07: Apollo e Marsia

Titolo dell’opera: punizione di Marsia

Autore:

Datazione: 380-370 ca. a.C.

Collocazione: Napoli, Museo Archeologico Nazionale (proveniente da Armento, Basilicata)

Committenza:

Tipologia: lecythos apula (h. 36 cm; diam. 55 cm)

Tecnica: vaso policromo a rilievo

Soggetto principale: Marsia legato a un albero in attesa del supplizio; accanto a lui Apollo e lo schiavo Scita

Soggetto secondario: Nike sta incoronando Apollo

Personaggi: Marsia, Apollo, Scita, Nike, Muse, due figure maschili

Attributi: ali, corona d’alloro (Nike); coltello (Scita)

Contesto:

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini:

Bibliografia: Weis A., The hanging Marsyas : the origin and history, University Microfilm International, Ann Arbor 1981, pp. 20-31, 66-73, n. 44; Weis A., The motif of the adligatus and tree: a study in the sources of Pre-Roman iconography, in “American Journal of Archaeology”, 86, 1, 1982, pp. 21-38; Rawson P.B., The myth of Marsyas in the roman visual arts: an iconographic study, B.A.R., Oxford 1987, pp. 41-52; Weis A., ad vocem “Marsyas I”, in Lexicon Iconographicum Mythologiae Classicae, Verlag, Zurigo-Monaco, 1992, vol. VI, 1, pp. 370, 376

Annotazioni redazionali: come emerge da un’analisi anche sommaria delle opere classiche pervenuteci, nel V secolo a.C. in Grecia non troviamo traccia di un’iconografia relativa alla punizione di Marsia, tematica che avrà invece tanta fortuna nei secoli successivi (Cfr. scheda opera 15 e scheda opera 16). Nel suo studio, Anne Weis (1981) sottolinea come invece in una serie di vasi apuli di V-IV sec. a.C. siano presenti delle raffigurazioni del momento immediatamente precedente a quello della punizione per scorticamento, in cui Marsia legato ad un albero è generalmente affiancato ai suoi due aguzzini, Apollo e lo Scita. È questo il caso della lekythos a rilievo conservata a Napoli, cui la studiosa dedica un approfondimento a parte. La composizione, decisamente affollata, è divisa in due da un albero, in particolare una palma, che fa da asse alla scena. La palma compare spesso associata ad Apollo in alcune raffigurazioni attiche; un esempio è il cratere a volute conservato a Ruvo di Puglia (Cfr. scheda opera 04), in cui il particolare serve ad indicare che la contesa si svolge presso il santuario di Apollo a Delfi o a Delo (Weis, 1981, p. 69). Legato all’albero troviamo Marsia, inginocchiato in una posa molto scomposta che ci fa intuire che il sileno sta subendo una tortura. Ai suoi lati, infatti, sono presenti Apollo, che indossa un lungo chitone, e lo schiavo scita sulla sinistra, che minaccia Marsia con il coltello. In alto è distinguibile la sagoma di una Nike alata che sta incoronando Apollo. Le altre figure si dispongono su due livelli ai lati dell’albero; si tratta di nove donne e due giovani uomini. Le figure femminili, per numero e abbigliamento, sono facilmente identificabili con le nove Muse, spesso presenti nelle raffigurazioni della contesa musicale tra Apollo e Marsia, talora indicate dalle fonti letterarie come giudici della stessa (Marsfc23; Marsfc29). Due di loro, reggono gli strumenti musicali che hanno preso parte alla gara: a sinistra una figura molto lacunosa tiene in mano l’aulòs, sulla destra, accanto ad Apollo, una delle Muse suona la lira. Anne Weis in un interessante articolo del 1982 sottolinea come il motivo dell’adligatus, un personaggio appoggiato di spalle a un albero cui è legato per le braccia, si ripeta in quattro miti diversi: oltre a quello di Marsia, nelle vicende di Amico, Pirito, e Andromeda, tutti episodi in cui i protagonisti si trovano a dover scontare una punizione per aver commesso un atto di hybris o di empietà. Per quanto riguarda il mito di Marsia, questo motivo si incontra nuovamente in almeno un paio di esempi, praticamente coevi, dell’arte romano-imperiale, in uno degli stucchi della basilica di Porta Maggiore (Cfr. scheda opera 13) e nel cosiddetto Sigillum Neronis conservato a Napoli (Cfr. scheda opera 14).

Chiara Mataloni