F., Catalogue of ancient sculpture in the Ny Carlsberg Glyptotek, Copenhagen 1951, pp. 532 e sgg., n. 782; Turcan R., Les sarcophages romains a representations dionysiaques: essai de chronologie et d'histoire religieuse, De Boccard, Parigi 1966, pp. 107 e sgg, 204, 215-217; Sande S., The myth of Marsyas: Pieces of a sculptural jigsaw, in “Metropolitan Museum Journal”, 16, 1981, pp. 55-73; Weis A., The hanging Marsyas : the origin and history, University Microfilm International, Ann Arbor 1981, n. 192; Rawson P.B., The myth of Marsyas in the roman visual arts : an iconographic study, B.A.R., Oxford 1987, pp. 179-180, n. XV; Weis A., ad vocem “Marsyas I”, in Lexicon Iconographicum Mythologiae Classicae, Verlag, Zurigo-Monaco, 1992, vol. VI, 1, pp. 366-378; Wyss E., The myth of Apollo and Marsyas in the art of the Italian renaissance: an inquiry into the meaning of images, Associated university presses, Londra 1996, pp. 22-23; Turcan R., Messages d’outre-tombe. L’iconographie des sarcophages romains, De Boccard, Parigi, 1999, pp. 77-79

Annotazioni redazionali: su questo sarcofago troviamo affiancati tre episodi del mito di Marsia: da sinistra Minerva con il flauto, la contesa tra Marsia e Apollo e la punizione del satiro. Si tratta di uno schema compositivo piuttosto diffuso per i sarcofagi raffiguranti questo mito, tant’è che lo ritroviamo anche in quello della Galleria Doria (Cfr. scheda opera 22). Cumont sostiene che il motivo per cui esistono una trentina di sarcofagi classici con la raffigurazione della storia di Marsia, apparentemente poco adatta a questo tipo di decorazione, sia l’esistenza di una lettura di tale mito in chiave pitagorica. Sappiamo infatti, grazie ad Aristide Quintiliano (Marsfc36), che i Pitagorici leggevano questo mito come simbolo della vittoria della lira, strumento divino, sul flauto, strumento viceversa tacciato di suscitare delle passioni impure; dal momento che le corde della lira rappresentavano l’armonia delle sfere celesti, allora la vittoria di Apollo su Marsia simboleggiava il processo di purificazione dell’uomo, capace finalmente di liberarsi dal peso delle cose materiali in vista di un’ascesa mistica. Nella prima scena Minerva, sulla destra, mentre suona l’aulòs vede il suo riflesso in uno specchio d’acqua (rappresentato da una personificazione fluviale); sulla sinistra, a spiarla, troviamo Marsia, pronto a raccogliere il flauto che di lì a poco la dea getterà via maledicendolo. La scena centrale, che occupa la porzione più ampia della lastra, è quella della contesa musicale tra Marsia e Apollo, raffigurati al centro della composizione, in una posizione quasi speculare, circondati da una serie di divinità, secondo lo schema più diffuso nei sarcofagi. Alla sinistra di Marsia, Bacco, Cibele in trono e Minerva, riconoscibile dall’elmo; accanto ad Apollo, Latona, sua madre, in trono. Sullo sfondo troviamo sette figure femminili, riconoscibili da un dettaglio, una piuma sulla testa; secondo l’interpretazione di Cumont (1942) si tratterebbe delle Muse, giudici della contesa secondo molte fonti letterarie (Marsfc23; Marsfc29); la piuma starebbe a ricordare la loro vittoria in una contesa musicale contro le sirene (Turcan, 1999, p. 76). Cumont sottolinea che l’artista ha scelto di rappresentare solo sette delle nove Muse, e su questa particolarità basa la sua interpretazione filosofico-cosmologica, per cui Apollo Musageta rappresenterebbe il sole posto al centro delle sfere planetarie, su cui siedono le Muse, di cui è motore. In questo senso, Apollo-sole assicurerebbe il movimento armonioso delle sfere divine, laddove invece l’aulòs di Marsia sarebbe solo un’imitazione umana, limitata, di questa armonia divina, e come tale viene sconfitta. Cumont segnala che le due Muse mancanti si ritrovano nel coperchio del sarcofago, dove al centro vediamo il busto del defunto, secondo una tipica iconografia siriana, e poi, rispettivamente a sinistra e a destra, Apollo con il grifone e Talia con una maschera comica, Artemide con un cane da caccia e Erato con la lira e il plettro. Apollo e Artemide rappresentano in questo caso il sole e la luna e dunque l’eternità.L’ultima scena, nell’angolo a destra, vede Marsia sconfitto e appeso a un albero in attesa di subire la punizione prescelta. Inginocchiato, intento ad affilare la lama, lo Scita; l’iconografia è molto simile a quella del celebre Arrotino degli Uffizi (Cfr. scheda opera 12): in entrambi i casi, infatti, lo Scita è nudo con un mantello poggiato sulle spalle; unica differenza il berretto frigio, assente nel modello illustre. In piedi, un ragazzo con un berretto frigio e un fazzoletto con cui si sta asciugando gli occhi: secondo Cumont, si tratterebbe di Olimpo che piange il suo maestro, mentre la Weis – senza tener conto del particolare piuttosto eloquente del fazzoletto – sostiene si tratti di un altro schiavo coinvolto nell’esecuzione, come nel caso del sarcofago di Palazzo Doria (Cfr. scheda opera 22).

Chiara Mataloni