60-30 a.C.
DIODORO SICULO, Biblioteca Storica, III, 58-59; V, 75, 3
Traduzione tratta da: Diodoro Siculo, Biblioteca Storica, Libro III, traduzione di Corcella A., Libro V, trad Orsi D.P., Sellerio Editore, Palermo 1986, pp. 172-174, 290
III, 58-59. Ma c'è una tradizione sulla nascita di questa dea anche in Frigia. Infatti, gli abitanti del luogo raccontano che anticamente fu re della Frigia e della Lidia Meone: questi, sposata Dindime, avrebbe generato una figlia femmina, ma non volendo allevarla l'avrebbe esposta sul monte detto Cibelo. Qui, per una divina provvidenza, i leopardi e alcune altre belve di singolare forza avrebbero porto alla bimba le mammelle e l'avrebbero nutrita; e alcune donne che facevano pascolare le mandrie presso quel luogo avrebbero scorto quel che succedeva, e meravigliate dell'accaduto avrebbero preso con sé la neonata, chiamandola Cibele dal nome del luogo. La ragazza, cresciuta, sarebbe stata di singolare bellezza e temperanza, nonché di prodigiosa intelligenza: per prima infatti avrebbe escogitato la siringa a più canne e avrebbe inventato per i giochi e le danze cimbali e timpani, e inoltre avrebbe introdotto delle purificazioni per le bestie malate e per i bambini infanti; pertanto, poiché i bambini venivano salvati dai suoi incantesimi e nella maggior parte erano da lei presi tra le braccia, per la cura e l'amore che ella riponeva in essi sarebbe stata chiamata da tutti « madre dei monti». Dicono che si legasse a lei e provasse per lei grande amicizia il frigio Marsia, ammirato per intelligenza e temperanza: come indizio dell'intelligenza adducono la sua capacità di imitare i suoni della siringa a più canne trasferendone tutta la complessa armonia di suoni nei flauti; e segno della sua temperanza dicono sia stato il fatto di essere rimasto sino alla morte senza provare i piaceri d'amore. Cibele, dunque, giunta alla maturità, si sarebbe innamorata di un giovinetto del luogo, chiamato Attis, ma in seguito appellato come Papas; si sarebbe unita di nascosto a lui, restandone incinta; e allora sarebbe stata riconosciuta dai genitori. Pertanto sarebbe stata condotta al palazzo reale, e il padre l'avrebbe dapprima accolta ritenendola vergine, ma poi, resosi conto del fatto che era stata violata, avrebbe fatto uccidere le nutrici e Attis, gettandone via i corpi senza sepoltura; dicono che allora Cibele, a causa dell'amore per il giovane e del dolore per le nutrici, divenne pazza e se ne fuggi nella campagna. E da sola, lamentandosi e suonando i timpani, avrebbe percorso tutta la regione, con i capelli discinti; e Marsia, provando pietà per la sua sofferenza, di sua volontà si sarebbe messo al suo seguito per vagare insieme con lei, in nome della precedente amicizia. I due sarebbero giunti da Dioniso, a Nisa, e vi avrebbero trovato Apollo, il quale riscuoteva molto favore con la cetra (dicono che essa sia stata inventata da Ermes, ma che Apollo per primo l'abbia saputa usare nel modo giusto); Marsia avrebbe conteso con Apollo riguardo all'abilità nell'arte, e sarebbero stati nominati giudici i Nisei: Apollo avrebbe la prima volta suonato con la cetra una melodia senza accompagnamento vocale, mentre Marsia, attaccando con i flauti, avrebbe sbalordito le orecchie degli ascoltatori con il suo suono straniero, e in virtù della sua melodia sarebbe apparso molto superiore al concorrente precedente. Accordatisi per mostrare ai giudici la loro abilità artistica a confronto, dicono che Apollo la seconda volta attaccò un canto armonizzato con il pezzo suonato dalla cetra, con il quale superò il favore precedentemente ottenuto dai flauti; al che il primo, irritato, avrebbe cercato di far capire agli ascoltatori che egli veniva sconfitto contro ogni giustizia: ché doveva esservi un confronto tra le rispettive abilità nell'arte, non tra le voci; e in questo confronto bisognava mettere alla prova l'armonia e la melodia della cetra e dei flauti; e, inoltre, che era ingiusto mettere insieme a confronto due arti contro una. Allora, raccontano, Apollo rispose che non aveva alcun vantaggio su di lui: infatti Marsia faceva una cosa simile a quella fatta da lui, soffiando nei flauti; quindi bisognava o che questo stesso diritto di mistione