71: Ratto di Proserpina

Titolo dell'opera: Ratto di Proserpina

Autore: Valerio Castello (1624-1659)

Datazione: 1657-1659

Collocazione: Genova, Palazzo Balbi-Senarega, Galleria-loggia (di Proserpina), testata ovest

Committenza: Francesco Maria Balbi

Tipologia: pittura parietale

Tecnica: affresco

Soggetto principale: Plutone rapisce Proserpina

Soggetto secondario:

Personaggi: Plutone, Proserpina, putti

Attributi: carro (Plutone); fiori (Proserpina); archi, frecce (putti)

Contesto:

Precedenti: Valerio Castello, Ratto di Proserpina, 1656-1657, olio su tela, Roma, Palazzo Barberini (cfr. scheda opera 70)

Derivazioni:

Immagini:

Bibliografia: Newcome M., Valerio Castello. A Genoese Master of the Seicento, in “Apollo”, 1978, pp. 324-325; Gavazza E., Lo spazio dipinto. Il grande affresco genovese nel '600, Genova 1989, pp. 11. 74-76, 274, 277; Gavazza E.-Lamera F., La pittura in Liguria. Il secondo Seicento, Sagep Editrice, 1990, pp. 190-192; Casazza O., Gennaioli R. (a cura di), Mythologica et Erotica. Arte e Cultura dall'antichità al XVIII secolo, Sillabe, Livorno 2005, p. 164.

Annotazioni redazionali: Valerio Castello, che già si era occupato della decorazione del palazzo di Giovan Battista Balbi (palazzo Reale), si impegna, verosimilmente in un momento appena successivo, in un'altra dimora di un Balbi, il cugino di Giovan Battista, Francesco Maria. Gli affreschi da lui eseguiti hanno come scopo quello di testimoniare e perpetuare nel tempo il prestigio del committente, figura di punta nella contemporanea vicenda economica cittadina. Tra questi, un ratto di Proserpina, raffigurato nella testata dell'omonima galleria: su una nuvola nera, in un contesto non bene identificato, Plutone e Proserpina sembrano fluttuare nell'aria. La fanciulla si dibatte tra le braccia del dio che, però, la tiene ben stretta. I fiori le cadono dalla veste, proprio come racconta Ovidio (Prosfc12), mentre attorno a loro dei puttini volano con archi e frecce, simboli dell'amore passionale di Plutone. Il carro del dio è poco più dietro, già pronto a condurre i due amanti nell'Ade.

La decorazione di questo soggetto mitologico sembra ricollegarsi al tema cardine di tutta la decorazione del palazzo, testimoniando la fecondità della natura, che porta benessere e ricchezza. Se Cerere e Proserpina erano dall'antichità conosciute come dee agresti collegate alla natura e alla fecondità, il concetto emerge ancor di più nelle versioni moralizzate della favola di Ovidio, come attestano, ad esempio, le Annotazioni dell'Orologgi (Prosfr13) alla traduzione dell'Anguillara (Prosfr12), contemporanee all'artista. Qui, infatti, si afferma che “L'alegoria del rubamento fatto da Plutone, di  Proserpina  figliuola di Cerere; è che le ricchezze, delle quali Plutone è Dio, vengono da i frutti della terra” e, poco più avanti, che “Le ruote del Carro di Plutone, co 'l quale ruba  Proserpina, non sono altro poi che i continui giri di quelli che desiderano aricchire”.

Le figure dei protagonisti e le loro pose ricordano quelle dell'olio su tela del 1656-1657 ora conservato a Palazzo Barberini (cfr. scheda opera 70), ad opera dello stesso Valerio Castello, tanto che si è pensato che quest'ultimo sia stato un “esercizio” per l'affresco qui in esame (Newcome, 1978).

 

Roberta Diglio