60: Ratto di Proserpina

Titolo dell'opera: Ratto di Proserpina

Autore: Rembrandt Harmenszoon Van Rijn (1606-1669)

Datazione: 1631 ca.

Collocazione: Berlino, Staatliche Museen Preussischer Kulturbesitz, Gemäldegalerie

Committenza: Federico Enrico d'Orange (1584-1647)

Tipologia: dipinto

Tecnica: olio su tavola (84,8 x 79,7 cm)

Soggetto principale: Plutone rapisce Proserpina sul suo carro

Soggetto secondario:

Personaggi: Plutone, Proserpina, Diana, Minerva, compagna, servitore

Attributi: carro, cavalli (Plutone); cestino, fiori (Proserpina); luna, faretra (Diana); elmo (Minerva)

Contesto: paesaggio boschivo

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini: http://www.photo.rmn.fr/LowRes2/TR1/FMPTBI/04-500710.jpg

Bibliografia: Restorff N., Elements of a composition of Elsheimer's traced in a painting by Rembrandt, in “Burlington Magazine”, 12, 1907-1908, p. 105; Frankl P., Die Persephone-Bilder von Lambert Sustris, Rubens und Rembrandt, in “Oud-Holland”, 55, 1938, pp. 156-164; Saxl F., Lectures, Warburg Institute, London 1957, pp. 298-310; Clark K., Rembrandt and the Italian Renaissance, Murray, London 1966, pp. 8-10; Gombrich E.H., Aby Warburg. An intellectual biography, London 1970, pp. 230-232; Andrews K., Adam Elsheimer. Il Contento, Board of trustees of the national gallery of Scotland, Edinburgh 1971, p. 21; Campbell C.G., Studies in the formal sources of Rembrandt's figure compositions, typescript dissertation University of London 1971, pp. 43-44; Held J.S., Rembrandt and the classical world, in Rembrandt after three Hundred Years, A Symposium (22-24 Ottobre 1969), The Art Institute of Chicago, Chicago 1973, pp. 49-66; Rembrandt Research Project, A corpus of Rembrandt paintings, I, M. Nijhoff, The Hague 1982, pp. 365-372; Spinelli I.-Venuti R. (a cura di), Mnemosyne. L'atlante della memoria di Aby Warburg, Artemide Edizioni, Roma 1998, p. 83; Schwartz G., Rembrandt's Universe. His art, his life, his world, Thames & Hudson, London 2006, p. 340.

Annotazioni redazionali:Il carro avanza velocemente verso il mondo degli inferi. Proserpina non si abbandona a vaghi gesti di disperazione, adunghia invece risolutamente il fosco volto di Plutone. Alle sue vesti si aggrappano, come emergendo dall'acqua, le sue compagne, i cui corpi sono nascosti dalla vegetazione. Il carro di Rembrandt proviene senza alcun dubbio dallo stesso laboratorio di quello del Tempesta (cfr. scheda opera 53), se non che la maschera generica è divenuta qui la testa di un leone […]. I fronzoli sentimentali sono stati spazzati via. Un soffio si leva di quell'aria sinistra dell'Ade che già compenetrava e scoteva, al ridestarsi dell'antichità, la scultura e la pittura del primo Rinascimento. La nuova oggettività di Rembrandt oltrepassa la vuota formula del pathos classica che, proveniente dall'Italia del Quattrocento, dominava i superlativi del linguaggio gestuale europeo”: queste le parole di Warburg, citato da Gombrich, per questo Ratto di Proserpina di Rembrandt (1983).

Nonostante venga menzionato nel 1632 nella collezione del principe di Orange Federico Enrico, inizialmente il dipinto viene attribuito a Jan Lievens: solo dopo il 1707 gli inventari indicano come autore Rembrandt. Probabilmente, questo è dovuto a una confusione che il segretario del Principe e curatore delle sue collezioni, Constantijn Huygens, deve aver fatto tra i due pittori, da lui comunque molto amati. Dal 1707 in poi l'attribuzione a Rembrandt non viene più messa in discussione, a parte nel 1830 da Waagen, che gli sostituisce il nome di van Vliet - una falsa attribuzione che trova le sue basi negli equivoci che dalla fine del XVIII secolo imperversavano nei confronti dei primi lavori di Rembrandt. Il dipinto, invece, deve risalire alla fine del suo periodo a Leiden (poiché presenta notevoli somiglianze con La resurrezione di Lazzaro, Simeone nel Tempio e Il battesimo dell'eunuco)o subito dopo il suo trasferimento ad Amsterdam (considerando la vicinanza tematica del Ratto di Europa, dipinto nel 1632). Ecco perché l'opera viene generalmente datata intorno al 1631 (Rembrandt Research Project, 1982). Solo Campbell (1971) va indietro con la datazione: 1628/1629.

