
Titolo dell’opera: Ratto di Proserpina
Autore: Valerio Castello (1624-1659)
Datazione: 1656-1657 ca.
Collocazione: Roma, Palazzo Barberini
Committenza:
Tipologia: dipinto
Tecnica: olio su tela (87 x 138 cm)
Soggetto principale: Plutone rapisce Proserpina
Soggetto secondario: le compagne di Proserpina assistono alla scena; due putti sono nell'atto di scoccare le loro frecce
Personaggi: Plutone, Proserpina, compagne di Proserpina, putti
Attributi: tridente, carro, cavalli (Plutone); fiori (Proserpina); archi, frecce (putti)
Contesto:
Precedenti:
Derivazioni: Valerio Castello, Ratto di Proserpina, affresco, Genova, Palazzo Balbi-Senarega (cfr. scheda opera 71)
Immagini:
Bibliografia: Pevsner N., Die Wandlung um 1650 in der italienischen Malerei, in “Wiener Jahrbuch für Kunstgeschichte”, 8, 1932, pp. 69-92; Newcome M., Valerio Castello. A Genoese Master of the Seicento, in “Apollo”, 1978, pp. 324-325; Biavati, Momenti rubensiani nella pittura genovese, in Gavazza E., Rotondi Terminiello G., Genova nell'età barocca, Nuova Alfa Editoriale, Bologna 1992, pp. 143-144; Pavone M.A., Metamorfosi del mito. Pittura barocca tra Napoli Genova e Venezia, Electa, Milano 2003, p. 125; Casazza O., Gennaioli R. (a cura di), Mythologica et Erotica. Arte e Cultura dall'antichità al XVIII secolo, Sillabe, Livorno 2005, p. 164.
Annotazioni redazionali: Il soggetto del ratto di Proserpina è trattato da Valerio Castello anche in altre due opere: nella tela di Palazzo Reale di Genova (cfr. scheda opera 68) e nell'affresco di Palazzo Balbi-Senarega, sempre a Genova (cfr. scheda opera 71). In particolare, l'opera in esame è stata interpretata come un “esercizio” per quest'ultimo (Newcome, 1978).
Qui, l'artista si avvale di una straordinaria libertà compositiva: egli offre un'interpretazione del soggetto mitologico in termini teatrali, utilizzando, come supporto, l'escamotage della quinta spalancata, che sembra provenire direttamente dalla scenotecnica cinque-seicentesca degli “Intermezzi” e dell'“Opera-Torneo” (Gavazza-Rotondi Terminiello, 1992). Sottolineato da un uso del colore rubensiano, si apre improvvisamente, in un tranquillo giardino, uno squarcio infernale, in cui il carro di Plutone sta per inabissarsi. Eppure, la scena dipinta da Castello non è affatto violenta: l'artista sceglie di far trasparire soprattutto il tema amoroso, ponendo due amorini alati intenti a scoccare dardi, mentre sui volti delle compagne di Proserpina, appena delineati, non si può scorgere alcun sentimento di paura (Casazza-Gennaioli, 2005).
L'ambiente colto in cui Valerio Castello cresce, grazie all'amicizia del padre con alcuni scrittori del tempo come Chiabrera, Tasso e Marino, stimola il suo interesse nei confronti della letteratura classica e moderna. E, infatti, sono varie le influenze letterarie che appaiono in questo Ratto di Proserpina.
Il tema è chiaramente quello narrato nelle Metamorfosi (Prosfc12). Tratti dal capolavoro di Ovidio, difatti, sono sicuramente anche i fiori che cadono dalla veste scomposta di Proserpina:
...e poiché aveva strappato il lembo inferiore
della veste, questa s'allentò e i fiori raccolti caddero a terra.
Sempre d'ispirazione ovidiana, il rivolo d'acqua in basso in primo piano menzionato nei Fasti (Prosfc13):
La figlia, come sempre, dalle compagne seguita
errava a piedi nudi per il solito prato.
Nel fondo d’una valle ombrosa v’è un luogo bagnato
dai copiosi spruzzi d’una cascata d’acqua.
Eran, lì sotto, tanti colori quanti n’ha la natura
e la terra splendea variopinta di fiori.
Il tema dell'acqua, però, potrebbe anche richiamare alla mente l'episodio di Cìane, la ninfa che cerca di ostacolare il rapimento di Proserpina e che, non riuscendoci, piange così tanto da liquefarsi (Casazza-Gennaioli, 2005). L’ipotesi è suffragata da una testimonianza che si trova nella Storia varia di Claudio Eliano, filosofo e scrittore greco che visse tra il II e il III secolo d.C., per cui anche allora, in Sicilia, i Siracusani solevano rappresentare Ciane con la statua di una donna. Vale la pena menzionare una parte della critica, che vede nella fontana un simulacro di Cìane (Gavazza-Rotondi Terminiello, 1992).
Ma Valerio Castello non si è ispirato principalmente solo a Ovidio: alcuni elementi, infatti, sono stati da lui desunti da altri autori. Ad esempio, la fontana posta all'estremità sinistra della tela, decorata con una statua dalle sembianze femminili, potrebbe trovare riscontro nella descrizione del giardino che Giovanni Battista Marino fa nel V Idillio de La Sampogna (Prosfr16), quando narra il rapimento di Proserpina (Biavati, 1992):
Sotto un gran padiglion di verdi fronde
sorge vaga fontana,
in cui di puro e candido alabastro
ha di Natura il simulacro inciso.
Infine, proprio per quest'opera, Pevsner (1932) ha elaborato una sua interessante teoria, tuttora valida e accettata, secondo cui a metà del Seicento in Italia si sarebbe andato sviluppando uno stile che, traendo le proprie radici dal Manierismo cinquecentesco e allo stesso tempo elaborando precocemente una forma di Manierismo del Barocco, gettava le premesse della pittura Rococò europea. Effettivamente, quest'operadi Valerio Castello sembra precorrere di quasi un secolo gli “sfondati” degli affreschi illusionistici del Settecento veneto o mitteleuropeo.
Roberta Diglio