43: Ratto di Proserpina

Titolo dell’opera: Ratto di Proserpina

Autore: Vincenzo de' Rossi (1525-1587)

Datazione: 1565 ca.

Collocazione: Londra, Victoria and Albert Museum

Committenza:

Tipologia: scultura

Tecnica: bronzo (230 x 142 cm)

Soggetto principale: Plutone rapisce Proserpina

Soggetto secondario:

Personaggi: Plutone, Proserpina

Attributi:

Contesto:

Precedenti:

Derivazioni: Pietro da Barga, Plutone e Proserpina, scultura, 1587 ca., Firenze, Museo Nazionale del Bargello (cfr. scheda opera 47).

Immagini: http://www.wyrdlight.com/gallery.htm

Bibliografia: Boström A., A bronze group of the rape of Proserpina at Cliveden House in Buckinghamshire, in “The Burlington Magazine”, CXXXII, 1053, 1990, pp. 828-840; Boström, A. The Florentine Sculptor Raffaello Peri, in “The Burlington Magazine Shorter Notice”, CXL, 1141, 1998, pp. 263-4; Castro B., Vincenzo de' Rossi: uno scultore tra Roma e Firenze, in Scultori del Cinquecento, a cura di Valeri S., Lithos Editrice, Roma 1998, pp. 110-128.

Annotazioni redazionali: Questo bronzo mostra un Plutone barbuto che tiene per la vita una Proserpina che si dimena, mentre tenta di liberarsi dalla sua stretta. Il braccio destro di lei è scagliato con terrore in avanti, mentre è girata all'indietro verso il suo rapitore, con un’espressione di angoscia e di supplica. Le figure sono nude, ma un drappo si interpone tra i due. La giovane ha una pettinatura elaborata e indossa un diadema con una luna crescente, che ricorda le interpretazioni che assimilano Proserpina alla Luna. Il passo determinato di Plutone, la sua fronte corrugata e la sua forza muscolare contrastano con la posa vulnerabile e la pelle, più delicatamente lavorata nel bronzo, di Proserpina.

Non c'è alcuna testimonianza di questo gruppo fino a quando non viene comprato nel 1896 dal primo visconte Astor e portato a Cliveden House. Il secondo visconte Astor ha donato la casa e la scultura al National Trust nel 1942. Essendo stato all'aria aperta per più di quattrocento anni, purtroppo adesso non versa in ottime condizioni: il National Trust ha quindi deciso nel 1989 di spostare il gruppo al chiuso nel Victoria and Albert Museum, ponendo nel luogo originario una replica.

Esiste un disegno (datato al 1653 circa), ora al Victoria and Albert Museum, di un giardino che mostra al centro del cortile una fontana con il gruppo raffigurante Plutone e Proserpina – ma senza Cerbero, cosa che indica come il cane non abbia mai fatto parte della scultura finita, mentre invece la critica ha spesso visto il vuoto sotto i piedi di Proserpina come il posto lasciato scoperto da un Cerbero perduto. L’assenza del cane infernale di Plutone ha spiegato perché nel XVII e nel XVIII secolo il gruppo sia stato visto come un ratto di Diana (per via del diadema sulla testa di Proserpina: la luna è classico attributo della dea Diana) o di una Sabina (Boström, 1990).

Sfortunatamente non esiste alcuna prova documentaria su chi abbia commissionato il gruppo scultoreo e sul luogo inizialmente previsto per esso. Come si vede dal disegno, però, probabilmente il gruppo era proprio inteso per essere parte di una fontana. A Cliveden House, però, sorgeva su un basamento di pietra nel giardino, con un’iscrizione di uno scrittore risorgimentale, Filicaia.

Anche la storia dell’attribuzione vede dei contrasti. Infatti, il gruppo è stato attribuito a Raffaello Peri, che effettivamente lavorò con Vincenzo de’ Rossi per anni, ma anche al Giambologna, per via di una tradizione della famiglia Astor. Eppure, stilisticamente non può essere accettabile, né ci sono evidenze documentarie che lo testimonino. Lo stile statico del pezzo, insieme alla visuale unica (quella centrale) e alla natura corpulenta delle figure, suggeriscono una vicinanza con gli scultori fiorentini tra il 1560 e il 1570 (Boström, 1990). Antonia Boström (1998) ha poi paragonato quest’opera anche ad altri lavori di de’ Rossi, in particolar modo a quello raffigurante Paride ed Elena (nella Grotta Grande del Giardino di Boboli): i capelli, la pelle e il drappeggio, così come le espressioni e le pose dei corpi, sono tutti trattati nella stessa maniera.

Si vedrà successivamente come quest’opera sarà ripresa in maniera più che chiara da Pietro da Barga, circa vent’anni dopo (cfr. scheda opera 47).

 

Roberta Diglio