La presenza del Ratto di Proserpina a L'Aia già così presto – per di più con un soggetto mitologico, inusuale per Rembrandt – deve assolutamente farci propendere per una commissione: è ragionevole pensare, inoltre, che il dipinto sia stato comprato per il Principe direttamente dall'artista da Huygens, o addirittura commissionato tramite lui, che avrebbe inoltre dato delle indicazioni iconografiche (Saxl, 1957).

L'azione si svolge in un bosco: un carro, trainato da cavalli e adornato con una maschera di leone, sfreccia sull'acqua di quello che può essere un fiume. L'acqua schizza, mentre l'unico dei cavalli visibile si tuffa. Sulla destra del quadro c'è un'ampia zona buia, verso cui si precipita il carro. È Plutone, riccamente vestito, a guidare il carro: nella mano sinistra ha un anello con una catena a cui è legato il cavallo, e nel contempo tiene salda la sua presa su Proserpina rapita, che si agita violentemente tra le sue braccia, lottando contro di lui con tutte e due le sue mani. Il suo cestino di fiori viene rovesciato, ma tra i capelli ha ancora dei fiori. La sua veste è tirata da due giovani donne e da un servitore di colore, che cercano di trattenerla. Se la prima donna può essere descritta come una compagna di Proserpina, l'altra, che presenta una mezzaluna sulla testa e una faretra sulla schiena, è inequivocabilmente Diana: la luna e la faretra sono infatti classici attributi della dea. Dietro i tre, nell'ombra, è presente una figura con un elmo in testa: questa deve essere Minerva (Rembrandt Research Project, 1982).

L'esame ai raggi X rivela una serie di pentimenti e forme vaghe verso sinistra e al centro dell'attuale carro. Inoltre, è chiaro che la luminosità in primo piano, e soprattutto nella zona che vede la presenza di Minerva, è stata drasticamente alterata: la riva del fiume doveva essere piuttosto chiara, con una linea marcata quasi orizzontale, che adesso non è più visibile. Ma la parte chiaramente alla luce – le figure e le loro vesti, il carro e la vegetazione in primo piano – presenta una ricchezza di dettagli assolutamente  straordinaria (Rembrandt Research Project, 1982).

Varie sono state le ipotesi di influenza di Rembrandt per questo dipinto: Restorff (1908) sottolinea la somiglianza (in senso inverso) di Proserpina rapita, con la sua veste tirata obliquamente all'indietro, con la figura che dovrebbe rappresentare la Fortuna nel Contento di Elsheimer. L'interpretazione viene sposata anche da Keith Andrews (1971). Anche il paesaggio generale boschivo è connesso con un tipo introdotto dal medesimo artista (Held, 1973).

Secondo Saxl (1957) e Clark (1966), ma, andando indietro nel tempo, anche secondo Von Wurzbach, van Rijckevorsel e Kieser (Rembrandt Research Project, 1982), Rembrandt avrebbe conosciuto l'incisione di Pieter Soutman (cfr. scheda opera 56) dal dipinto di Rubens bruciato in Blenheim Palace nel 1861 o – più probabilmente – dallo schizzo ad olio, ora al Petit Palais di Parigi (cfr. scheda opera 55). Questa connessione, infatti, non è certo improbabile, considerando il modo in cui sia Rubens che Rembrandt dipingono i cavalli di Plutone e, specialmente, il motivo assolutamente non classico della giovane donna che si aggrappa alla veste di Proserpina. È come se attraverso Rubens, che si rifà ai rilievi dei sarcofagi classici, anche Rembrandt li usi indirettamente come modello; Campbell (1971), però, afferma che probabilmente già li stesse studiando indipendentemente.

L'enfasi della composizione di Rembrandt sul movimento diagonale del carro e dei cavalli, invece, ha portato Frankl (1938) a collegare questo dipinto a quello del Fitzwilliam Museum Cambridge, per la cui attribuzione la critica si è divisa tra Lambert Sustris e Christoph Schwarz (cfr. scheda opera 45).

L'opera di Rembrandt si rifà poco a Ovidio, quanto a un'altra versione della storia, a cui attingeranno anche altri artisti: si tratta del De raptu Proserpinae di Claudiano (Prosfc24). Infatti, in questo poemetto del IV secolo d.C., proprio come nel dipinto qui in esame, al rapimento sono presenti sia Diana che Minerva. La presenza delle due dee trova una prima testimonianza già nell’Inno a Demetra (Prosfc02) ma è solo nell’opera di Claudiano che vengono esplicitamente descritte nel loro tentativo di opporsi con tutte le loro forze al rapimento. L'autore impiega inoltre molte parole per descrivere in maniera mirabile non solo le loro ricche vesti, ma anche gli alberi frondosi, le piante, i fiori e le acque del lago di Pergusa, limpide come uno specchio: tutti elementi che si ritrovano fedelmente raffigurati nell'opera di Rembrandt.

 

Roberta Diglio