13: Ratto di Proserpina

Titolo dell'opera: Ratto di Vibia

Autore:

Datazione: 350 ca. d.C.

Collocazione: Roma, Catacomba di Pretestato, Ipogeo di Vibia

Committenza:

Tipologia: pittura parietale

Tecnica: affresco

Soggetto principale: Plutone rapisce Vibia sul suo carro

Soggetto secondario:

Personaggi: Plutone, Vibia, Mercurio

Attributi: carro, cavalli (Plutone); caduceo, elmo, calzari, scudo (Mercurio)

Contesto:

Precedenti:

Derivazioni:

Immagini:

Bibliografia: Cumont F., Recherches sur le symbolisme funeraire des Romains, Librairie orientaliste P. Geuthne, Parigi 1942, pp. 95, 102; Ferrua A., La catacomba di Vibia, in “Rivista di Archeologia Cristiana”, 47, 1971, pp. 7-62 e 49, 1973, pp. 131-161; Holscher T.-Kabus-Preisshofen R., Storia e civiltà dei Greci. La crisi della polis. Arte, religione, musica, 6, Bompiani, Milano 1979, pp. 707-719; Lindner R., Der Raub der Persephone in der antiken Kunst, Konrad Triltsch, Wurzburg 1984, pp. 59-60, n. 53; Ambrogi A., Sarcofago con il ratto di Proserpina nella catacomba di San Panfilo. Sulla diffusione dei temi pagani in contesti cristiani, in Braidotti C.-Dettori E. (a cura di), où pan efèmeron. Scritti in memoria di Roberto Pretagostini, Quasar, Roma 2009, pp. 505-542; Cohen A., Art in the era of Alexander the Great. Paradigmes of Manhood and their cultural tradition, Cambridge University Press, New York 2010, pp. 203-204.
Annotazioni redazionali: L’ipogeo di Vibia fa parte di un complesso catacombale disposto su tre livelli, di cui occupa il primo e più antico, posto in profondità. La catacomba, databile al IV secolo, è composta da otto ipogei privati: il Cristianesimo non era l’unica religione dell’Impero, ma coesisteva con altri culti, ed è qui dimostrato. Vibia, ricordata dall’iscrizione “Abreptio Vibies et discensio”, era infatti una pagana, moglie di un sacerdote del dio Sabazio.

L’arcosolio più celebre, che darà poi il nome a tutto il complesso, è dedicato a lei: nella lunetta viene descritto il viaggio conclusivo della defunta verso l’Aldilà; nel sottarco, invece, tre scene descrivono la sua morte. Il primo affresco a sinistra è quello qui in esame: la defunta viene assimilata a Proserpina rapita da Plutone sul suo carro (o è forse Proserpina ad essere assimilata a lei?).

Il simbolismo funerario del ratto è diventato qui ormai esplicito: il rapimento diventa allegoria del trapasso della defunta verso l’Oltretomba e la stessa figura della defunta viene fusa con quella della figlia di Cerere. Come si può vedere anche in diversi sarcofagi, tale assimilazione rappresenta inoltre la speranza di una vita della scomparsa dopo la morte e, di conseguenza, una consolazione per chi resta in vita. 

Nell’affresco in esame, il carro di Plutone sta per inabissarsi in un’apertura circolare, indicatagli da Mercurio che lo precede. Il dio degli Inferi abbraccia il corpo orizzontale di Vibia con tutte e due le braccia, mentre le braccia di lei penzolano come se fosse senza vita. L’iconografia, come si può notare a prima vista, ricorda particolarmente le varie rappresentazioni parietali del rapimento di Proserpina, a partire dalla tomba di Vergina (cfr. scheda opera 04). 

Le altre due scene che seguono rappresentano Vibia accompagnata da Alcesti al cospetto di Plutone e Proserpina, e Vincenzo, il sacerdote suo marito, seduto a mensa con altri sacerdoti.

 

Roberta Diglio