fosse concesso a entrambi, o che nessuno dei due gareggiasse con la bocca, e solo con le mani mostrassero la loro arte. Gli ascoltatori avrebbero giudicato che Apollo diceva cose più giuste, e si sarebbe fatto un nuovo paragone delle rispettive abilità: e Marsia sarebbe stato sconfitto, mentre Apollo, comportandosi in maniera piuttosto dura perché eccitato dalla contesa, avrebbe scorticato vivo lo sconfitto. Ma subito pentitosi, e irritato per ciò che aveva fatto, avrebbe rotto le corde della cetra e distrutto l'armonia che aveva inventato. Di questa armonia in seguito le Muse avrebbero ritrovato la nota del medio, Lino quella dell'indice, Orfeo e Tamira l'ultima e la penultima. Apollo quindi dicono che riponesse nell'antro di Dioniso la cetra e i flauti e, innamoratosi di Cibele, andasse vagando con lei fino agli Iperborei. Ma in Frigia si sarebbe abbattuta tra gli uomini una epidemia e la terra sarebbe divenuta sterile; e i colpiti della disgrazia avrebbero chiesto al dio un responso su come allontanare quei mali; e dicono che egli ordinò loro di dar sepoltura al corpo di Attis e di onorare Cibele come una dea. Pertanto i Frigi, poiché il corpo era scomparso col tempo, avrebbero preparato un simulacro del giovane, recandosi a pregare presso il quale, con gli onori appropriati alla disgrazia, cercavano di propiziarsi e placare l'ira del giovane che aveva subito ingiustizia; e questo essi continuerebbero a farlo fino alla nostra età. Per Cibele, poi, avrebbero costruito anticamente degli altari, e compiuto sacrifici ogni anno; in seguito, a Pisinunte, in Frigia, le avrebbero costruito un tempio sontuoso, stabilendo per lei degli onori e dei sacrifici assai splendidi; e il re Mida si sarebbe unito al comune amore per il bello mostrato nel fare queste cose; e accanto alla statua della dea avrebbe posto leopardi e leoni in quanto pare che essa sia stata inizialmente da questi nutrita. Riguardo dunque alla madre degli dèi questi racconti mitici vengono narrati presso i Frigi e presso gli Atlantii che abitano sulla costa dell'oceano.
V, 75, 3. I Cretesi mettono in relazione con Ermes le ambascerie che si svolgono durante le guerre, gli accordi, i patti e l'insegna dell'araldo, che sono soliti portare coloro che trattano tali questioni: è per mezzo di tale insegna che essi ottengono dai nemici la garanzia dell'incolumità personale; appunto per questo l'insegna è chiamata « Ermete comune », per il fatto che essa è di giovamento comune ad entrambi i contendenti che stipulano la pace durante la guerra. Dicono che Ermete per primo abbia inventato i pesi e le misure, i guadagni ottenuti con il commercio e come appropriarsi furtivamente dei beni altrui. È stato tramandato che egli è l'araldo degli dèi, ancora che è un ottimo messaggero perché espone (hermeneuein) con chiarezza tutti gli ordini che gli siano stati impartiti. Ed è per questo che il dio ha ricevuto il suo nome (Ermete), non perché egli abbia inventato nomi e frasi (come alcuni dicono), ma perché si è abituato ad eseguire l'ambasceria in modo chiaro ed appropriato, meglio degli altri. Ermete fece conoscere agli uomini le palestre e inventò la lira (che costruì dal guscio della tartaruga) dopo la gara fra Apollo e Marsia: Apollo (così si racconta), che aveva vinto, si penti di aver inflitto una punizione eccessiva allo sconfitto, spezzò le corde della cetra e per un certo periodo si astenne dalla musica. Secondo il mito Dioniso avrebbe scoperto la vite e come si coltiva, ancora come preparare il vino e come conservare la maggior parte dei prodotti autunnali, affinché gli uomini potessero servirsene come cibo a lungo. Dicono che questo dio nacque a Creta da Zeus e da Persefone; Orfeo ha tramandato nei suoi misteri che egli fu fatto a pezzi dai Titani. Accade, infatti, che siano esistiti più personaggi di nome Dioniso, sui quali noi abbiamo riferito con maggiore chiarezza e dettagliatamente al momento opportuno. I Cretesi si sforzano di dimostrare che il dio nacque presso di loro e affermano che egli fondò due città su due isole vicino Creta, nei golfi chiamati «gemelli»; Dioniso avrebbe chiamato entrambe le città dal suo nome Dionisiade, il che egli non ha fatto in nessun altro luogo della terra.